«Diario di un razzista»

Un adolescente adescato dal non-pensiero dei nuovi fascisti: db riflette su un bel libro di Raffaele Mantegazza

Mi capitò negli anni ’70 di fare con Riccardo Mancini un lungo lavoro (che solo in parte finì su Radiotre) di interviste con giovani neofascisti. Se la cosa può interessare qui sotto aggiungo due notizie ma cito questa vicenda per rimarcare che da sempre (anche negli anni più bui, cioè quando in Italia c’èra una specie di guerra civile) io e Riccardo sostenevamo – litigando spesso con chi diceva che perdevamo tempo – che era necessario capire chi è il nemico; e quanto purtroppo il confine tra “noi” e “loro” a volte sia labile, soprattutto fra i giovani.

Questo è il principale motivo per cui mi sono accostato all’impresa “impossibile” di Raffaele Mantegazza cioè raccontare in un diario immaginario i tormenti del quindicenne O. R. che lo portano (in meno di un anno) a diventare attivo in un gruppo nazifascista: il diario si interrompe con queste tremende parole: «Domani è il gran giorno. Finalmente in azione. Non scriverò più».

L’altro motivo per cui mi sono accostato a «Diario di un razzista» – Kanaga edizioni: 72 pagine per 11,90 euri – è l’amicizia e la stima per l’autore, Raffaele Mantegazza, che ha scritto molto però quasi mai fiction.

Impresa “impossibile” ho scritto. Come si fa a stare nella testa di un quindicenne-sedicenne? Il quale, in questo caso, pensa che «i migranti son tutti uguali e tutti delinquenti» o che «i matrimoni misti indeboliscono il sangue» e non è disposto a tollerare che qualcuna/o (nemmeno la ragazzina che gli piace) possa pensarla diversamente e argomentare le sue ragioni.

Il 17 febbraio O. R. scrive sul suo diario (che ha l’obbligo di condividire con i camerati) le 6 «differenze tra me e un negro». Piccoli deliri, grandi ignoranze.

Pochi giorni dopo – il 5 marzo – OR nel diario parla della «cinghiamattanza»: a torso nudo ci si frusta a vicenda, roba per coraggiosi. Il 20 marzo OR incontra gli ultras del tifo schierati all’estrema destra o lì reclutati.

«Festa degli sfigati» così scrive OR il 25 aprile e non si capisce se la pensa davvero così o se è il suo modo (edipico?) di ribellarsi a un padre antifascista.

«Nel gruppo ci sono delle donne ovviamente ma con loro è diverso. Non saprei come dire, quando stai nel gruppo non fai neanche caso che sono donne. Boh, su questa cosa non ho le idee chiare». Appunto.

E così via fra sciocchezze e pensieri brutti. Ma il 12 novembre chi legge il diario di OR ha un soprassalto: «E’ fissato. Io e Giacomo lo faremo assieme. Lucio ci accompagnerà. E’ un rito […]. Dobbiamo riempire di botte un africano che vende elefntini e cazzate del genere dietro alla Piazza del mercato. […] Lucio ha detto di non avere pietà, di mirare alla testa e alle palle […] solo pugni e calci però perchè è la prima volta; poi la prossima, se va tutto bene, forse ci daranno un coltello».

Qualche giorno dopo, prima dell’azione, nel diario di OR si legge: «La morale è per i deboli. Hitler diceva che la coscienza l’hanno inventata gli ebrei».

E’ realistico quresto diario? Temo di sì. Mi piacerebbe che quindicenni (di ogni idea) lo leggessero, che qualche insegnante – di quelli che vivono di mondo reale e non di scartoffie e Ivalsi – lo proponesse in classe per poi ragionarne.

Così scrive Mantegazza, citando Spinoza, alla fine della sua postfazione: «Humanas actiones non ridere, non lugere, neque detestari sed intelligere [cioè Non irridere, non compiangere, non disprezzare ma comprendere le azioni umane]. Ma mai giustificare».

Grazie a chi interverrà in “bottega”.

IL LIBRO VIENE PUBBLICATO DA UNA PICCOLA CASA EDITRICE: per ordinarlo e/o per sapere di più www.kanagaedizioni.com, https://www.facebook.com/kanagaedizioni/

UNA NOTICINA SU UN LAVORO PER RADIOTRE (e su un libro non fatto)

Per pochi mesi, fra il 77 e l’inizio del ’78, io e Riccardo Mancini lavorammo – da esterni – a un programma di RadioTre che si chiamava «Un certo discorso». In quel contesto proponemmo 4 puntate con interviste a giovani neofascisti. Ci fu detto (con molti dubbi) di sì e credo che alla fine… abbiamo fatto un buon lavoro. Non è il caso qui di raccontare il nostro insolito metodo di lavorare, le grandi difficoltà (eravamo due noti militanti di estrema sinistra e andare nelle sedi neofasciste non era proprio agevole) e i risultati. Però voglio accennare alle nostre riflessioni successive: avendo ore e ore di interviste (pensavamo di farne un libro ma poi fummo presi da altri 1504 progetti, 7-8 dei quali realizzati) soprattutto con una ventina di ragazzi e ragazze provammo a rileggere – e riascoltare – tutto per capire quanti di loro fossero davvero fascisti. Io avevo l’esperienza di un libro («Agenda nera») e dunque di moltissime letture neofasciste, ovviamente condite con il Buscopan. Se la memoria non mi tradisce io e Riccardo ci trovammo quasi d’accordo con questa visione: sui 10 che avevamo scelto solo 1 era certamente un fascista, forse un nazista, per convinzioni, scelte e persino letture; 8 erano ragazzi confusi che venivano da ambienti benestanti e/o ignoranti, solo per caso si trovavano lì (anche se ovviamente a lungo andare non sarebbe più stato un caso); l’ultimo era un “alieno” – e in qualche modo se ne vantava – perchè gay (o meglio parlava di “necessaria polisessualità”), affascinato dalla diversità (alla domanda «il tuo film preferito?» ci rispose «senz’altro Harold e Maude»), a suo dire ebreo, di certo intelligente ma anche… bello e robusto, il che forse spiegava perchè i camerati lo tolleravano e anzi quasi lo esibivano. Interessante no? Chissà oggi a rifare un’indagine simile.

Mi fermo qui, il resto magari ve lo racconto un’altra volta.

TRE PAROLE SULLE MIE RECENSIONI, ammesso che a qualcuna/o interessi.

Per anni ho letto moltissimo e recensito tanto (anche in “bottega”). Adesso, per molti motivi – il principale gli “acciacchi” e le stanchezze dell’età – ho rallentato il ritmo di lettura e ancor più quello delle recensioni. Me ne scuso con chi manda libri e pensa che sia un pigrone o peggio. Siate pazienti, prima o poi arrivo. «Cos’è un lustro?» diceva “quello lì” che forse lo confondeva con il Lambrusco.

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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