De Cataldo, Maimone, Malvadi, Stout e Xiaolong

recensioni (non solo giallo-noir) di Valerio Calzolaio (*)

Shanghai. Maggio. Presso l’Associazione scrittori il poetico ispettore Chen Cao è a una conferenza sull’enigma cinese, il socialismo “con caratteristiche cinesi”, società armoniosa piena di stonature. Conosce la bella intelligente giornalista Lianping, ma lo chiamano per l’apparente suicidio del direttore del Comitato per lo sviluppo edilizio, travolto da una sua foto con sigarette di lusso. Il collega Wei sta indagando, si convince che è un delitto e viene investito da un’auto. Nell’ottavo romanzo della deliziosa serie, l’impeccabile 61enne (trasferitosi a insegnare negli Usa dopo il 1989) Qiu Xiaolong («Cyber China», Marsilio 2014, pagg. 316 euro 18; originale 2013, traduzione di Fabio Zucchella) in terza quasi fissa al passato racconta l’ossessione di controllare internet, blog e netizen. Chen scopre il regolamento approvato che obbligava a mostrare la carta d’identità negli accessi pubblici. Dopo, ve ne sono stati almeno altri dieci per imporre di filtrare ogni informazione tramite i media di partito. Non a caso qui anche Chen è primo vicesegretario. E capisce che può diventare la sua ultima indagine; si industria. Mahler, tè e molto buon vino.

 

Pineta. Agosto 2014. Da tre mesi il matematico professionale barista Massimo Viviani e il vecchietto Aldo (entrambi tifosi del Torino) gestiscono insieme il buon ristorante Bocacito. Gli altri vecchietti del BarLume (nonno Ampelio, Del Tacca e Rimediotti) si insospettiscono per la scomparsa della moglie divorziata di Benedetti (colosso 1,95 per 120), i due avevano comunque un agriturismo accanto al fosso inquinato. Lei riappare ma muore chi ne aveva parlato in televisione: il 49enne Marcello Barbadori, noto come “Atlante il Luminoso”, ex ciclista dopato, uno dei sensitivi più noti della Toscana. Mentre accoglie l’ex della procace banconista Tiziana e flirta con la fisica commissaria Alice Martelli, Massimo tesse i fili della trama gialla. Raffica di arzille battute e utili intermezzi di evoluzionismo neo-darwiniano anche nell’ultimo romanzo del chimico pisano 40enne Marco Malvaldi («Il telefono senza fili», Sellerio 2014, pagg. 196 euro 13), in terza fissa (ed esclamazioni in prima alla Sarti Antonio). Lo scoppiettio diverte, pur se ripetitivo. L’idea del titolo è uno dei crucci della seria passione politica. Corelli e l’Imbuto di Lucca.

 

Vincenzo Maimone

«La variabile Costante»

Frilli editori

224 pagine, 9,90 euro

Acireale e Milano. Settembre 2013. Tancredi Serravalle, docente di storia e filosofia alle superiori, va all’aeroporto a prendere l’amico commissario Giacomo Costante, di ritorno da Malpensa dopo aver visitato la compagna bancaria Carla (in trasferta per un corso di aggiornamento). Qualcuno ha appena ucciso la 25enne Francesca a calci e pugni, emergono traffici illeciti. Il poliziotto si fa aiutare dall’amico, in permanente colloquio con il proprio demone socratico. C’è di mezzo un aguzzino ucraino, niente di facile. Godibile terzo romanzo della serie in terza varia per il filosofo politico 44enne Vincenzo Maimone. Jannacci e buona cucina.

 

Torino e Regno. Autunno 1846- estate 1848. L’alto bruno Emiliano Mercalli di Saint-Just è un brillante 27enne in carriera, aristocratico di discendenza napoleonica, capitano dei carabinieri reali. Fuma insani sigari e monta il sauro Morgante. Ama l’attrice 25enne bella e colta, libera e capricciosa, Naide Malarò, capelli bruni e naso impertinente, fieri scuri occhi con pagliuzze dorate. Nel bel mezzo della storia, Emiliano s’imbatte in un omicidio, si becca una stilettata in volto e incontra così per la prima volta il Diaul, feroce assassino seriale e complottardo. L’intrigo è complesso: Cavour non è il solo a tramare, all’inizio finisce in carcere un innocente pittore ebreo, Emiliano perde l’innamorata e anche l’amicizia del sapiente medico Gualtiero Lancefroid. Nel manicomio criminale capisce qualcosa. La svolta avverrà in mongolfiera, con le prime pistole. Il sommo Giancarlo De Cataldo («Nell’ombra e nella luce», Einaudi 2014, pagg. 220 euro 14) usa le magistrali frequentazioni sabaude per un giocoso divertito romanzo storico, un poco parodia all’inizio, poi più strutturato. Strumenti d’epoca (come il valzer) e vini eterni (nebbiolo e barolo).

 

Rex Stout

«Palla avvelenata»

traduzione di Ida Ombroni

Neri Pozza

188 pagg, 9 euro

New York. Nero Wolfe (origini in Montenegro il 17 aprile 1893), il famoso eccentrico personaggio di Rex Stout (1886-1975) nasce letterariamente il 24 ottobre 1934. Viene raccontato dal suo assistente personale Archie Goodwin e appare in 33 romanzi e 39 lunghi racconti, tutti eccelsi, mille volte trasposti o adattati (anche post-mortem). La casa editrice di Neri Pozza sta meritoriamente ripubblicandoli, in occasione dell’80° compleanno (con feste e cene) ed esce ora «Palla avvelenata» (“Prisoner’s Base”) del 1952, con simpatica introduzione di Pietro Colaprico. Il caso è noto: una ricca ragazza prima viene cacciata dal misogino grassone, poi viene uccisa.

(*) Le recensioni di Valerio Calzolaio escono in prima battuta sul settimanale «Il salvagente».

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