Dick, «La svastica sul sole» e …
… il nazismo segreto che è fra noi.
di Mauro Antonio Miglieruolo
Mi vedo costretto a prendere posizione contro (e a pro di) me stesso, dal commento di Antonella Selva (https://www.labottegadelbarbieri.org/wp-admin/post.php?post=134289&action=edit) attraverso le cui parole è apparsa una evidente criticità nel testo, tale da dar luogo a possibili equivoci. Perciò riformulo quanto scritto il più sinteticamente che mi riuscirà, sperando di non pasticciare ulteriormente.
Parto dall’ipotesi attribuita a Dick: che i nazisti, avendo vinto la seconda guerra mondiale siano diventati, come era nel loro intendimento, padroni del mondo.
Su questa tesi, sottostante il romanzo, ho ritenuto di poter sollevare le seguenti obiezioni. Contro il senso comune prima e contro Dick poi.
La prima e più importante è contro la vulgata dominante, che spiega la storia come un conflitto che ha opposto il nazismo alle “democrazie” (e al “comunismo” russo-sovietico). Il nazismo (specifichiamo: il nazismo tedesco) non è stato altro che una variante estrema dell’ideologia borghese; variante evocata per combattere il comunismo e che però, sospinto dal revanchismo germanico e dal tentativo di egemonia di quella borghesia, era sfuggita di mano all’apprendista stregone, scatenando una guerra interimperialista che il “servo” aveva finito con il perdere. Il padrone vincitore vorrebbe salvarsi l’anima polemizzando con i vinti, fingendo siano altra cosa da sé. Accusando i vinti degli stessi “eccessi” che i vincitori hanno ampiamente praticato (distruzione con mezzi tradizionali di Dresda con duecentomila morti; bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki; e in tempi più recenti la distruzione dell’Iraq con oltre un milione di morti e via dicendo). Norimberga dunque non fu altro che la facciata di perbenismo del vincitore per stornare ogni sospetto di complicità o di contiguità con Hitler e i suoi accoliti. Il nazismo, loro figlio degenere, se poteva essere tollerato, nonostante il discredito, come strumento di lotta contro la classe operaia, era inammissibile (e non ammesso) si ergesse contro le frazioni dominanti della borghesia mondiale, cercando di prenderne il posto. Possiamo affermare a cuor leggero che se il nazismo “propriamente detto” ha perduto la guerra, il nazismo segreto, nascosto nelle pieghe della borghesia, invece ha vinto. Non la “democrazia” come pomposamente, a ogni piè sospinto, vantano gli ideologi borghesi. La democrazia tout court non esiste; esistono sistemi democratici legati a specifici domini di classe. La “democrazia” nella antica Repubblica Romana era espressione dei proprietari di schiavi; la “democrazia” nata dalla Rivoluzione Francese espressione del dominio del Capitale sulla forza lavoro. Quindi: “democrazia borghese”. La quale (inevitabilmente, trattandosi di un dominio di classe) spesso dimentica gli orpelli con i quali si traveste e assume volentieri, quando lo trova opportuno, metodi e sembianze dei suoi servi peggiori.
Non posso rimproverare Dick per non aver visto e rappresentato tutto questo: il limite non è suo, è di tutto il mondo borghese; e purtroppo, anche di parte del mondo operaio soggetto all’ideologia stalinista.
Lo ritengo però responsabile, in quanto scrittore, della leggerezza con la quale descrive il mondo parallelo nel quale i nazisti avrebbero avuto la meglio. A mio parere un mondo blando, forse nemmeno all’altezza delle esperienze incubo che noi abbiamo conosciuto nel frattempo: i massacri Usa in Vietnam, il Cile, il piano Condor, l’Egitto attuale, molti regimi arabi, ma anche l’Italia di Genova nel 2001 e purtroppo et cetera. Ignoro se questa leggerenza di Philip Dick derivi da pigrizia mentale, leggerezza artistica o adesione incondizionata ai dogmi del mondo intellettuale nel quale si trova a operare.
Personalmente ritengo che la vittoria militare del nazismo “propriamente detto” avrebbe provocato sconquassi tali da lasciare segni indelebili su tutto un periodo storico. La caduta dell’Impero Romano, nonostante fosse già agonizzante, ha provocato contraccolpi che hanno segnato la storia per sempre. La testimonianza delle distruzioni che ne sono conseguite sono rimaste impresse nel senso comune per secoli. Ma Roma cadde sotto i colpi di popolazioni avide di bottino, non sotto quelli di gente che aspirava alla distruzione della civiltà come si era configurata. Molto più larga e profonda sarebbe stata dunque l’opera di Hitler e dei suoi eredi.
Possiamo immaginare una economia USA senza il lavoro dei neri? Con gli ispanici ridotti in schiavitù e un continuo di insurrezioni e moti di resistenza che avrebbero moltiplicato la crudeltà degli aguzzini, con l’incapacità di costruire una società armonica, pacificata? Una banda di assassini non produce società o continuità della vita. La distrugge. A meno di un cambiamento profondo, una frattura interna allo schieramento nazista che, date le premesse, non era prevedibile potesse verificarsi in tempi brevi.
Concludo – ulteriore chiarimento imprescindibile – con il rammentare che non la “pazzia”, o la connaturata malvagità e altre amenità consimili caratterizzano il nazismo. I delitti dei nazisti non sono nemmeno espressione “necessaria” della natura dell’essere umano. Una “natura” comunque profondamente modificata dall’opera di migliaia e migliaia di militanti della giustizia, della solidarietà; nonché di persone eccellenti come Gesù, Budda, Gandhi e tante altre. I milioni che hanno scelto di essere umani – e non lupi fra i lupi – hanno ricacciato nella profondità buie dell’inconscio, il più profondo, l’efferatezza. La speranza è che non debba di nuovo riemergere. Che poi non è la belva ma la perversione nella belva. Non la “pazzia” dunque, ma espressione coerente del dominio, il più dispotico che abbia prodotto la storia. Necessità storica delle sragioni di tale dominio, suo modo di essere.
Trotsky lo aveva previsto. Aveva previsto che le manifestazioni del nazismo avrebbero superato in ferocia quelle del fascismo, sulla cui impronta i nazisti hanno elaborato la loro ideologia. La violenta reazione del capitalismo italiano, poco sviluppato, nei confronti dell’emergente movimento rivoluzionario interno sarebbe stata nulla rispetto quella del ben più sviluppato imperialismo tedesco (per altro mortificato dalla sconfitta nella Prima Guerra Mondiale). Lo sviluppo industriale tedesco comportava un analogo sviluppo della classe operaia; una sua forza oggettiva che, ove avesse incontrato la giusta soggettività, sarebbe risultata invincibile. Da cui paure profonde, reazioni più esasperate… producendo contraddizioni che, essendo impossibile dominare politicamente, dovevano essere dominate militarmente.
Possiamo immaginare che un movimento politico fondato su ragioni oggettive, le ragioni del dominio, possa poi “attenuarsi” fino al punto di produrre un mondo brutale, ma non inabitabile, come quello descritto da Dick? Non possiamo. Non è legittimo. Orwell in 1984, descrivendo un regime dominato da analoghe tendenze al comando, ha descritto una realtà ben più invivibile di quella di La svatica sul sole.
Ma, se pure non evito di rimproverarglielo, mi vedo costretto a attenuare il mio giudizio, ammettendo che Dick condivide il limite di tanti artisti. Capaci di arrivare a delineare sezioni di verità illuminanti, non di spiegarle politicamente. Gli artisti, in genere, quando si tratta di politica, manifestano ingenuità di cui avrebbe vergogna l’uomo della strada. Dick, per essere parte del popolo, conosceva e temeva “i Prìncipi”. Ma era una conoscenza resa imperfetta dalla “vie di fuga” che, almeno allora, in USA erano possibili.
Chiariamo ulteriormente: Dick fa parte di un popolo che si è sempre illuso (forse oggi un po’ meno) sulla natura effettiva dei Prìncipi ai quali obbedivano.
Diciamo allora che aveva voltato le spalle a quel poco che l’intuizione e l’esperienza gli avevano suggerito. Da buon essere umano, ignorava di sapere anche quel che sapeva.
Occorre molta attenzione e grande coraggio per leggere in sé le verità più estreme che l’ufficialità nasconde.
UNA PICCOLA NOTA DELLA “BOTTEGA”
Ovviamente del romanzo (e poi della omonima serie tv) molto si è scritto in “bottega”. Cfr La svastica su quale sole? con alcune veloci riflessioni di db; La storia non si fa con i se? di Giuliano Spagnul e Dell’uso di libri falsi in un labirinto di specchi in un alto castello di Fabrizio Melodia ma anche L’anno della locusta di Alessandra Daniele e il saggio Dick e «La svastica sul sole» di Ignazio Sanna.