Dove va 5 stelle?

di Gian Marco Martignoni

L’invincibile armata di Grillo – che aveva ottenuto un eclatante successo nelle elezioni politiche del 2013, incanalando il disagio diffuso montato nel Paese contro la “casta” e lo spazio politico regalato da una sinistra nelle sue varianti, moderata e radicale, in vistosa crisi di identità e di credibilità nella peggior crisi capitalistica dal 1929 – è alle prese con un conflitto interno sempre più dirompente e dall’esito imprevedibile, stante la divisione tra i fedelissimi di Grillo e i dissidenti-dimissionari del e dal Movimento 5 Stelle.

L’espulsione di Adele Gambaro e di qualche altro parlamentare nel giugno dell’anno scorso, unitamente alla lotta fratricida avvenuta in Sardegna e materializzatasi nella non presentazione di una lista nelle recenti elezioni regionali di quell’isola, aveva già segnalato che una serie di contraddizioni minavano l’apparente unità di facciata di un movimento dai proclami altisonanti e ultra-moralizzatori della vita pubblica.

D’altronde l’inconciliabilità fra la natura padronale del movimento ispirato dal Grillo e Casaleggio e il dettato dell’articolo 61 della Costituzione (che recita «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato») era prevedibile che esplodesse, se non vengono meno il senso e l’etica della politica.

Infatti da una esegesi dello statuto (anche «non statuto» sul piano della mistificazione linguistica) dell’associazione-movimento 5Stelle si evince che la proprietà dello stesso conferisce a Grillo il potere assoluto di espellere i cosiddetti dissidenti, attraverso la farsa del referendum in rete, poiché i parlamentari grillini sono e devono rimanere purtroppo dipendenti fedeli a Grillo e privi di qualsiasi autonomia intellettuale e pratica.

Inoltre a tirare le fila del M5S e del blog di Grillo è la Casaleggio e Associati, partner della Binngs group, leader nel cosiddetto marketing virale, ossia un «marketing che sfrutta le capacità commerciali di pochi soggetti interessati per trasmettere il messaggio ad un numero elevato di utenti finali», e cliente tra gli altri di Monsanto e Jp Morgan.

Detto in altri termini il M5S è a fianco dei NO TAV, così come non ha difficoltà ad essere in piazza con gli artigiani e i commercianti; al contempo sostiene il reddito di cittadinanza per i disoccupati, mentre lancia strali contro il settore pubblico in generale; come per accaparrarsi i voti degli elettori leghisti e di destra in occasione delle elezioni dell’anno scorso non ha esitato ad assumere posizioni xenofobe e razziste contro gli stranieri, altrimenti, hanno precisato i suoi due capi, «avremmo avuto un risultato elettorale da prefisso telefonico».

Come ha ben sottolineato il sociologo Alessandro Dal Lago nel recente pamphlet «Clic! Grillo, Casaleggio e la demagogia elettronica», pubblicato dalla casa editrice Cronopio, nel bacino elettorale del M5S «possono rientrare soggetti empirici assai diversi e tecnicamente in conflitto tra loro… in quanto inseriti in una dimensione virtuale, trovano la loro nicchia, senza entrare in conflitto con quella del vicino».

Si comprende allora perché il M5S si dichiari né di destra né di sinistra e non prenda posizione sulle grandi questioni del lavoro, al di là della sua avversione contro le organizzazioni sindacali confederali, che fa il paio con l’acredine contro il mondo dell’editoria e il diritto di critica che l’articolo 21 della Costituzione sancisce anche per la carta stampata.

Pertanto nella logica populista, qualunquista e reazionaria che contraddistingue il Movimento 5 Stelle si sprecano i fuorvianti proclami anti-casta e anti-euro, nonché le deprecabili gazzarre parlamentari, in quanto surrogano l’incapacità nel misurarsi criticamente e seriamente con la fallimentare ma perdurante egemonia neo-liberista, giacché il problema storico è semmai quello di lavorare internazionalmente per la costruzione di un’Europa sociale, non dominata dal mercato e dalla moneta, al fine di contrastare la svalorizzazione della forza-lavoro e la crescita esponenziale delle diseguaglianze sociali.

(Varese, 3 marzo 2014)

 

Redazione
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7 commenti

  • Dell’articolo di Gian Marco Martignoni (e dei suoi riferimenti al libro di Alessandro Dal Lago che non ho ancora letto) condivido molto. Però qualche perplessità la voglio segnalare.
    Come ho scritto in blog non amo Grillo però ho votato 5 stelle… in mancanza di alternative a sinistra. Come me molte/i. Non ci buttate in un calderone con altre/i.
    Grillo non prende posizioni sul lavoro ecc? Vero, ma chi lo fa? Il Pd se parla è per sposare le tesi dei padroni. Sarà bene non dimenticarlo e non dare tutte le colpe a 5 stelle. I danni gravi li fa chi (mal) governa, non chi sta all’opposizione .
    Scrive il mio buon amico Gian Marco: «deprecabili gazzarre parlamentari» e io però sono di parere diverso. Gravissimo è quel che ha fatto il Parlamento, assai grave l’appoggio della Boldrini al «bavaglio» mentre i media censuravano cosa accadeva. Mi dissocio da ogni offesa sessista a Boldrini ma mi associo a chi ha analizzato il quadro d’insieme spiegando perché quella protesta dei 5stelle in Parlamento era sacrosanta.

  • Sono d’ accordo con la sostanza dell’ottima analisi di Gian Marco Martignoni, ma anche con le osservazioni di DB, Alle ultime elezioni ho votato a causa di riflessi condizionati una lista falce e martello, ma ho frequentato dei meet up organizzati da amici, chiarendo loro che sono di sinistra, ma comunista. Comunque quando penso a M5s mi vengono in mente due frasi una di Lenin : PLUS DE SOUPLESSE, CAMARADE TERRACINI e l’altra di Deng Xiao Ping: NON IMPORTA IL COLORE DEL GATTO L’ IMPORTANTE E’ CHE MANGI I TOPI. Alle prossime elezioni non voterò certamente la lista Tsipras, versione 2014 della lista Ingroia, un’ operazione opportunistica di stampo socialdemocratico. Non vi saranno liste comunista. Sono indeciso tra astensionismo e M5s. Ci sto pensando.

  • Francesco Masala

    dice Civati, noi non siamo come Grillo, a me non mi hanno mai espulso.
    il fatto è che Civati ha votato tutto, ma proprio tutto, come dice il PD.
    ma qualcuno il Pd l’ha mandato via (http://controcorrenteblogdotcom.wordpress.com/2013/06/19/ecco-una-breve-lista-degli-espulsi-dal-pd/)
    poi è vero che sembrano incomprensibili diverse cose, tipo il signor Casaleggio, ma fra tutti quelli che criticano Grillo, le segreterie dei partiti, dico, il più pilito ha la rogna, come dicono da qualche parte.

  • Ho letto con interesse il pezzo, che riguarda una formazione politica di grande interesse. Dice bene, in proposito Daniele, in merito alla maggiore responsabilità di chi sta al governo e rispetto a chi sta all’opposizione. Quanto alle cosiddette «deprecabili gazzarre parlamentari» (le definisco “cosidette” perché al contrario di Martignoni considero quella “gazzarra” quanto di meglio abbia fatto il movimeno 5 stelle contro l’unanimismo filopadronale del parlamento) confido di assisterne a altre. La democrazia non si difendo proclamando la propria adesione alla democrazia, ma facendo pagare agli avversari il prezzo politico più alto. Oggi la Boldrini, e per lei SEL, ha perso gran parte del prestigio iniziale del quale si era vestita. Dato la dimensione del personaggio, egregio rappresentante dell’arroganza e dell’indisponibilità a capire le ragioni altrui del potere, lei probabilmente non ha capito. Le vecchie volpi di SEL sì. Cercano di salvarsi glissando, ma per l’attentato liberticida della “tagliola” pagheranno un prezzo lungo, un prezzo che sconteranno da qui a molti anni.
    Il limite dell’articolo però risiede nell’assenza di una analisi delle contraddizioni oggettive che vive il movimento e, di conseguenza, l’eccessivo ruolo assegnato alla soggettività di Grillo. Enumero qualcuna di queste contraddizioni. La tendenziale inclinazione di molti parlamentari 5 stelle a temi di sinistra (vedi presa di posizione sull’immagrazione che Grillo ha dovuto ingoiare); il principio “uno vale uno” che ha già prodotto attriti interni e altri ne produrrà; le spinte da parte dell’elettorato che è eterogeneo ma è unificato dal bisogno di difendersi dalla crisi; la posizione anticasta non sostenuta da un adeguato substrato politico ideologico e può contribuire a far saltare molti equilibri interni, ma non solo dentro il movimento, determinando malumori avunque e, quidi contraddizioni ovunque ecc. ecc.
    L’analisi dello scontro politico non può e non deve mai riguardare le sole formazioni politiche, le bandierine che ognuno di noi agita, ma riferirsi alla complessità umano sociale. Altrimenti diventa parziale e inefficace.
    Mi scuso per la lunghezza del commento, ma con meno parole non ho saputo dire.

  • Dimenticavo una cosa, la più importante. A mio parere all’europa sociale non si arriverà mai senza prima mettere in grave crisi, profonda crisi (che forse richiederà la sua dissoluzione) l’europa liberista.
    Costoro sono già pronti a usare le manieri forti, se il loro potere dispotico verrà messo in discussione. Bisogna riflettere bene sui passi da dare e sopratutto tendere alla più vasta unità possibile, per non provocare una catastrofe.

  • Concordo con l’intervento di Martignoni, e aggiungo che, a mio parere, l’elemento che ha fatto perdere l’appeal e la credibilità del Movimento 5 stelle è l’assoluta mancanza di assertività, di ascolto e di dialogo, doti essenziali per qualsiasi forza politica che si propone di andare al governo dopo aver raggiunto e superato il 50% dei voti, convincendo gli elettori degli altri partiti a votare per le proprie proposte, perché pur vicine a quelle dell’altro partito, sono espresse in modo più convincente e inserite in un programma più efficace nel breve, medio o lungo periodo.
    Questa mancanza di credibilità si accompagna al ruolo autoritario e sostanzialmente dispotico di Grillo e Casaleggio, che copre sostanzialmente la potenziale novità positiva data dall’asserita “democrazia della rete”.
    In questo modo, alle prossime elezioni politiche il movimento di Grillo è destinato a raggiungere senz’altro l’obiettivo del 50% dei voti, ma questi saranno probabilmente il 50% dei voti presi alle precedenti elezioni, nel senso che i voti saranno dimezzati, allo stesso modo con cui si avvia a perdere il 50% degli eletti.
    Lo stesso tragico errore hanno fatto i partitini a sinistra del PCI-PDS-PD, che infatti negli ultimi anni hanno attraversato una serie di scissioni e fuoriuscite, fino a scomparire del tutto o quasi dal panorama politico.
    Quale sarebbe stata dunque la strategia vincente? Avanzare le proprie proposte, ed essere disponibili ad allearsi con qualunque forza politica disposta a votarle, anche se non tutte insieme ma poche alla volta, quando c’è la possibilità da raggiungere il 50% + 1 dei voti a favore, accettando anche compromessi che però consentono di raggiungere progressivamente i propri obiettivi: è così che si conquista l’egemonia, rafforzandosi sul territorio, aggiungendo posizioni e casematte a proprio favore nella “guerra di posizione”, come diceva Gramsci, che non sarà breve né facile, ma che eviterà probabilmente i fallimenti delle rivoluzioni, sia vere che sognate. Ignazio

  • Conosco da tantissimi anni Martignoni ed è forse la prima volta che ci troviamo in completo dissenso. Purtroppo ha trovato un capro espiatorio per la triste deriva della “nostra” sinistra e per la sua sostanziale scomparsa: il M5S.
    La discussione sarebbe lunga, compresa quella sul complottismo di chi agita lo spauracchio della fantomatica Binngs group cui apparterrebbe il diabolico Casaleggio…
    Per chi non si accontenta della disinformazione a 360 gradi (escluso forse “Il fatto”, ma non sempre, ma incluso ahimè “Il manifesto”, fazioso in modo sospetto verso qualsiasi iniziativa del M5S, anche quando sostiene ciò che “Il manifesto” ha sempre sostenuto) consiglio di visitare ogni tanto le pagine dei gruppi parlamentari M5S: http://www.beppegrillo.it/movimento/parlamento/. In quelle pagine trovo tutto quello che negli ultimi 25 anni mi sarei aspettato dalla sinistra, da un’opposizione netta e chiara, da una forza di alternativa vera all’esistente. Invece la sinistra italiana si è estinta, innanzitutto quella detta “radicale”, perché ha preferito i giochi di potere o la velleità di chi pensava di avere uno “zoccolo duro” immortale e fedele.
    Guardando le varie iniziative dei gruppi parlamentari M5S non c’è traccia di “logica populista, qualunquista e reazionaria”. E poi non è vero che il M5S non prenda posizione sulle grandi questioni del lavoro, anche se sarebbe compito di persone “di sinistra” discutere con loro e tentare di orientarli eventualmente in modo adeguato ai conflitti, non respingerli e demonizzarli.
    Quanto ai “proclami anti-casta e anti-euro”: possibile che un coraggioso sindacalista di sinistra come Martignoni non colga come si sia creato un ceto politico peggiore di ogni altro paese europeo e di cui occorra liberarsi in nome della democrazia? Possibile che la sacralità dell’euro trovi proseliti anche in chi dovrebbe aver capito che l’Europa attuale è una finzione basata solo su un capitalismo finanziario che ha fatto della moneta unica lo strumento per portare indietro le conquiste sociali di mezzo secolo?
    Quanto alle “deprecabili gazzarre parlamentari”, di fronte alla devastazione di ogni regola democratica da parte del duo RenziBerlusconi è inevitabile che la discussione parlamentare sia animata: e per fortuna qualcuno lo fa!
    Del resto chi si è battuto senza se e senza ma contro il nucleare, contro gli F35 o contro la Tav (chi è stato condannato per aver sostenuto di persona il movimento noTav, Ferrero? Civati? Cofferati? Landini? Patta? No, Beppe Grillo, nell’unanime silenzio, come se fosse una cosa normale quella condanna che porta i movimenti in tribunale)? Quanto ai dissidenti, fa un po’ ridere vedere persone che non hanno mai fatto politica e che hanno avuto la chance di essere catapultati in parlamento senza alcuna gavetta, in un movimento che è sempre stato caratterizzato da un ruolo specifico del promotore (Grillo), fare i finti tonti e accorgersi solo ora di quali sono le regole del M5S.
    I referendum in rete sono una farsa? Preferisco che decine di migliaia di persone si esprimano in rete che pochi vertici partitici o sindacali decidano nel chiuso di un ufficio (le espulsioni o le “marginalizzazioni” dei dissidenti sono ben conosciute alla ex sinistra e non venivano o vengono certo sottoposte al vaglio diretto di 30.000 iscritti). Se essere contro lo ius soli è immediatamente assumere “posizioni xenofobe e razziste contro gli stranieri” vuol dire che il buonismo da elemosina ha fatto grande strada. E come mai quando la rete ha giustamente corretto il tiro di Grillo e Casaleggio sugli immigrati nessuno ha gridato allo scandalo, visto che i referendum in rete “sono una farsa”?
    Il Pci e la sinistra italiana hanno raggiunto il massimo dei consensi, negli anni Settanta, quando sapevano parlare a vaste aree sociali. Se ora lo fa il M5S, su posizioni intransigenti e coerenti intorno a punti cruciali, partendo dalla difesa della democrazia e della Costituzione, è un bene, perché potrebbe evitare ben altre derive elettorali del malcontento diffuso.
    Ho vissuto abbastanza fallimenti della sinistra per non illudermi ora che sia arrivata una novità decisiva. Ma sono certo che per dare una spallata a un sistema economico e istituzionale che giudico marcio e pericoloso, il M5S sia l’unico autobus da prendere in questa fase.

    Fabio Giovannini

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