Dell’invisibilità… nel 2104 e a Verona, anni fa

Per cominciare… una rielaborazione da Il marchio dell’invisibiledi Robert Silverberg.

E poi mi giudicarono colpevole. E poi mi dichiararono invisibile per il periodo di un anno, a cominciare dall’11 maggio dell’anno di grazia 2104 e mi portarono in una stanza buia nei sotterranei del tribunale per fissarmi il marchio sulla fronte prima di rimettermi in libertà.

Il lavoro venne eseguito da due megere pagate dall’amministrazione pubblica. Una mi buttò sulla sedia e l’altra mi applicò il MARCHIO contro la fronte.

E adesso?

Gli voltarono le spalle e uscirono senza dire una parola.

Robert era libero di andarsene o di restare lì a marcire. Nessuno gli avrebbe rivolto la parola o lo avrebbe guardato più a lungo del tempo necessario per vedere il segno che portava sulla fronte.

Era diventato invisibile.

La sua invisibilità era del tutto soggettiva. Conservava ancora la sua consistenza corporea. La gente poteva vederlo, ma non lo avrebbe visto.

Aveva commesso un “reato di freddezza”; si era rifiutato di occuparsi del prossimo.

La pena prevista per un simile reato era un anno d’invisibilità.

Per la strada, uomini e donne se ne andavano per le loro faccende; Robert camminava in mezzo a loro, ma nessuno se ne accorgeva.

La pena per chi rivolga la parola ad un Invisibile è l’invisibilità per un mese o un anno o di più, a seconda della gravità della situazione.

Robert salì in un ascensore e si lasciò risucchiare su, verso il giardino sospeso più vicino. Era l’undicesimo, il giardino dei cactus; si avvicinò al banco d’ingresso per chiedere il gettone d’entrata.

Nessuna risposta.

“Un ingresso”.

“Un ingresso! Un INGRESSO!!!”.

“Ciao Ginny, un ingresso”.

“Ciao Ully, ecco”.

“Datemi un gettone!!!”.

Robert cominciò a capire come funzionava la sua condanna; la gente lo trattava come se non lo vedesse, letteralmente.

La sua invisibilità però offriva dei vantaggi … girò attorno al banco e si prese da solo un gettone, senza pagarlo. Dal momento che era invisibile non potevano fermarlo.

Infilò il gettone nella fessura ed entrò nel giardino. Ma i cactus gli vennero presto a noia. Tornò a casa. Si buttò sul letto.

“Scommetto che sarà riposante. Un anno di assoluto riposo!”.

Gli uomini invisibili non lavorano. Del resto come potrebbero? Naturalmente anche niente guadagno, ma fanno quello che vogliono, gratuitamente, lo aveva dimostrato ai giardini sospesi.

La società lo aveva condannato, ma lui si sarebbe preso la sua rivincita.

Camminò per le strade. Passava tra la gente come un microrganismo tra le cellule. A mezzogiorno vide il suo primo compagno d’invisibilità; i loro occhi si incontrarono per un attimo .. Anche per un uomo invisibile è vietato vedere un altro della sua specie.

L’incontro lo divertì, nessuna manifestazione d’indifferenza poteva ferirlo. Non ancora almeno …

Mangiò solo, in un ristorante automatico. Cominciò a rendersi conto che le novità del suo stato si sarebbero esaurite in fretta.

Si soffermava nelle strade deserte durante i periodi di pioggia, a ingiuriare le facciate lucide degli alti edifici.

“Chi ha bisogno di voi? Io nooo!”

Era una specie di follia maturata nella solitudine.

Poi la sua durezza si sciolse, la sua arroganza si dissipò. Era e si sentiva solo. Adesso odiava il suo stato. Allora arrivò a commettere un atto di follia.

Durante una delle sue lunghissime passeggiate, Robert incontrò un altro Invisibile.

I loro sguardi s’incrociarono un attimo. Poi l’altro abbassò gli occhi, si tirò da parte e passò via.

Robert camminò dietro di lui per tre isolati. I robot della sicurezza erano onnipresenti con le loro antenne rapidissime nel captare ogni infrazione.

L’altro svoltò in una strada grigia. Robert si avvicinò: “Per favore, qui non ci vede nessuno.

Possiamo parlare. Mi chiamo …”

Quello si volse con l’orrore negli occhi. Lo guardò un attimo, sconcertato, poi scattò in avanti con l’intenzione di aggirarlo. Robert lo aggirò.

“Aspetta, non aver paura, ti prego!”

L’altro lo superò di scatto. Robert gli mise una mano sulla spalla e quello si liberò con uno scarto.

“Soltanto una parola!”,

Si scostò da Robert e corse per la strada deserta. Robert lo guardò svanire e sentì tutta la sua solitudine. Poi ebbe paura. L’aveva “visto” e ciò lo rendeva soggetto ad una nuova pena. Si guardò attorno angosciato. Nessuno. Era solo.

Riprese il suo cammino come se nulla fosse accaduto.

Passò l’ottavo mese. Poi il nono e il decimo. La sua condanna stava per finire.

Quel giorno stava leggendo nella sua stanza. Suonò il campanello; Robert aveva dimenticato quel suono. Aprì la porta. Davanti a lui c’erano le due megere. Senza parlare ruppero il sigillo che teneva saldato il marchio sulla fronte di Robert.

“Buongiorno, cittadino”.

“Buongiorno”.

“E’ l’11 maggio 2105, la tua condanna è finita. Hai pagato il tuo debito”.

“Sì, grazie”.

“Vieni a bere qualcosa con noi?”.

“Preferirei di no”.

“E’ la tradizione, vieni”.

Il barista sorrise a Robert.

“Chi è il tuo preferito nella gara dei razzi?”.

“Boh, non so, non me ne intendo”, rispose Robert.

“E’ stato lontano qualche tempo” spiegò una delle megere.

Quello sbirciò la fronte di Robert e capì.

“Vorrei offrirti da bere”.

Robert non osò rifiutare. Poteva venire accusato ancora del “reato di freddezza”. Aveva imparato ad essere umile.

Fu al quarto mese dal suo ritorno alla visibilità che l’ultima lezione della condanna appena scontata arrivò a segno. Robert stava camminando verso la sotterranea quando una mano emerse dalla folla e lo afferrò per un braccio.

“Per favore, aspetta un momento, non aver paura”.

Robert vide subito il marchio dell’invisibilità .. era il giovane magro che aveva avvicinato più di sei mesi prima e che adesso gli teneva il braccio. Robert tremò. Quella non era una strada deserta. Era la piazza più frequentata della città. Liberò il braccio dalla stretta e fece per voltarsi.

“Non andartene via. Non hai pietà di me? Anche tu ci sei passato!”.

Robert ricordò quando era stato lui a gridare così, quando lo aveva supplicato di non respingerlo.

Ricordò la sua tremenda solitudine.

“Vigliacco, parlami! Avanti, vigliacco, dimmi qualcosa” supplicò il giovane.

E all’improvviso Robert si sentì gli occhi pieni di lacrime, si volse e tese la mano verso di lui. Un attimo dopo lo stringeva tra le sue braccia, come per prendere su di sé un poco della sua disperazione.

Mi processeranno ancora, non per “reato di freddezza”, questa volta, ma per “reato di calore umano”. Forse troveranno delle attenuanti e mi rilasceranno, non so.

Ma non me ne importa. Se mi condanneranno, giuro che questa volta porterò la mia invisibilità come una corona di re.

Un passo indietro…

Racconta Bianca (di Verona). «Il 6 marzo 2006, nell’ambito della manifestazione “I segni delle donne” promossa dall’Assessorato pari opportunità del Comune di Verona (a quel tempo giunta di centro-centro-centro-sinistra), fu presentata dal Circolo Arci Arcipelago, di cui abbiamo fatto parte fino al 2008, l’iniziativa di letture e musica “Il futuro in volo”, con il contributo di alcune detenute del carcere di Montorio.

Quell’anno fu scelto il tema di un futuro possibile per chi era in restrizione di libertà.

Ipotizzammo per loro una (fanta?)autobiografia degli anni 2006/2020.

Tutte descrissero una vita serena, una famiglia con bambini, un rigetto senza tentennamenti degli errori precedenti. Noi abbiamo la certezza che nel 2020 Prisca, Beauty, Eleonora, Hilda avranno una vita come l’hanno desiderata.

Nel 2006, ambiziosamente, mettemmo in parallelo alle loro alcune letture dalle carceri della mente.

Quelli che seguono sono “I titoli di coda” letti alla fine dell’iniziativa».

I nostri lettori: Nunzia Messina, Paola Tacchella, Lucia Muraro, Laura Ferrin, Giorgio Maria Bellini, Makda Ghebremariam-Tesfaù, Franco Aldegheri

Alle chitarre Franco Aldegheri e Maurizio Trombini.

Le musiche originali sono di Maurizio Trombini.

La regia è di Nunzia Messina della Compagnia teatrale Trixtragos di Verona.

Sono stati letti brani e poesie di alcune detenute del carcere di Montorio.

Brani e poesie di Blek il tossicomane dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa e di Gianna Schiavetti e Luca Cortellazzi della redazione di Radio Rete 180, la voce di chi sente le voci, che trasmette dal Dipartimento di Salute Mentale di Mantova.

Inoltre scritti di Giorgio Maria Bellini, Terry Riley, Gregory Corso, Allen Ginsberg, Fatima Samira Ouasil, Risnis, Mei Wong, Hulda, Olavo Bilac, Robert Silverberg, Emily Dickinson.

«Questo era il 6 marzo 2006 -racconta ancora Bianca – ed ecco qualche stralcio del copione».

Due poesie di Gianna Schiavetti e di Luca Cortellazzi che facevano parte della redazione di “Radio Rete 180, la voce di chi sente le voci,” radio web che trasmetteva dal Dipartimento di salute mentale di Mantova a cura dei pazienti stessi. (Radio Rete 180 ha chiuso due anni fa, ndr)

Il ristoro di Gianna Schiavetti

Innamorata, vado

Emigro da pianeta a pianeta

Così lontano così in alto

Posso andare, Signore?

Il mio vinto pudore

Ha ridestato la coscienza

Dei potenti.

Non fate funerali

Non riuscirete a seppellirmi

Io vivo e libera e fedele

Sarò per sempre.

Ho fede ancora nel futuro.

Queste nostre desolate stanchezze

Finiranno appena giorno

Le nostre case saranno salve e libere

Non lasciarci soli nei manicomi

Noi ti invochiamo

Ma non sappiamo pregare

Perché ognuno narra a se stesso

Il proprio dolore.

Soli, nelle immani celle,

la notte è fitta di silenzio

al perenne camminare

chiamaci

noi siamo i tuoi

ultimi figli.

Donna di Luca Cortellazzi

Donna come fiore d’arancio,

bellezza tra mille volti,

ti cerco nel mio cuore

ma sparisci tra i castelli in aria.

I tuoi occhi mi trasmettono

sentimenti mai provati prima d’ora.

I tuoi capelli, così brillanti,

mi fanno innamorare ancora di più.

Mi fai sentire come un treno

che con te

viaggerà in cerca dell’amore.

E c’era anche questo…

Togliete le serrature dalle porte!

Togliete anche le porte dai cardini!

Da “Jukebox all’idrogeno” di Allen Ginsberg

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

  • Mi è piaciuta tanto l rielaborazione. Diretta e fluida, s’inspessisce fino ad arrivare all’abbraccio, alla rivolta (finalmente) d’amore.

    E poi il resto… Queste sono le manifestazioni,gli eventi ai quali partecipare davvero lascia qualcosa di aggiunto, fosse anche in veste di spettatore.

    Grazie Daniele, post magnifico.
    clelia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *