«Dove stiamo volando» di Vittorio Curtoni

Una società post-atomica piena di mutanti. E’ evidente cosa differenzia Ivo da un “tipico” umano: infatti lo incontriamo che «saltarella da un’aiuola all’altra coi suoi pochi centimetri di statura». Non è visibile invece la mutazione del sedicenne Charles anche se il romanzo fornisce subito qualche indizio – o è una falsa pista? Dovremo arrivare quasi a metà del libro per saperlo –  scrivendo così: Charles si mostra «disposto (disposta?)», Charles era «paralizzato (paralizzata?)». Un dubbio spesso si affaccia: che la differenza non sia poi così importante, «Nero, giallo, anarchico, mutante: solo le etichette cambiano».
Non perdetevi la riedizione di «Dove stiamo volando», scritto da Vittorio Curtoni nel 1972 e ora ripubblicato in Urania Collezione di febbraio. All’epoca entusiasmò molti e scandalizzò i bacchettoni. Dovrebbe essere in edicola a giorni, trasporti innevati permettendo: con il corredo di un capitolo inedito, di una nutrita scelta di racconti (mentre scrivo non è arrivato in edicola e dunque non so quali) e «La mia love story con la fantascienza», una sorta di ironica autobiografia.
La trama? Qualcosa dirò per quel che si può .
Charles è diretto, con Ivo nel taschino, a Nuova Parigi. Sui lati del suo camion c’è scritto «ghetto» perchè – gli dice suo padre – lungo la strada «la gente normale» ne ha paura mentre «i mutanti si aiutano tra loro». Star lì, in una fattoria isolata è pericoloso: a Nuova Parigi saranno più sicuri in mezzo ai loro simili.
Viaggiando per tre settimane Charles riflette che mutante è una «parola assurda». C’è chi vorrebbe esibirli negli zoo, dicendo che sono fuori dall’ordine naturale: «uh, guardate quello, ha due teste, non è divertente?». E lui giustamente si chiede «se le bombe che ci hanno generato rientrino nell’ordine naturale».
Lungo la strada c’è chi «non fa differenze, mutanti o normali è lo stesso; cerchiamo di sopravvivere e basta» e chi, senza neppure porsi un interrogativo, sussurra a Charles «sei un mostro, immondo, non hai diritto di vivere». E c’è chi racconta storie, magari per giustificare «il fucile che spara per riportare la calma […]  per ratificare davanti a dio l’oppressione istituzionalizzata, l’indifferenza come etica esistenziale, il rimorso come pazzia soggettiva». Charles incontra un mondo agonizzante (memorabile la descrizione di come muore una casa): «non abbiamo distrutto solo la nostra razza ma anche tutto quello che avevamo creato e costretto a esistere, e la nostra è stata la più vigliacca delle ritirate».
Tre settimane per arrivare a Nuova Parigi.
Per non togliere il piacere della scoperta a chi legge nulla aggiungerò di quel che accade nel ghetto e di ciò che Charles scopre sul mondo, su di sè e sulle vere ragioni che hanno spinto suo padre a mandarlo via.
E’ palese in«Dove stiamo volando» che gli umani si stanno spegnendo. In giro odio e voglia e di distruzione. Forse noi umani scompariremo e «spero soltanto che questa volta l’evoluzione segua linee più ragionevoli. Come esperimento l’uomo è stata una grossa delusione, non trovi?» dirà Charles a un amico del ghetto. Si chiede «stupidamente» se nascerà un altro giorno «su un pianeta macchiato dall’ostilità insopprimibile dell’uomo per i suoi simili o dissimili».
Nessun eroe dunque. Dolore. Un esilissimo filo di speranza. Domande senza risposta. «Il pensiero è l’unica vera maledizione dell’uomo». Ritrovare «l’antico gusto della paura». Oppure convincersi che le rivoluzioni siano facili; dirà, verso la fine – Pierre «non è la prospettiva della rivoluzione che mi spaventa […] ma è la gente come lui che mi fa paura»: i fanatici che vogliono armi per buttare tutto all’aria solo in odio a qualcuno anzichè per amore dell’umanità.
Una speranza forse può accendersi nelle diverse facce che può offrire l’amore. Ma è arduo «far discendere un uomo arroccato nella cittadella di un affetto pressante e costringerlo alla ragionevolezza». E si corre il rischio che  amore sia solamente trovare qualcuno con cui «dividere lo stesso senso di repulsione, la stessa spinta all’odio». Eppure… sono proprio gli amori difficili, anzi impossibili la parte più bella di questo libro.  Curtoni ha rischiato molto nella trama e nella scrittura ma era in stato di grazia, non ha sbagliato un verbo o un aggettivo. Doloroso ma… «un’altra resurrezione. Un nuovo mondo» sono le speranze nell’ultima riga.
Ogni capitolo è aperto dai versi di canzoni degi anni ’60 e ’70. E quasi tutte aiutano a capire di più o a farsi le domande giuste. Come «Laughing» di David Crosby: «E ho pensato / d’aver visto qualcuno / che sembrava finalmente / conoscere la verità. Mi sbagliavo: / era solo un bambino / che rideva nel sole». O come un verso di Joe Butler: «non lasciate, miei cari, che vi taglino le ali prima d’aver imparato a volare».
Mi ha emozionato come pochi libri di fantascienza. Non ricordavo quasi nulla e dunque è stata una “prima” lettura. Per questo mi ha stupito, nella mia vecchia e lacera copia (la collana “Galassia” non era il meglio per colle e copertine) ritrovare un mio lungo appunto … poco “emozionato”. Eccolo in sintesi: «Bel libro ma non c’è quasi storia, solo pensieri. Commovente il finale ma c’è poca fantascienza». Avanzo due ipotesi: nel ’72 lo lessi di fretta e capii poco; oppure ero davvero cretino.
POST SCRIPTUM
Ove non siate esperti di edicole attenzione a non confondere la Collezione con il normale Urania (numero 1579, già uscito) di febbraio che è invece «Gli ammutinati dell’astronave» di Mike Resnick: divertente e nulla più. Mi ricordavo un autore più ironico. Inoltre la quarta appendice, dedicata a Teddy Roosevelt, contiene un numero così grande di sciocchezze da indurmi a credere che Resnick sia un fan dell’imperialismo . Un punto in meno. Piacevolissima sorpresa invece nelle pagine finali dove il racconto di Samuele Nava (che si presenta come «metalmeccanico bergamasco classe 1970») ci porta  nelle ultime ore di Gesù Cristo cioè in uno degli eventi più affollati della letteratura: sembra difficile al riguardo scoprire (o inventarsi) qualcosa di veramente nuovo e invece «La rivolta dei miracolati» spiazza dall’inizio alla fine.

Redazione
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6 commenti

  • Molto interessante, non conosco il libro e speriamo, neve permettendo, di trovarlo in edicola.

  • Quando uscì mi colpì moltissimo, era scritto in modo inusuale, non da “fantascienza corrente” (specialmente allora, ma direi anche oggi), ed era carico di significati, come del resto tutta la narrativa curtoniana. Uno “scrittore”, più che uno scrittore di fantascienza. Con una scrittura molto personale, ben riconoscibile per chi abbia frequentato la sua produzione letteraria,Da non dimenticare inoltre che all’epoca l’autore aveva 23 anni. Mi fa davvero molto piacere questa uscita. Peccato che “lui” non possa godersela, ne sarebbe stato felicissimo, la attendeva con grande entusiasmo.
    A Daniele dico che anche io, nel rileggere il romanzo (non molto tempo fa) lo apprezzai ancora di più.

  • Era molto contento della riedizione. Da quel che mi diceva, l’Urania doveva comporsi di “Dove stiamo volando” più “Retrofuturo”, ma credo e spero che Giuseppe Lippi per l’occasione avrà tirato fuori qualche perla inedita dal cassetto curtoniano. Io ho avuto l’immeritato privilegio di leggere alcuni racconti mai pubblicati e davvero splendidi, più horror che SF (forse per questo rimasti fuori da “Bianco su nero”, ipotizzo), perché da tempo Vittorio amava le storie di paura ed era annoiato dalla maggior parte della fantascienza attuale.
    Da tempo ripeto a me stesso che a pochi mesi dalla scomparsa Vittorio manca sempre più. Un vuoto pesante, doloroso.
    Come sempre, Daniele, grande recensione, grande umiltà barbieriana e stavolta, in più, grandi pagine tutte italiane.
    Molto orgoglioso e patriottico, stasera.
    Vince

  • Ciao, sono il metalmeccanico autore del racconto in appendice a Urania. Grazie per l’attenzione al mio racconto. Per la prima volta vedo il mio nome in una recensione, una bella emozione. Felice che tu abbia apprezzato la mia variazione sul tema della Passione.
    Grazie.
    Aggiungo che ho conosciuto Vittorio Curtoni in una delle tante occasioni piacentine da lui organizzate. Ebbe la cortesia di incoraggiarmi alla scrittura, dopo aver letto un mio raccontino. Sapeva comunicare entusiasmo, passione, voglia di combinare qualcosa, con la scrittura, con la vita, con gli amici… Dopo quell’incontro ho cominciato davvero a scoprirlo come Autore, recuperando per primo il romanzo ora ripubblicato. Lo consiglio a tutti, di cuore.
    Grazie ancora
    Samuele Nava

  • Non so nelle altre città ma qui a Imola “Dove stiamo volando” (è il numero 109 di Collezione Urania: 336 pagine per 5,90 euri) è arrivato oggi,15 febbraio. C’è il romanzo (del 1972 ma con un capitolo inedito) che dà il titolo al volume e poi 6 racconti, tutti molto belli: “Ritratto del figlio” del 1968, “La luce” del 1970 (ma revisionato nel 1978), “L’esplosione del minotauro” del 1971 con “La volpe stupita”, “La sindrome lunare” e “Vento del mare”, tutti e tre del 1978. Trovate poi oltre 50 pagine dotte e divertenti di quella che Curtoni chiamò “La mia love story con la fantascienza” e infine “Diario Vitt” di Giuseppe Lippi, cioè una breve biografia e bibliografia dove si spiega anche il complesso parto di questo volume. Non perdetelo perchè starà in edicola un mese scarso per lasciare il posto a “John Carter” un libro – divertente e poco più – del 1911 (!) di Edgar Rice Burroughs che voi astutamente penserete sia omonimo dell’autore di “Tarzan” anzichè zio di William; e c’azzecchereste a metà perchè non è un omonimo ma proprio lui, il papà del primo Tarzan. Di questo “John Carter” si parlerà presto perchè fra poco diventa un “kolossal” (?!?!) della Disney. Colgo l’occasione per ricordare che nel 2011 Delos Book ha pubblicato (ma io ancora non l’ho letto) l’antologia di Curtoni intitolata “Bianco su nero e altre storie”. In una buona biblioteca potete trovare “Retrofuturo”, un’altra sua antologia edita da Shake nel 2004. Su questo blog invece troverete (in data 14 febbraio) il bellissimo “Un ricordo di Vittorio Curtoni”, scritto da Domenico Gallo che però vi consiglio di leggere DOPO “Dove stiamo volando” se già non lo conoscete e se dunque non volete togliervi il piacere di scoprire da soli la complessa trama e il doppio (anzi triplo) finale.

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