Diritti mapuche: Cile denunciato in sede Onu
A seguito della violazione dei diritti del prigioniero politico Héctor Llaitul, storico portavoce (werken) della Coordinadora Arauco Malleco. La promulgazione della “nuova” Ley Antiterrorista voluta da Boric non fa altro che confermare la persecuzione del suo governo nei confronti dei mapuche.
di David Lifodi
Foto: https://www.nodal.am/
Il Cile è stato denunciato in sede Onu per la violazione dei diritti del prigioniero politico mapuche, Héctor Llaitul, storico portavoce (werken) della combattiva Coordinadora Arauco Malleco (Cam). Nel maggio 2024 Llaitul era stato ritenuto colpevole di 54 episodi violenti (tra cui usurpazione violenta, furto di legna e attentato contro le autorità) avvenuti tra il 2020 e il 2022 nell’Araucania, terra delle rivendicazioni territoriali da parte della popolazione mapuche.
Rimasto l’unico condannato per “apologia della violenza” durante il periodo dei governi succedutisi dalla dittatura di Pinochet, per lo Stato cileno Llaitul è divenuto il capro espiatorio. La denuncia del Cile, presentata lo scorso 21 marzo, ribadisce la militarizzazione, la criminalizzazione e la persecuzione nei confronti dei comuneros mapuche incarcerati a seguito delle loro battaglie per difendere il diritto alla vita, alla cosmovisione e alla difesa dei territori su cui il governo Boric, come del resto tutti quelli che lo hanno preceduto, ha esercitato una vera e propria occupazione politica e militare.
L’avvocato di Héctor Llaitul, Alberto Espinoza, sostiene che il caso del suo assistito è paradigmatico della persecuzione dello Stato del Cile contro i mapuche, da sempre ostili alle imprese forestali al servizio del grande capitale presente nel sud del paese. Attualmente, la Ley de Seguridad del Estado di pinochettista memoria condanna Llaitul a 23 anni di carcere e lo identifica come “nemico interno”. Quindici dei ventitré anni di condanna sono stati comminati ”per aver espresso opinioni sul diritto alla rivendicazione territoriale dei mapuche e a favore dell’autonomia culturale del suo popolo”.
La recente promulgazione, da parte di Boric, della “nuova” Ley Antiterrorista, eredità della dittatura militare e che nessun governo, compresi quelli di centrosinistra, si è mai sognato, nemmeno lontanamente, di cancellare, non rappresenta una bella notizia per il destino di Llaitul. La legge, infatti, viene utilizzata, in modo particolare, per reprimere i mapuche, nonostante Boric abbia promesso, senza mai citarli, che servirà per dimostrare che il paese “non si arrende di fronte alla delinquenza”. Ufficialmente, la nuova versione della Ley Antiterrorista serve per combattere il narcotraffico e la criminalità organizzata, ma, lo Stato cileno, che agisce su impulso delle lobby agricole dominate dal grande latifondo, sembra essere sempre più impegnato esclusivamente in una guerra senza quartiere contro le comunità rurali e indigene.
In questo contesto si inserisce, inoltre, il caso di Julia Chuñil, donna mapuche di 72 anni desaparecida ormai dallo scorso 8 novembre. Defensora dell’acqua, dei boschi e del territorio ancestrale, nella sua scomparsa sembra che sia coinvolto l’imprenditore forestale Juan Carlos Morstadt Anwandter, che non ha mai gradito l’impegno della donna all’interno della Corporación Nacional de Desarrollo Indígena, ma, soprattutto, non ha mai digerito la sua battaglia per il diritto al recupero di un terreno su cui aveva messo gli occhi lo stesso Morstadt Anwandter, il quale, a sua volta, la rivendicava. “Se mi accade qualcosa, sapete chi è il colpevole”, aveva dichiarato Julia Chuñil pochi giorni prima di sparire.
Tra i molteplici conflitti aperti tra lo Stato e i comuneros mapuche, vi è stato, di recente, anche quello che ha coinvolto la comunità Buenuleo, i cui membri sono stati condannati per usurpazione delle terre nonostante il riconoscimento del precedente governo cileno, non certo incline ad assumere una posizione progressista. È per questo che il governo Boric, aldilà di una retorica vuota, non può non essere accusato di aver dichiarato una vera e propria persecuzione politica nei confronti dei mapuche.
La Corte Suprema che ha respinto il ricorso di annullamento presentato contro la sentenza del Tribunale di Garanzia di Temuco, che condanna a 23 anni di carcere Llaitul, conferma la persecuzione politica non solo nei confronti del werken, ma di tutti i mapuche, i cui diritti politici e culturali sono continuamente negati, in particolare quando si aprono conflitti contro le imprese forestali al servizio del grande capitale.
Gli stessi principi su cui si fondano le rivendicazioni della Coordinadora Arauco Malleco, territorio e autonomia, cozzano inevitabilmente con gli interessi dell’oligarchia cilena che, costantemente, si batte per negare il diritto dei mapuche alla ricostruzione del loro tessuto sociale, politico e culturale. Pur di garantirsi la sua permanenza a La Moneda, Boric ha deciso di scommettere sulla criminalizzazione delle organizzazioni mapuche, a partire dalla Coordinadora Arauco Malleco, alla quale si contestano sabotaggi e azioni violente senza mai ricordare come sia lo Stato cileno ad aver istituzionalizzato la violenza strutturale e la persecuzione politica.
I mapuche sono denominati anche “i palestinesi dell’America latina”: senza terra, senza diritti e senza nessuno, aldilà della solidarietà dei movimenti sociali, che nelle stanze dei bottoni si occupa di loro.
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