Delitti esemplari – Max Aub

di franz (*),

qualche decennio fa ho visto a teatro un monologo (mi sembra), si recitava “Delitti esemplari”, una scoperta.

poi ho comprato il libro, molte volte, visto che prestarlo era inteso come un regalo, ma va bene lo stesso.

per chi non conosce questo piccolo capolavoro, ecco qualche delitto esemplare.

si precisa che non è un invito all’omicidio, è solo un invito alla lettura.

 

02) Lo uccisi, perché era idiota, perfido, scemo, tardo, stupido, mentecatto, ipocrita, ignorante, burino, buffone, gesuita, a scelta. Una cosa si accetta, due no.

03) Era scemo. Gli spiegai e rispiegai tre volte la strada da fare, in modo chiarissimo. Era molto semplice, non aveva che da attraversare il Viale della Riforma all’altezza della quinta traversa. E tutte e tre le volte si confuse nel ripetere la spiegazione. Gli feci una piantina chiarissima. Restò là a guardarmi con aria interrogativa: E poi… Oddio, non ho capito. E si strinse nelle spalle. C’era da ammazzarlo. E io lo feci. Se mi dispiace o no, è un’altra faccenda.

06) Si puliva i denti come se non sapesse far altro. Lasciava il suo stecchino al lato del piatto per riprendere a stuzzicarseli appena finito di masticare. Ore ed ore, dall’alto in basso, da destra a sinistra, da sinistra a destra, da avanti a dietro, da dietro ad avanti. Sollevando il labbro superiore, come un coniglio, mostrando – uno dopo l’altro -gli incisivi giallastri; abbassando il labbro inferiore fino alla gengiva corrosa; finché gli sanguinò, solo un poco. Gli trasformai lo stuzzicadenti in baionetta, conficcandoglielo fino alle nocche.

09) Faccio il barbiere. Può capitare a chiunque. Oso persino dire che sono un buon barbiere. Ognuno ha le sue manie: a me danno fastidio i brufoli Capitò così: mi accinsi a radere tranquillamente, insaponai con destrezza, affilai il rasoio sulla cinghia, lo addolcii sul palmo della mano. Io sono un buon barbiere! Non ho mai scorticato nessuno! Inoltre quell’uomo non aveva neppure una barba molto fitta. Però aveva i brufoli. Riconosco che quel foruncoletto non aveva niente di particolare. Ma a me danno fastidio; mi danno ai nervi, mi rimescolano il sangue. Urtai nel primo senza alcun inconveniente: il secondo sanguinò alla base. Non so che mi accadde a quel punto, ma credo che fu una cosa naturale:allargai la ferita e poi, senza poterci far nulla, con una rasoiata gli tagliai di netto la testa.

10) Stavamo pigiati come sardine e quell’uomo era un porco. Puzzava. Tutto gli puzzava, ma soprattutto i piedi. Le assicuro che era impossibile sopportarlo. E poi aveva il colletto della camicia nero, e la nuca untuosa. E mi guardava. Una schifezza. Cambiai posto. Ebbene, lei non ci crederà, ma quell’individuo mi seguì. Aveva un odore diabolico. mi parve di vedergli uscire come degli insetti dalla bocca. Forse lo spinsi troppo forte. Non daranno mica la colpa a me, se le ruote dell’autobus gli passarono sopra.

16) Sono maestro. Da dieci anni insegno nella scuola elementare di Tenancingo. Sui banchi della mia classe sono passati tanti bambini. Credo di essere un buon maestro. Lo credetti finché non spuntò fuori quel Panchito Contreras. Non mi prestava alcuna attenzione e non imparava assolutamente niente: perché non voleva. Nessuna punizione, né morale né corporale, gli faceva effetto. Lo supplicai, lo picchiai: non ci fu verso. Gli altri bambini cominciavano a prendermi in giro. Persi ogni autorità, il sonno, l’ appetito, finché un giorno non ne potei più, e, perché servisse d’esempio, lo impiccai all’albero del cortile.

17) Scivolai e caddi. Colpa di una buccia d’arancia. C’era gente, e tutti si misero a ridere. Soprattutto quella del chiosco dei fiori, che mi piaceva tanto. La pietra la colpì proprio in fronte, tra i due sopraccigli: ho sempre avuto un’ottima mira. Cadde a gambe larghe, tra i suoi fiori in mostra.

18) Era più intelligente di me, più ricco di me, più generoso di me, era più alto di me, più bello, più disinvolto, vestiva meglio, parlava meglio; se voi credete che queste sono scuse, siete proprio stupidi. Ho sempre pensato alla maniera di sbarazzarmi di lui. Feci male ad avvelenarlo: soffri troppo. Questo sì che mi dispiace. Avrei voluto che morisse di colpo.

23) Quell’attore era così cane, ma così cane che tutti pensavano – ne sono sicuro – c’è da ammazzarlo! -. Ma nel preciso istante in cui lo pensavo io, cadde qualcosa giù dal sipario e lo fece secco. Da allora vivo nel rimorso di essere stato io responsabile della sua morte.

25) Da quando era nato, quel moccioso non faceva che piangere, la mattina, la sera, la notte. Quando lo staccavano, quando gli davano il biberon e quando no, quando lo passeggiavano e quando no, quando lo cullavano, quando gli facevano il bagno, quando lo cambiavano, quando lo portavano a spasso, e quando lo riportavano a casa. E io dovevo finire quell’articolo. Avevo promesso di consegnarlo alle dodici. E io sono di parola. E questo marmocchio che piange, piange e piange. E sua madre… Beh, di sua madre meglio non parlarne. Lo gettai dalla finestra. Vi assicuro che non c’era altra scelta.

31) La squartai dal basso in alto, come una pecora, perché guardava indifferente il soffitto mentre faceva all’amore.

33) Uccise la sua sorellina la notte della befana per tenere tutti i giocattoli per sé

34) Lei non ha mai fatto la festa a nessuno per noia, per non sapere che cosa fare? E’ divertente.

35) Uccidere, è come bere un bicchiere d’acqua!

da qui

 

(*) così si presenta franz (rigorosamente minuscolo): «Ah, i libri! Sono bottiglie lanciate in mare, come nei film di pirati, i migliori sono mappe del tesoro, solo bisogna saper leggere quello che qualcuno, che non ci conosceva, ci ha donato. Credo davvero che quanto più s’allarga la nostra conoscenza dei buoni libri tanto più si restringe la cerchia degli esseri umani la cui compagnia ci è gradita. Noi siamo come nani sulle spalle di giganti e la lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli andati. Una cosa è necessaria: non leggete come fanno i bambini per divertirvi o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere. Risponde qualcuno alla domanda sugli scrittori del momento: “Non so niente della letteratura di oggi, da tempo gli scrittori miei contemporanei sono i greci”. I libri non si scrivono sotto i riflettori e in allegre brigate, ciascun libro è un’immagine di solitudine, un oggetto concreto che si può prendere, riporre, aprire e chiudere e le sue parole rappresentano molti mesi, se non anni, della solitudine di un uomo, sicché a ogni parola che leggiamo in un libro potremmo dire che siamo di fronte a una particella di quella solitudine. Un libro è uno specchio. Se ci si guarda una scimmia, quella che compare non è evidentemente l’immagine di un apostolo».

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

2 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *