«Drive_IN #Barona» e «Butterfly»

due recensioni di Susanna Sinigaglia

 

Drive_IN #Barona

È un’esperienza piuttosto singolare quella proposta dalla giovane compagnia milanese degli Strasse nell’ambito della rassegna in corso alla Triennale Teatro dell’Arte: un giro in auto per una sola persona nella periferia milanese della Barona.

L’appuntamento è fissato alle 19 davanti al pub Ittolittos (uno strano nome che si addice a questo strano esperimento) di via Olgiati. Mentre percorro la via quasi di corsa perché sono leggermente in ritardo, mi rendo conto che conosco già il luogo perché vi si trovano i locali di una società televisiva dove mi ero presentata a un casting tempo fa per una delle assurde trasmissioni che passano ora in Tv: Hotel da incubo! Curiosa associazione. Arrivo quindi un po’ ansimante al bar e chiedo (illogicamente) allarmata se siano già partiti senza di me ma ovviamente non avrebbe senso: il giro in auto è per un’unica persona e nella fattispecie la persona in questione sono io. Tanto è vero che mi sento chiamare e vedo una ragazza che si presenta come Francesca: sarà lei a condurmi a spasso per la Barona. Dopo aver risposto a qualche mia domanda di chiarimento, mi raccomanda di osservare bene quello che mi scorrerà davanti agli occhi, di comportarmi come se fossi seduta in una sala cinematografica a guardare un film, e perciò di non parlare: obbedisco.

A un tratto a una rotonda, ci appare una ragazza che corre sul posto e non si può non notare; Francesca, forse per essere certa che io me ne sia accorta, gira varie volte con l’auto intorno alla rotonda passando davanti alla ragazza e provocandomi un po’ di nausea, poi prosegue.

La Barona è un quartiere ancora circondato da campi e solcato da strade sterrate: ne imbocchiamo una lasciandoci lontano le case. Incontriamo strani personaggi che camminano sul ciglio della carreggiata ma anche persone che portano semplicemente a spasso il cane prima di cena, e a un tratto vicino a una cascina ci sbarra la strada un’auto ferma col bagagliaio aperto; non si riesce però a vedere che cosa contenga. Subito la fantasia galoppa verso film o libri polizieschi sulla Milano violenta alla Scerbanenco: ci sarà dentro droga, o addirittura un cadavere? Mi chiedo un po’ inquieta: che mi vogliano spaventare? Francesca fa marcia indietro e volta la macchina nella direzione da cui siamo arrivate; mentre passiamo davanti alla cascina vi vedo entrare uno strano personaggio che avevo già adocchiato davanti all’Ittolittos. Dopo pochi chilometri, Francesca si ferma di nuovo e da sotto la vettura (almeno a me sembra così) sbuca un giovane che avevo già visto in precedenza, davanti all’auto col bagagliaio aperto. Che vorrà? Sembra proprio nulla e noi proseguiamo per la nostra strada. A questo punto però la mia percezione di quanto si muove intorno a noi è cambiata e ogni volta che incrociamo un’altra auto o qualche persona, mi domando se l’incontro sia casuale o faccia parte della sceneggiatura prevista dagli Strasse. Questa incertezza sull’identità delle persone – che non sai se siano comparse consapevoli o passanti ignari entrati per caso in un gioco orchestrato da qualcun altro – e sull’autenticità delle situazioni, lo slittamento del reale nella finzione e viceversa, costituisce la parte più interessante dell’esperienza.

Mentre capisco che stiamo ritornando indietro all’Ittolittos, e che non sta succedendo più niente, provo tuttavia una punta di delusione come davanti a un atto mancato. Mi sembra che si sia troncata una storia proprio mentre stava iniziando e così non avrei mai saputo che cosa ci facesse quell’auto con il bagagliaio aperto a sbarrare l’accesso della strada sterrata, né chi fossero gli abitanti della cascina e se fosse davvero abitata… Soprattutto penso che sarebbe stato bello entrare a far parte di quelle scene e diventarne la protagonista, e invece sono rimasta in macchina in silenzio così come mi era stato richiesto.

Adesso però mi domando: che cosa sarebbe successo se su quella strada sterrata, malgrado le indicazioni di Francesca, davanti all’auto con il bagagliaio aperto fossi andata a curiosare per scoprirne il contenuto?

http://www.triennale.org/teatro/strasse-drive_in-barona-ripresa/

 

Butterfly

Inserito sia nel programma di Uovo kids1, che si è svolto a Milano il 21 e 22 ottobre, sia nella rassegna di Triennale Teatro dell’Arte, questo spettacolo dei Kinkaleri raggiunge punte di poesia e creatività davvero notevoli.

L’interprete maschile, Marco Mazzoni, entra in scena armato di scotch di carta con cui inizia a tracciare, davanti ai nostri occhi ammirati, il perimetro di una casa giapponese, ne costruisce gli interni e poi va a sistemarsi dentro la casa apparendoci come se vi si trovasse in piedi; effetto creato con l’ausilio di una videocamera che lo riprende dall’alto e ne proietta l’immagine sullo schermo sistemato in fondo al palco. Comincia a raccontare l’antefatto interpretando i vari personaggi che introduce volta per volta portandosene al volto in sequenza la maschera piatta legata a un bastone. Facciamo così conoscenza del tenente della marina statunitense Pinkerton di cui Butterfly si è perdutamente innamorata mentre, ci viene spiegato sin dall’inizio, Pinkerton l’ha sposata solo per gioco. Entra poi in scena il console, il brav’uomo che dovrà portare a Butterfly la notizia, tragica, del ritorno di Pinkerton al solo scopo di portarle via il bambino nato nel frattempo; lo zio di Butterfly, che la ripudia in nome di tutta la famiglia; la fedele domestica, l’unica persona che rimane accanto a Butterfly: tutti personaggi cui dà corpo e voce lo straordinario Mazzoni.

E infine entra in scena lei, Butterfly, l’eroina rappresentata da un’artista altrettanto straordinaria, la soprano giapponese Yanmei Yang che interpreta le arie più celebri dell’opera con una grazia

e un’intensità infinita. Le scene che si susseguono sono sempre disegnate a terra da Mazzoni con l’ausilio del nastro adesivo che maneggia con una destrezza sbalorditiva. A volte sono scene

divertenti, come quella del dancing dove Pinkerton porta a ballare Butterfly, altre singolarmente poetiche, come quella della collina dove si reca sempre Butterfly ad aspettare la comparsa del celeberrimo “fil di fumo”. Soprattutto è sorprendente l’abilità dell’artista nel tracciare le curve con lo scotch per costruire colline, arbusti o ponticelli, elementi tipici delle miniature giapponesi. Spezza la drammaticità del racconto l’invito a salire sul palco rivolto al pubblico dei bambini, accolto da un piccolo esperto dei palcoscenici, spigliato e sicuro di sé. Gli viene chiesto di portare a Butterfly un messaggio sgradevole che gli adulti non hanno il coraggio di comunicarle, e il piccolo se la cava perfettamente nel ruolo del “messaggero che non porta pena”.

Così si arriva al tragico finale e Butterfly disperata si suicida in un bagliore rosso, per essere immortalata come farfalla dalle ali bianche vestita di blu sullo sfondo blu del cielo notturno.

http://www.triennale.org/teatro/kinkaleributterfly/

https://vimeo.com/128351015

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 Uovo kids è un festival di teatro e arti visive dedicato ai bambini, ormai arrivato all’VIII edizione, che ha luogo a Milano a volte in primavera a volte in autunno e comprende lo svolgimento di laboratori rivolti ai bambini ma anche agli adulti “accompagnati”, spettacoli e installazioni interattive. Finora aveva sede al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci ma quest’anno vi si sono aggiunte altre due sedi prestigiose, la Triennale di Milano (nella sua doppia veste di museo del design e di teatro) e la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Come recita il comunicato stampa, l’idea chiave che ha accompagnato il percorso di Uovo kids “è quella di chiamare a raccolta alcuni tra i protagonisti più apprezzati nei diversi campi della creatività contemporanea per metterli a confronto con il mondo dell’infanzia, alla scoperta di approcci originali e curiosi a materie solo in apparenza complesse”.

Susanna Sinigaglia
Non mi piace molto parlare in prima persona; dire “io sono”, “io faccio” questo e quello ecc. ma per accontentare gli amici-compagni della Bottega, mi piego.
Quindi , sono nata ad Ancona e amo il mare ma sto a Milano da tutta una vita e non so se abiterei da qualsiasi altra parte. M’impegno su vari fronti (la questione Israele-Palestina con tutte le sue ricadute, ma anche per la difesa dell’ambiente); lavoro da anni a un progetto di scrittura e a uno artistico con successi alterni. È la passione per la ricerca che ha nutrito i miei progetti.

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