Travestite da uomini: la donna è un otre che…

… sopporta pesi e fatiche, dal cinema alla realtà o viceversa

di Santa Spanò


Non c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell’anima. 

 

Ingmar Bergman

Qualche anno fa a proposito di cinema e genocidi scrivevo:

«Dal 28 dicembre 1895, al numero 14 di Boulevard des Capucines, il cinema ne ha fatta di strada, smentendo soprattutto la famosa frase dei suoi creatori, i fratelli Lumière: «Il cinema è un’arte senza futuro».

Anzi si può affermare che non solo ha mantenuto, ma ha consolidato quella sua prima vocazione “documentaristica”, diventando uno  tra i più potenti mezzi di comunicazione, con un’enorme capacità d’influenza sulle masse.

Il suo linguaggio, visivo e sonoro, non solo scuote l’immaginario, ma diventa specchio della realtà che finalmente si lascia vedere nella sua ripetizione; disponendo di memorie e “fascinazioni” non può che legarsi fortemente ai fatti della società.

Ed è forse soprattutto la funzione visiva, che oramai ha assunto una completa centralità nell’acquisizione di forme di conoscenza, che fa apparire il cinema come uno degli strumenti di comunicazione per eccellenza dei giorni nostri.

Il suo è un linguaggio universale che diventa eco di memoria e gioco profondamente serio (anche nel gioco il cinema non s’improvvisa). Il suo sviluppo corre su un doppio binario tra un cinema parola e un cinema leggero e visionario fatto d’immaginazione…»

E la realtà, lo ripetiamo spesso, supera di gran lunga l’immaginazione, così il cinema non deve fare molti sforzi a fissare sullo schermo la narrazione di eventi che purtroppo con la fantasia hanno ben poco da spartire.

Oggi non voglio parlarvi di genocidi, ma ancora di donne, anche se di fatto l’argomento ha sempre a che fare con “annientamenti” di massa,  in questo caso di genere, perché ad essere annientate sono le donne.

In un periodo storico in cui si sbandierano concetti di libertà, indipendenza e autodeterminazione nel mondo, le donne, seppure con modalità e pesi diversi, in taluni casi quasi impercettibili, si ritrovano a dover lottare contro aggressioni e torture, fisiche e verbali, sottomissioni, offese e soprusi, discriminazioni e annullamento di tipo sessista, patriarcale e maschilista.

Per chiudere il cerchio, MAGARI, perché si tratta di una spirale, voglio continuare un po’ il discorso iniziato con i due post precedenti Per fare un prato occorrono… e Donna, dove vai se la barba non ce l’hai?, perché come séguito a scrivere e ripetere:

Molti diritti sono di nuovo messi in discussione, molte libertà ancora negate,  “libertà tolte poco alla volta, diritti sgretolati con migliaia di piccole e semi-impercettibili riduzioni”. Non facciamo che le lotte e i sacrifici di molte donne e dei movimenti femminili siano avvenute invano, non diamo tutto per scontato… Essere donne, ancora oggi, altro che pari-opportunità, pare-inopportuno.

La prova? Basta guardare la foto di questi giorni del summit per la parità di genere al G7ci sono solo uomini! Tanto che il giornale francese Le Figaro ha definito il vertice come “il summit internazionale e maschilista di tutti i tempi”.

Converrete con me che travestirsi da uomo conviene, deprimente di sicuro, ma salvifico in molte occasioni e il cinema ne racconta alcune, non mi riferisco a travestirsi da uomo a Carnevale o, visto che siamo vicini al 31 ottobre, ad Halloween, niente giochi di ruolo, voglia di emancipazione, provocazione o Drag King, le donne che si esibiscono nei locali vestite da uomo per decostruire i generi, mescolarli, renderli indefiniti e fare “spettacolo”.

Parlo di film che raccontano di donne la cui unica uscita di sicurezza è travestirsi da uomo, ne ho scelti alcuni, 8 come l’8 marzo, come lotto sempre, così come ho scelto alcune storie reali che superano l’immaginazione 80 volte 8 coricato ∞ …

 

1. Barbra Streisand in Yentl di Barbra Streisand

Yentl è una giovane ragazza ebrea decisa a studiare i testi sacri, dovrà travestirsi da uomo per varcare la soglia di una scuola religiosa ebraica, perché vietato alle donne…

Dal cinema alla realtà o viceversa: Solo nel 1983, il Jewish Theological Seminary, la più importante istituzione culturale dell’Ebraismo conservatore negli Stati Uniti, ha aperto le iscrizioni anche alle donne.

Non parliamo dell’accesso alle donne agli studi superiori e della loro fatica, non ci sarebbe spazio a sufficienza, ricordo una fra tutte: Emmy Noether, la donna più importante nella storia della matematica, lavorò per circa 10 anni all’Istituto di Matematica di Erlangen senza essere pagata.

«Signori del Senato questo non è uno stabilimento balneare!»

Fu questa la risposta del grande matematico David Hilbert al senato Accademico dell’Università Georg-August di Gottinga contrario ad ammettere la matematica Emmy Noether tra i professori della facoltà di matematica.

Nel 1907 era ancora vietato alle donne conseguire l’abilitazione a diventare professore…

…Nel 1907 lo storico Karl Brandi aveva espresso la sua profonda disapprovazione:

«Molti di noi giudicano l’accesso delle donne agli organismi universitari come qualcosa di dannoso per l’influsso umano e morale che può avere sul corpo insegnante maschile e su un uditorio fino ad ora omogeneo».

Al matematico Hermann Weyll fu attribuita la raccapricciante battuta: “Solo due donne matematiche nella storia, Sofja Kovalevskaja ed Emmy Noether: la prima non era una matematica, la seconda non era una donna“.
Se avete voglia di approfondire ne ho scritto in questo post: Emmy Noether, la matematica dannosa alla morale.

 

2. Glenn Close in Albert Nobbs di Rodrigo García

Albert Nobbs fa il cameriere presso l’hotel della Duchessa Baker, ma sotto gli abiti da uomo si nasconde una donna, costretta a travestirsi per poter lavorare…

Dal cinema alla realtà o viceversa:  Sisa Abo Daooh, rimasta vedova da giovane, si è travestita da uomo per poter lavorare e mantenere la famiglia, lavorando nel settore delle costruzioni e dell’agricoltura per oltre 40 anni, quando l’età e le forze non glielo hanno più consentito ha iniziato a lavorare come lustrascarpe.

[…]Una scelta coraggiosa, presa in un contesto tradizionalmente conservatore come quello dell’Alto Egitto dove le donne, tanto più se vedove, faticano a trovare un lavoro…

Sisa Abo Daooh

“Morirò con la mia scatola di lustrascarpe” ha detto al giornalista…

“Al di là di come Sisa Abo Daooh percepisca la sua identità di genere, rimane il fatto che la donna abbia cominciato a travestirsi per trovare un lavoro e ottenere il rispetto degli altri uomini” sostiene Nihal Saad Zaghloul, cofondatrice del movimento per i diritti delle donne egiziane Basmaa.

“Se una donna è costretta a una scelta di questo tipo allora la società che l’accetta ha fallito”.

(continua su Q Code Mag –Vestirsi da uomo per sopravvivere al patriarcato )

 

3. Liv Ullmann in La Papessa Giovanna di Michael Anderson (del 2009 La Papessa di Sönke Wortmann con Johanna Wokalek)

Narra la storia di una donna inglese che per seguire la vita che desidera prende la decisione di travestirsi da ragazzo per avere accesso  agli studi di teologia. Divenuta monaco con il nome di Johannes Anglicus, venne eletta Papa prendendo il nome di Giovanni VIII…

Basato su di una leggenda medievale, la papessa Giovanna sarebbe stata una papa donna, che avrebbe regnato sulla Chiesa col nome pontificale di Giovanni VIII  dopo la morte di Papa Leone IV  avvenuta nell’855. Parte della leggenda vuole che per la nomina dei successivi papi fosse necessario un accurato esame intimo per assicurarsi che non fosse una donna travestita. A tale scopo un diacono o due chierici tastavano i genitali e proclamavano:

pontificalia habet (ha gli attributi), oppure, «[…] la persona che li ha tastati urla a gran voce virgam et testiculos habet (“Ha il pene e i testicoli”) e tutti gli ecclesiastici rispondono: Deo gratias! (“Sia lode a Dio”). Quindi procedono alla gioiosa consacrazione del papa eletto.» (Felix Hamerlin, De nobilitate et rusticitate Dialogus (ca. 1490) – Fonte The Female Pope, di Rosemary & Darroll Pardoe (1988) – Wikipedia)

Dal cinema alla realtà o viceversa: Non ho storie di preti donne da raccontarvi, divagando potrei parlare delle “donne dei preti” e si, ci sono donne che vivono in clandestinità la loro relazione con un prete, anche con figli nati da questa relazione (io ne ho conosciuta una)… Storie diverse, sicuramente, dove comunque per amore la donna vive nell’ombra e nella colpa…

 

4. Julie Andrews in Victor Victoria di Blake Edwards

Nella Parigi degli anni ’30, la soprano Victoria Grant senza lavoro e per non morire di fame indossa i panni del conte polacco Victor Grazinski per ottenere una scrittura. Una donna che finge di essere un uomo che si traveste da donna per salire su un palcoscenico…

Dal cinema alla realtà o viceversa: Billy Tipton nasce femmina a Oklahoma City nel 1914. Alla liceale Dorothy Lucille Tipton, appassionata di musica, soprattutto di jazz, non è consentito in quanto donna di unirsi alla banda della scuola per soli uomini della Southwest High School.

Billy Tipton – Dorothy Lucille Tipton

Negli anni 30, Dorothy Lucille Tipton  iniziò a fasciarsi il seno e vestirsi come un uomo per adattarsi alla tipica immagine del musicista di jazz band dell’epoca e assunse l’identità di Billy Lee Tipton definitivamente. Vivendo da uomo sia nella vita pubblica, fu un noto  musicista jazz e  broker di talenti, che in quella privata, la sua vera identità fu scoperta dai figli adottivi e dalla moglie solo alla morte.

Un giornale dell’epoca titola: “Mio marito era una donna e non l’ho mai saputo”, sono le parole di Kitty, l’ultima moglie di Doroty Tipton, alias Billy Tipton. Non era mai stata fisicamente intima con Billy per motivi di salute…

 

5. Whoopi Goldberg in The associate di Donald Petrie (da noi tradotto in Funny Money – Come fare i soldi senza lavorare che per nulla rende il senso del film e questo la dice lunga)

Laurel Ayres è una brillante consulente finanziaria di Wall Street che si vede soffiata la promozione proprio da un collega maschio, decisa a licenziarsi e mettersi in proprio, scopre amaramente che l’essere dotata nel proprio lavoro le serve a poco in una società sessista, perché donna e anche nera. Decisa a spuntarla nello spietato mondo degli affari s’inventa un socio maschio e bianco, Robert S. Cutty è l’immagine scelta per rappresentarla nel mondo degli affari. Per avere credibilità e voce dovrà essere il braccio destro del suo “avatar”…

Dal cinema alla realtà o viceversa: “Il 19 gennaio 1901, i newyorkesi si svegliarono con notizie scioccanti sul New York Times: il  noto personaggio politico Murray Hall era morto. Ma la vera bomba doveva ancora esplodere…

Lui era… una lei!

Il sesso di Hall venne scoperto dopo la sua morte per cancro al seno. Per nascondere il suo segreto, Hall evitò i dottori e acquistò invece libri di medicina, tra cui The Art and Science of Surgery, per curarsi da sola. Al momento della morte, il cancro gli aveva quasi consumato il cuore.” (Walks OfNew York)

Murray Hall nasce a Govan, in Scozia, col nome di Mary Anderson, emigrata in America si finse uomo per più di 25 anni, politico e statista, votò quando ancora questo diritto era vietato alle donne.

Il dottore James Barry, stimato chirurgo militare nell’esercito britannico, nasce donna con il nome di Margaret Ann Bulkley, visse quasi tutta la sua vita da uomo per poter intraprendere la carriera universitaria e perseguire il sogno di diventare un chirurgo, cosa vietata alle donne nell’800.

James Barry – Margaret Ann Bulkley

Con la complicità della madre, dello zio pittore e professore alla Royal Academy, James Barry, e di alcuni suoi amici influenti nonché illuminati – tra i quali il generale rivoluzionario Francisco de Miranda –, nel 1809, accompagnata dalla madre, arriva a Edimburgo dove è ammessa all’università sotto il nome di James Barry, identità che conserverà per tutta la vita e che si porterà fino alla tomba.” (Leggi di più su Enciclopedia delle donne)

Si legge nelle biografie che a lei si deve il primo parto cesareo praticato in Africa con successo. Viaggiò moltissimo cercando sempre di migliorare le condizioni di vita sia delle truppe che dei civili, indignandosi davanti alle ingiustizie. Fu la sua governante a scoprire la vera identità al momento della morte, l’esercito britannico sigillò tutte le prove per 100 anni. (fonti Wikipedia)

 

6. Zoé Héran in Tomboy di Céline Sciamma.

“Tomboy” è l’appellativo con il quale vengono definite le “maschiacce”, il film racconta la storia di Laure, una bambina di 10 anni che approfitta del trasferimento della famiglia per presentarsi a tutti come Mickael, complice la sorellina Jeanne di 6 anni che adesso ha un “fratello” maggiore a proteggerla. Essere Mickael,  costruirsi un nuovo ruolo di “maschiaccio”, le faciliterà l’accettazione nel gruppo di ragazzini del nuovo quartiere…

Mi viene da pensare alla capacità intuitiva dei bambini, alla capacità che hanno di raccogliere informazioni attraverso i sensi e forse alcune di loro, più empatiche, intuiscono che il “predominante” sia il maschio e si adattano imitandolo, in fondo siamo animali e l’istinto di sopravvivenza prevale, se fossi una preda istintivamente vorrei essere la predatrice, mi pare naturale. Questo prima che le sovrastrutture sociali m’impongano il mio ruolo più che secondario…

Dal cinema alla realtà o viceversa: A proposito di bambini e adolescenti, voglio ricordarvi le storie di due donne perché indirettamente hanno a che fare con l’infanzia e l’adolescenza, una per i suoi romanzi, l’altra per i soggetti dei suoi dipinti.

Chi non conosce J. K. Rowling, la scrittrice divenuta famosa con i romanzi di Harry Potter. Joanne Rowling, questo il suo vero nome, dopo un periodo molto duro e il rifiuto delle case editrici finalmente arriva al successo con lo pseudonimo maschile di J. K. Rowling, una richiesta della casa editrice preoccupata che il pubblico accettasse con difficoltà una scrittrice donna

J. K. Rowling – Joanne Rowling

Margaret D. H. Keane è una pittrice statunitense famosa per i suoi dipinti di bambini con enormi occhi, occhi tristi.

Convinta dal marito, Walter Keane, che come donna non avrebbe avuto successo iniziò a firmare le opere solo come Keane, facendo pensare e attribuendo la paternità dei dipinti al marito.

Margaret Keane

Questo fino al 1965, quando chiese il divorzio da Walter e la paternità delle sue opere. Margaret Keane in tribunale dimostrò inequivocabilmente di essere l’autrice dei suoi dipinti realizzandone uno davanti alla giuria in 53 minuti.

Il film “Big Eyes” diretto da Tim Burton, e interpretato da Amy Adams e Christoph Waltz racconta di questo talento maturato all’ombra del marito, da vedere…

 

7. Suzy Amis in The Ballad of Little Jo di Maggie Greenwald

È un film western americano ispirato ad una storia vera. Josephine Monaghan, una giovane donna sedotta dal fotografo di ritratti della sua famiglia,  rimasta incinta viene ripudiata per la vergogna dai suoi familiari.

Josephine scopre che le sue alternative sono molto limitate, una donna single che viaggia da sola è guardata con sospetto o come preda sessuale per qualsiasi uomo. L’uomo a cui da fiducia cercherà di vendere i suoi servizi come prostituta a sconosciuti di passaggio.

Vedendola come la sua unica protezione, Josephine sfregia il suo viso e inizia a vestirsi da uomo, diventando così “Jo”, pastore di pecore a sfidare il freddo delle montagne in un crescendo di crudezze per sopravvivere allo spietato selvaggio West, ma soprattutto all’essere donna…

Dal cinema alla realtà o viceversa: Sarah Emma Edmonds a quindici anni fuggì di casa per sottrarsi ad un matrimonio combinato e agli abusi del padre. Comprese ben presto che per mangiare, lavorare e viaggiare la soluzione era di travestirsi da uomo.  Con il nome di Franklin Flint Thompson il 25 maggio 1861 si arruolò nella compagnia F della seconda fanteria del Michigan prestando servizio come uomo nell’esercito dell’Unione durante la guerra civile americana. Un buon soldato senza paura, così la considerarono i suoi compagni anche dopo aver scoperto che si trattava di una donna…

Franklin Flint Thompson – Sarah Emma Edmonds

Di donne che abbracciano il fucile travestendosi da uomo ne abbiamo avute anche in Italia. Luigia Ciappi, fiorentina, alla chiamata alle armi per combattere gli austriaci rispose travestita da uomo. Non è certo la sola, a raccontalo Alvise Spadaro nel suo libro “Le travestite. Donne nella storia.”

Da nord a sud, isole comprese, furono molte le donne che per necessità o diritti negati divennero uomini per finta. Come la dolorosa storia di “Francisca la Calatina, masculu fora e fimmina intra”, rimasta vedova iniziò a lavorare a giornata nei campi, svelata la sua identità fu portata davanti all’Inquisitore. (Lettera sulle travestite)

 

8. Alba Rohrwacher in Vergine giurata di Laura Bispuri

Hana, orfana albanese, seguendo il severo codice del Kanun, giura verginità eterna e assume l’dentità di Mark, conducendo la sua vita come un uomo. Il rifiuto della propria femminilità in cambio della libertà di decidere…

Dal cinema alla realtà o viceversa: Le “burrneshë” sono le donne albanesi che, secondo l’antico codice clanico albanese del Kanun di Lek Dukagjini, sacrificando la propria sessualità in cambio della libertà scelgono di essere uomini.  

Il Kanun regola da secoli la vita nelle zone montuose a Nord dell’Albania, è il più importante Codice consuetudinario albanese tra i  numerosi Codici orali creatisi nelle zone montane nel corso dei secoli.

Il Codice prevede anche e dà la facoltà alle donne di proclamarsi uomo e di conseguenza di acquisire tutti i diritti riservati esclusivamente agli uomini.

Nella foto una burrneshë o vergine giurata

Oggi si stima ne rimangano solo qualche centinaio di Vergini Giurate, le “burrneshë”, il termine deriva da “burr – uomo”, declinato al femminile, vivono soprattutto in Kosovo e nelle zone montuose dell’Albania settentrionale. La condizione della donna in queste zone è racchiusa nel detto “la femmina è sempre dell’altro”, non è padrona della sua vita che appartiene all’uomo.

“Ancora oggi solo gli uomini possono avere possedimenti terrieri o accedere a determinate professioni, l’indipendenza economica e sociale dal capofamiglia è un miraggio se non un’utopia (per le donne). Da qui la scelta della “conversione”: in seguito al giuramento, che di regola viene fatto di fronte agli anziani del villaggio, la “Vergine Giurata” prende un nome maschile, si taglia i capelli, indossa abiti maschili e sceglie un’occupazione generalmente praticata dagli uomini, come il pastore o il guidatore di camion. Come tutti gli uomini può bere e fumare, partecipare alla guerra, usare armi, possedere terreni e proprietà, mangiare insieme agli uomini in stanze dove le donne non sono ammesse.

Nella foto una burrneshë o vergine giurata

Dal giuramento in poi viene trattata come un uomo a tutti gli effetti, anche da coloro che sono a conoscenza della sua reale essenza biologica di donna.

Il pegno da pagare è la rinuncia all’amore e al sesso. Infatti si presume che la donna debba essere vergine, e di conseguenza la conversione avveniva al sopraggiungere della maturità sessuale, e si esigeva la totale astensione dal sesso, motivo per cui queste donne vengono anche conosciute come le Vergini Giurate (Virgjinat e bitume)…

Una delle “Vergini” intervistate, Shkurtan Hasanpapaj, ha così spiegato la sua decisione: “Sposandomi mi sarei sentita oppressa più che imprigionata. Anche quando nel matrimonio c’è l’amore e l’armonia, solo gli uomini hanno il potere decisionale. Io voglio una completa parità o nulla.”

La vergine giurata Shkurtan Hasanpapaj

Pashe Keqi ricorda il giorno di sessant’anni fa in cui decise di cambiare per sempre la sua vita, diventando uomo. Fece un voto di nubilato, in cambio del diritto a vivere e accudire la sua famiglia come l’uomo di casa. Oggi, a 78 anni, confessa che non lo rifarebbe. «All’epoca era meglio essere un uomo perché le donne erano considerate al pari degli animali – spiega Keqi con la sua voce baritonale, mentre fuma una sigaretta bevendo un bicchiere di raki (la grappa balcanica) -. Mentre il valore della vita di una donna era la metà di quella di un uomo, il valore di una vergine era lo stesso: 12 buoi». (L’uomo inchiodato, La donna incatenata – Il ruolo della donna all’interno delle vendette di sangue in Albania secondo il codice del Kanun, Laura Collina)

La loro vita e le loro storie sono ben documentate dai reportage della fotografa americana Jill Peters e dal libro “Women Who Become Men” di Antonia Younge e dai recenti reportage fotografici di Paola Favoino e dalla giornalista e scrittrice albanese Elvira Dones, che ne ha parlato nel libro “Hana” da cui è tratto il lungometrggio “Vergine giurata” di Laura Bispuri.

Mi sono dilungata nel penoso racconto delle “Vergini giurate”, perché inchiodata da una frase tratta proprio dal Kanun  redatto a metà del ‘400, che recita:

“la donna è un otre che sopporta pesi e fatiche”.

Tutto qui, noi donne siamo questo: “un otre che sopporta pesi e fatiche”.

Per quanto riguarda il cinema solo la forza di alcuni film, che non sta ovviamente nella sperimentazione concettuale, ma nella potenza delle storie, nel racconto di ciò che, seppure trasfigurato, è accaduto e accade, riesce a denunciare le discriminazioni e la violenza subite dalle donne, diventando monito per il futuro.

Majorité opprimée, è il primo cortometraggio realizzato dalla francese Eleonore Pourriat. Un successo per la commedia di pura finzione realizzata nel 2010, dove con ironia i ruoli di genere vengono rovesciati, “il sesso storicamente privilegiato (quello maschile) diventa l’oppresso, mentre quello svantaggiato (della donna) domina.”

La nostra società non ha ancora ben compreso il concetto di uguaglianza, attraverso film di denuncia, o commedie provocatorie e pungenti, forse una parte della popolazione, uomini e, diciamolo diciamolo donne comprese, potrà rendersi conto di quanto ancora le donne siano vittime e abbiano diritto allo stesso rispetto che viene riservato agli uomini.

*Grazie per il video a concorezzo20049

Mi piace pensare, in mezzo a tanto dispiacere, alle parole di Jean-Luc Godard:

Ora ho delle idee sulla realtà, mentre quando ho cominciato avevo delle idee sul cinema. Prima vedevo la realtà attraverso il cinema, e oggi vedo il cinema nella realtà.

  • Le immagini in questo post provengono dal Web e sono presenti solo a scopo illustrativo. Copyright dei rispettivi aventi diritto che ringrazio.

(*) ripreso dal blog  La Santa furiosa

Santa Spanò
Diceva Mark Twain: "Ci sono due momenti importanti nella vita: quando nasci e quando capisci perché". E io nacqui. Sul perché ci sto lavorando, tra la bottega, il mio blog http://lasantafuriosa.blogspot.it/ e... il resto ve lo racconto strada facendo.
Dimenticavo, io sono Santa!

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