Di arte e di fantascienza: Max Bertolini

di Mr. Onion

«Riempiamo di bellezza i social» è di poco tempo fa l’invito nella rete. Postare immagini delle copertine di romanzi e riviste di fantascienza aiuta a ricordare e inquadrare storicamente le diverse suggestioni dell’immaginario. Ripensando alle analisi di Peter Weston su come fosse mutata la SF dagli anni settanta, seguiamo le nuove vie dell’immaginazione proprio attraverso le cover.

Fino agli anni cinquanta la conquista dello spazio appariva ancora poco plausibile: gli scienziati dei romanzi costruivano astronavi dalle grandi pinne in laboratori dietro casa e, di solito, avevano una avvenente figlia che viaggiava con loro nello spazio. Arrivando alla fantascienza dei nostri giorni, i pianeti del sistema solare sono ghiacciati, aridi sassi e quelle astronavi artigianali lasciano un sorriso sulla bocca. Riconsiderando le leggi fisiche, assimilate nuove prospettive, navi e ascensori spaziali hanno rivoluzionato i limiti dell’incredibile, costruendo basi in orbita e sostituendo i vecchi scienziati con i magnati delle industrie tecnologiche.

Questa evoluzione ha avuto un caratterizzante richiamo nelle “prime pagine” grazie a quell’arte magnifica che è l’illustrazione fantastica. La copertina restituisce una breve illusione di plausibilità ai contenuti della storia. Basta un fotogramma a rivelare un intero modo di concepire le avventure e gli “eroi” di domani. Le immagini ci fanno fermare qualche secondo nella corsa a ostacoli dei nostri giorni per gustare la forza espressiva di un’illusione, cercando magari di saperne di più.

Ancora prima di sfogliare un romanzo o una rivista di fantascienza, si contempla la copertina, consapevoli che sta per iniziare un viaggio bellissimo. Così molti romanzi sono ricordati per la copertina, artisti come Oscar Chichoni o Karel Thole hanno segnato un’epoca.

Ecco allora l’occasione per chiacchierare di fantascienza e immagini con un grande artista italiano, Max Bertolini. I suoi lavori sono pubblicati in tutto il mondo: Francia, Germania, Stati Uniti, Inghilterra, Spagna, Russia, Cina e Cecoslovacchia, per case editrici come Random House Germany, AST Publisher, Paper Tiger, Games Workshop, MG Publishing e riviste come Fantasy & Science Fiction, Heavy Metal, Chinese Fantasy Magazine.

[Domanda]: Max qual è il progetto che ti ha reso più felice?

[Risposta]: Tanti. Il mio artbook per la Paper Tiger, le copertine per la “Grande Ristampa” di Nathan Never, e naturalmente “Hangar 66” la mia graphic novel di fantascienza ambientata in Italia nel 2066. Creare una comunità sul web che mi ha seguito fedelmente fino ad ora mi ha ripagato del grande sforzo fatto.

[D]: La tua prossima sfida?

[R]: Non ho obbiettivi precisi, amo ciò che faccio giorno per giorno, riesco a divertirmi con tutto quello che è connesso non solo alla fantascienza ma anche a fantasy e horror. Forse se vogliamo parlare di sfida metaforicamente allora direi la voglia di cercare strade nuove, sperimentare. L’arte è soprattutto gioco, se si mantiene intatto lo spirito fanciullesco allora si è sempre sulla giusta strada.

[D]: L’Astrattismo è un ponte spirituale e culturale verso un altro mondo. Ti lascerai sedurre da una tale sperimentazione?

[R]: Le mie radici sono figurative. L’astrattismo puro non mi interessa, a me piace creare visualmente mondi dove immaginare di muovermi, proiezioni sulla carta dei panorami fantastici che popolano la mia mente.

Parlando di arte vengono in mente alcuni autori di SF. Ad esempio in un estratto di Mike Resnick – «Ritratto in nero», Urania 1092 – un alieno, soprannominato Leonardo perchè appassionato della Gioconda, chiarisce cosa lo ha spinto a dipingere il ritratto di una donna enigmatica e misteriosa. Ecco un breve dialogo:

«Forse l’ho fatto perché non mi volevo dimenticare il suo viso.

Ma puoi vedere il suo viso quando ti pare, osservò Heath. Basta istruire il computer più vicino perché rintracci un suo ritratto e puoi farne quante copie ti pare.

Questo mi mostrerebbe ciò che hanno visto gli altri, dissi, io volevo disegnare ciò che ho visto io».

[D]: Max Bertolini, tu ami l’arte figurativa: alcune copertine come il numero di apertura di Fantasy & Science Fiction del 2020 richiamano le atmosfere della nostra cultura rinascimentale. Cosa vedi e cerchi davvero quando lavori? Qual è la tua dichiarazione artistica, dove riconosci la tua forza espressiva?

[R]: Ricerco una sensazione, un’emozione, un sentimento, dallo stupore all’amore, dall’ossessione alla paura: l’importante è trasmettere qualcosa che vada oltre la semplice raffigurazione. L’arte rinascimentale esercita una forte attrazione su di me ma ci aggiungo anche Hopper, Turner, Klimt, i Preraffaelliti… Col tempo ho imparato a capire l’arte, a vedere i significati che si nascondono in essa, nelle intenzioni degli artisti. Quello cerco attualmente anche nel mio lavoro: un significato, un messaggio, la mia voce che si fa sentire attraverso l’immagine.

[D]: I colori preferiti per te sono la poesia e l’azione, ci racconti la tua immagine più poetica e quella più intensa?

[R]: Molte copertine della “Grande Ristampa” hanno una chiara ispirazione poetica: Nathan che guarda la donna stesa sulla neve circondata da un cuore rosso di sangue; un misterioso vascello fantascientifico che emerge da un mare tempestoso; ancora Nathan che urla disperato in ginocchio o che sparge petali di rose sulla tomba di sua moglie.

Riprendendo il frammento di un recente romanzo – «Cosmocopia», Urania 1653 – di Paul di Filippo, il cui protagonista è Frank Lazorg uno straordinario illustratore fantastico, che supera una crisi di identità artistica, scoprendo come nella antica polvere di un pigmento cremisi si nasconda la fonte di una vigorosa energia creativa: «Lazorg rimase seduto senza far nulla per qualche istante… Praticò un taglio sottile alla sommità del pacco. Come se si fosse affondato la lama nelle vene del polso, un’esile linea rosso cremisi gli balenò agli occhi, sullo sfondo argenteo opaco dell’incarto di alluminio, accompagnata da un effluvio del singolare profumo. La polvere finissima, compattata in un panetto per la spedizione, aveva una composizione dall’aspetto quasi epidermico, come la pelle porosa e spolverata di cosmetici di qualche fanciulla esotica. Né cinabro, Né alizarina, né vermiglio, bensì una tonalità di colore finora sconosciuta. In preda a una vertigine, Larzog compì allora un gesto spontaneo e istintivo che quasi esulava dalla sua volontà. Raschiò pochi granelli della polverina color rubino con la punta delle forbici e se li depositò sulla lingua. La polvere ottenuta triturando la miriade di corpi di scarabeo della visione aveva un sapore metallico-minerale e insieme un gusto di agrumi e agave…”


[D]: Max l’ispirazione ti rende libero, conduci la battaglia estetica dell’arte, vissuta nella sperimentazione delle forme e dei colori del digitale… Ma usi anche tecniche pittoriche più classiche?

[R]: Ultimamente lavoro molto in digitale: è veloce, consente mille ripensamenti, è estremamente creativo se lo si sa usare bene. Su carta realizzo ancora degli schizzi e degli studi, ma l’opera finale prende vita sullo schermo.

[D]: Se penso al rosso di Lazorg mi viene in mente la tua cover Nathan Never numero 23. Ti va di raccontarci cosa ti ha ispirato?

[R]: Sono partito direttamente da una scelta artistica precisa: usare solo il rosso, il bianco e il nero. Poi ho aggiunto una composizione libera dai vincoli prospettici, solo grafica, con vari elementi che riassumevano le storie all’interno. Alla fine fui molto soddisfatto del risultato ma ora ci vedo tanti difetti. È la maledizione di chi disegna, si è continuamente insoddisfatti. Fa parte del gioco, chi si siede sui propri allori è perso.

[D]: Come collochi il tuo lavoro a livello internazionale? Hai mai avuto dubbi sulla tua identità artistica e sentito il peso di un riconoscimento culturale?

[R]: Assolutamente nessun peso. Quando disegno penso solo a divertirmi e a superarmi ogni volta. È una gara fra me e me, senza coinvolgimenti esterni. Se poi arrivano riconoscimenti va bene, ma non è il mio obbiettivo. Voglio solo fare sempre meglio, scoprire cosa c’è dietro l’angolo della creazione, mettermi alla prova, capire, studiare. Sono un minatore dell’Arte.

 

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