Diritti negati nelle periferie argentine: il caso di Walter Bulacio

di David Lifodi

La recente sospensione della condanna a soli tre anni inflitta ad un agente della polizia argentina per aver ucciso nel 1991, in circostanze poco chiare, un giovane di diciassette anni che si stava recando ad assistere ad un concerto rock, riapre una ferita ancora aperta per l’Argentina democratica, quella legata alle violenze della polizia nei confronti dei giovani provenienti dai quartieri più poveri delle città del paese.

Secondo la Coordinadora de lucha contra la represión policial e institucional (Correpi), sono ben 3160  i ragazzi assassinati dalla polizia argentina dal 1983, tra questi Walter Bulacio, morto il 26 aprile 1991 a seguito delle torture a cui era stato sottoposto in un commissariato di Buenos Aires. Il caso di Walter si è trascinato fino ad oggi, tra ricorsi e controricorsi, con la polizia argentina che cerca tuttora di uscire pulita da questa brutta storia. Il dramma di Walter Bulacio, e di tanti altri suoi coetanei, è stato ripercorso dall’avvocato della famiglia del giovane, María del Carmen Verdú, che nel suo libro Represión en democracía ha denunciato le responsabilità dello stato argentino e la sua collusione con gli agenti, che hanno sempre goduto di una certa impunità. Walter morì dopo una settimana di detenzione: il 19 aprile era stato fermato di fronte all’Estadio Obras, poco prima di assistere al concerto rock di Patricio Rey y sus Redonditos de Ricota e il suo caso ha segnato uno dei punti salienti nella storia argentina recente, caratterizzata da numerosi episodi di violenza commessi dalla polizia ai danni di giovani e adolescenti. Se è vero che la sospensione della condanna al commissario Miguel Ángel Espósito ha lasciato forti perplessità, va anche sottolineata l’altrettanto recente riapertura del caso grazie alle insistenze della Commissione Interamericana dei Diritti Umani per la privación ilegal de la libertad sofferta da Bulacio, che potrebbe rappresentare una svolta sulla strada della verità e della giustizia. La settimana di detenzione nel commissariato porteño di Nuñez fu raccontata da un giovane detenuto compagno di cella di Walter in un graffito sul muro della cella: il nome di loro due e molti altri seguito dalla scritta Caimos por estar parados. Walter Bulacio fu colpito ripetutamente da calci e pugni alla testa, in particolare dal commissario Miguel Ángel Espósito, che peraltro è stato l’unico colpevole di un omicidio di stato che vede molti responsabili ancora in libertà e al di sopra di ogni sospetto. Dagli inizi degli anni ’90 ad adesso la giustizia argentina è cambiata in meglio, come testimoniano le numerose condanne ai macellai della dittatura militare e anche la recente intitolazione della stazione bonaerense di Avellaneda a Maximiliano Kosteki e Dario Santillán, i due giovani assassinati dalla polizia il 26 giugno 2002 a seguito di una manifestazione piquetera contro il governo di Eduardo Duhalde. Eppure l’Argentina resta un buco nero per i troppi desaparecidos in democrazia, dai casi più recenti di Julio López (il 76enne sparito di nuovo il 18 Settembre 2006 a La Plata, proprio dopo che era riuscito a portare di fronte alla giustizia l’ex commissario Miguel Etchecolatz, suo aguzzino trenta anni esatti prima) e Luciano Arruga (l’adolescente inghiottito in un distaccamento militare della Gran Buenos Aires il 31gennaio 2009 per una storia di piccoli precedenti penali alle spalle) a quello più lontano nel tempo di Walter Bulacio. María del Carmen Verdú sottolinea che l’omicidio di Walter Bulacio non evidenzia solo le connivenze dell’apparato giuridico-poliziesco dello stato, ma anche l’estrema disinvoltura con cui agisce la polizia argentina, a partire dalle detenzioni arbitrarie. Ad oggi non è ancora stata motivata la perquisizione e il fermo che operò la polizia nei confronti di Walter, mentre è risaputo che Luciano Arruga fu sottoposto ad un controllo a seguito di precedenti penali di poco conto  e che fu ucciso perché si rifiutò di rubare per i poliziotti del distaccamento di Lomas del Mirador. In questo contesto va segnalato che la Let de Patronato de Menores proibisce la detenzione dei minorenni  senza l’autorizzazione del giudice competente. Bulacio, come Arruga, proveniva dalla periferia estrema di Buenos Aires, quella degli enormi quartieri del cosiddetto conurbano bonaerense (ad esempio Villa Soldati o Lugano), dove la questione sicurezza viene trattata sotto un punto di vista esclusivamente repressivo. Al contrario, Correpi propone un percorso di socialità all’interno dei barrios più poveri e marginali, dove i giovani siano istruiti e vengano insegnati loro i diritti non solo civili e politici, ma anche quelli della strada, ad esempio metterli in guardia dagli abusi della polizia, a partire da uno dei più odiosi, quello di commettere furti per loro, come successo nel caso di Luciano Arruga. Inoltre, il drammatico epilogo delle vite di Walter,  Luciano e di tanti giovani che hanno avuto delle storie simili, dovrebbe spingere gli adolescenti ad organizzarsi, spiega María del Carmen Verdú, soprattutto nei quartieri all’estrema periferia di Buenos Aires e delle altre grandi città argentine. Infine, sorprende, ma fino ad un certo punto, che tra i movimento sociali il periodo del kirchnerismo sia ritenuto uno dei peggiori dal punto di vista dei diritti umani. Già all’epoca della sparizione di Julio López veniva imputata questa responsabilità all’allora presidente Nestor Kirchner, nonostante nel 2008 avesse dato vita ad un primo tentativo di riforma della polizia bonaerense, nota per il grilletto facile e per traffici poco leciti. Eppure a Nestor e all’attuale presidente Cristina Kirchner si contesta una risposta dello stato fin troppo blanda, come se Julio López  e gli altri desaparecidos in democrazia quasi non esistessero, nonostante la Casa Rosada stia facendo obiettivamente molto per fare luce sui massacri compiuti dalla dittatura e per condannare i responsabili delle sparizioni. I movimenti sociali sostengono invece che, dal punto di vista giuridico, il kirchnerismo ha utilizzato tutti gli strumenti a sua disposizione per reprimere il dissenso e la protesta sociale.

Per tutti coloro che credono nel rispetto dei diritti umani, per le famiglie dei desaparecidos e per non dover tornare a vivere incubi del passato, i casi di Walter Bulacio, Luciano Arruga e Julio López  esigono verità e giustizia: dalla Casa Rosada, in questo senso, si attende un ulteriore sforzo.

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