Dopo l’8 marzo, la lucha continua e la speranza anche

Storie di donne latinoamericane

di Maria Teresa Messidoro (*)

 

E invece no! Ancora una volta è il continente Abya Yala (terra in piena maturità in lingua Kuna; termine utilizzato ormai da anni dalle popolazioni indigene per definire l’America Latina) a mandarci segnali, tecnologici e non.

Atterriamo innanzitutto nel Paese dell’eterna primavera.

In Guatemala, nerll’assemblea nazionale straordinaria del nascente Movimiento para la Liberación de los Pueblos (MLP),svoltasi ai primi di marzo, indigeni e contadini proclamarono a sorpresa per acclamazione la indigena mam Thelma Cabrera candidata alla Presidenza della Repubblica per le elezioni generali previste per il prossimo 16 giugno.

Questa candidatura nasce da lontano: tre anni fa, centinaia di comunità indigene in resistenza, in maggioranza articolate nel movimento sociale plurinazionale denominato Comité de Desarrollo Campesino (CODECA), di fronte all’incapacità della sinistra tradizionale di incorporare nella propria agenda le richieste sociali, per far fronte al sempre più violento sistema neo liberista, decisero in assemblea di creare la propria organizzazione politica, l’MLP appunto. Senza nessun finanziamento esterno, con un instancabile lavoro da formica, alla fine del 2018, riuscirono ad iscrivere nel Tribunal Supremo Electoral il Movimiento para la Liberación de los Pueblos, considerato dalle organizzazioni indigene come uno strumento politico, lontano dal concetto tradizionale di partito.

Thelma Cabrera è una riconosciuta difensora dei diritti umani, quasi autodidatta, membro del nucleo centrale di CODECA. Sue sono alcune affermazioni come queste: “In Guatemala noi, popoli indigeni, non abbiamo uno stato; la nostra casa, il Guatemala, è completamente corrosa, urge un processo di assemblea costituente plurinazionale per costruire, insieme a tutti e tutte, una casa in cui ci sia posto per tutte e tutti”. Thelma non sarà sola in questa avventura, nella stessa assemblea del MPL si è nominata Vicenta Jerónimo, un’altra difensora mam, alla testa della lista nazionale dei deputati del movimento. Se creare un’organizzazione politica propria era già un gesto coraggioso del mondo indo contadino guatemalteco, proclamare una donna indigena candidata alla presidenza è qualcosa di impensabile fino a poco tempo fa, uno schiaffo al regime patriarcale vigente. I riferimenti a ciò che hanno portato avanti in Messico le organizzazioni indigene collegate con il mondo zapatista, con la provocatoria candidatura di María de Jesús Patricio, detta Marichuy, alle presidenziali messicane, sono evidenti e si commentano da soli.

Ed ora atterriamo in Paraguay, Paese tra i più poveri di Abya Ayala, ma tra i cinque maggiori esportatori di soia al mondo.

Le donne non hanno paura: lo dimostra il gesto di Severiana Giménez in Paraguay; ha 77 anni Severiana e vive in uno delle tante occupazioni abusive esistenti tra le città di Caaguazú e Repatriación; proprio l’ 8 marzo è iniziato lo sgombero forzato da parte delle forze di polizia, ma non avevano fatto i conti con la determinazione delle donne presenti. “Amanota koʼápe (piuttosto muoio qui)”, disse la donna, ponendosi con le braccia in alto di fronte ad un trattore che stava per demolire la casa di suo nipote. Le famiglie ora senza casa sono 2400 ed aspettano una risposta da parte delle autorità competenti, per ottenere finalmente una casa degna. Nella stessa settimana, uno sgombero più violento eseguito dalle forze di polizia ha allontanato  1200 persona che, nella città di Luque, avevano costruito delle baracche precarie su un terreno della Compañía Paraguaya de Comunicaciones; il saldo è stato di numerosi arresti e 30 feriti, tra cui anche giornalisti locali. Il gesto di Severiana ci dimostra che le donne sono sempre in prima fila.

Ed infine, in questo primo viaggio, facciamo l’ultimo scalo nell’isola di Cuba, il Paese che sta cercando di raccogliere l’eredità castrista guardando al futuro, anche con la nuova Costituzione appena approvata.

Su una popolazione di 11 239 224, le donne sono poco più della metà, il 50,1%, quindi si contano 992 uomini ogni 1000 donne. Poco più del 40% dei nuclei familiari ha una donna come capofamiglia, nel settore statale-civile le donne rappresentano il 49% della forza lavoro, sono il 70% dei professionisti e tecnici, il 78% nel settore salute, il 33% dei lavoratori autonomi, il 64% dei componenti delle missioni internazionaliste.

A livello politico, sono il 53,22% dei deputati, delle tre cariche principali 2 sono donne, 8 donne sono ministre, il 33%, mentre sono la maggioranza come presidenti dei governi municipali ed il 35% di quelli provinciali. Nel campo della salute, in un paese in cui la copertura medica sanitaria riguarda il 99% della popolazione, il 99,9% dei parti avvengono in strutture sanitarie, il 99,5% dei bambini sono vaccinati contro tredici malattie. La mortalità materna è del 21% su 1000 nati vivi, la speranza di vita delle donne è di 80 anni, contro i 76,50 degli uomini. L’Aids colpisce ancora lo 0,2% della popolazione cubana, mentre a livello generale Cuba è il primo Paese ad aver eliminato la trasmissione del l’HIV da madre a figlio.

Un Paese, Cuba, dove la discriminazione nei confronti delle donne afrodiscendenti, ad esempio, è ancora una realtà da combattere, ma i segnali di nuove rivendicazioni e nuove lotte sono molti e confortanti.

http://www.resumenlatinoamericano.org/2019/03/04/mujeres-cubanas-en-cifras/

http://www.resumenlatinoamericano.org/2019/03/09/paraguay-abuela-se-opuso-a-un-desalojo-en-defensa-de-la-precaria-vivienda-de-su-nieto/

https://www.alainet.org/es/articulo/198595

(*) vicepresidente associazione Lisangà culture in movimento

Teresa Messidoro

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