Dubois-Collet, Fabietti, Marchesi, Pallante, Pievani più ….

più “L’ultimo uomo” (sito) e il trio Ricci-Afrifa-Rimondi

7 recensioni di Valerio Calzolaio

 

Concetto Marchesi

«Perché sono comunista»

a cura di Luciano Canfora

Sellerio

106 pagine, 12 euro

1945 e 1956. Italia. Concetto Marchesi (Catania, 1878 – Roma, 1957) divenne comunista. Si iscrisse al PSI nel 1895 prima di iniziare Lettere all’università etnea. Si laureò a Firenze nel 1899. Insegnava al liceo e nel 1908 fu consigliere dei democratici radicali a Pisa. Si sposò, ebbe una figlia. S’innamorò di Marx, fu docente di letteratura latina all’università di Messina. Si laureò in Giurisprudenza (per essere indipendente se lo avessero allontanato da antifascista), insegnò latino a Padova, giurò l’adesione al PNF e mantenne sempre i contatti col PCI, divenne Rettore a fine 1943, espatriò, fu eletto alla Costituente e nel Parlamento repubblicano fino alla morte. Ad aprile 1945 a Roma parlò su “La persona umana nel Comunismo”, a febbraio 1956 a Milano spiegò “Perché sono comunista”, nel successivo dicembre intervenne all’VIII° Congresso del Pci con un “testamento politico”. I tre discorsi sono ora splendidamente raccolti in volume, con un’eccelsa lunga prefazione di Canfora.

 

Telmo Pievani

«DNA. Un codice per scrivere la vita e decifrare il cancro

Mondadori

128 pagine, 18 euro

Il pianeta Terra. Da quando c’è replicazione della vita. Il Calendario Cosmico ci dice che noi sapiens siamo apparsi al mondo più o meno alle 23 e 32 minuti del 31 dicembre, la vita era iniziata a Capodanno dell’anno precedente, non appena le condizioni ambientali lo permisero; fino al 9 maggio solo organismi replicanti simili ai batteri; fino al primo novembre solo organismi monocellulari: i dinosauri arrivano il 9 dicembre, i primati il 26: pochi giorni fa per capirci. Adesso fortunosamente siamo qui, alla mezzanotte spaccata del 31 dicembre della eccezionale storia compatta della vita, una filigrana biologica che non si spezza mai. I quattro elementi chimici protagonisti sono l’onnipresente idrogeno, il duttile carbonio, il prezioso azoto e l’assai reattivo ossigeno; dunque, siamo figli delle stelle per la loro stessa origine. Nella pozzanghera energetica iniziale o al caldo delle sorgenti idrotermali, un’aggregazione più stabile di molecole orientò le successive aggregazioni, diventando portatrice di informazione, capace con l’aiuto degli aminoacidi di trasferire messaggi che generano conseguenze, autoreplicandosi indefinitamente, catene di RNA. Poi si aggiunse un altro biopolimero più lungo, stabile ed efficiente, a doppia elica (due filamenti complementari appaiati), l’acido desossiribonucleico, ADN per le lingue neolatine, noto per tutti all’inglese cioè DNA. Da 3,5 miliardi di anni resistono e resiste a stravolgimenti e catastrofi, replicandosi senza sosta come un linguaggio abbastanza semplice composto di sole quattro lettere: A di adenina, G di guanina, C di citosina, T di timina. Sarà meglio approfondirne la conoscenza, è un obbligo civico primario dello stare al mondo con gli altri esseri e fattori attorno, biotici e non biotici, viventi umani e non umani.

Il competente maestro di cultura scientifica universale Telmo Pievani (Bergamo, 1970), docente di Filosofia delle scienze biologiche e prorettore a Padova, direttore di Pikaia (il portale italiano dell’evoluzione), direttore di Il Bo Live, aveva scritto il “libretto” e gestito sul palcoscenico la presentazione di uno spettacolo di musica, immagini e scienza progettato dalla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, che ha girato nei teatri e nei festival di tutt’Italia da aprile 2019 alle chiusure del 2020 connesse all’emergenza sanitaria. I contenuti si sono evoluti in un interessante volume, con prefazione dell’oncologo molecolare Paolo Di Fiore e precise infografiche di Marino Capitanio, senza apparati (solo una decina di indispensabili rimandi bibliografici). Il testo forse è meno coinvolgente dal punto di vista emotivo ma offre una sintesi mirabile dei meccanismi che alimentano la vita, anche nostra, e purtroppo anche il cancro. La lettura inoltre si può replicare all’infinito (o quando serve ancora), la specie umana ha imparato a tramandare informazioni pure a prescindere dal DNA. Dopo le origini, i capitoli trattano temi cruciali in modo chiaro e accessibile: Il Caso e la Necessità; Last Universal Common Ancestor (LUCA); Potere al collettivo, la cooperazione cellulare; Ritorno all’egoismo, il cancro; Elogio della serendipità. Quest’ultimo termine fu usato con il suo significato moderno per la prima volta nel 1754 da Walpole, allude a curiosità libertà inventiva imprevedibilità: cercare qualcosa e trovare tutt’altro. Quando si sconfina in altre discipline, quando non si hanno obiettivi prefissati, quando la soluzione di un problema è inattesa, quando si scopre casualmente qualcosa che serve a risolvere successivamente un altro problema. Tutto ciò non sarà per caso. Né per necessità. Può essere favorito, nulla è scontato: la natura è sempre più grande della nostra immaginazione di scienziati e filosofi, ed è sempre pronta a sorprenderci. Dovremo sempre più essere geneticamente consapevoli: Pievani ci aiuta!

 

Debora Fabietti

«La Gallina Commedia»

Europa edizioni

92 pagine per 15,90 euro

Ecosistemi animali. Magari. Non divina bensì animale, sempre di commedia trattasi. Dopo un casuale incidente, alla ricerca della direzione giusta verso la civiltà, un pollo qualunque e un’abile gallina si addentrano e avventurano in vari posti, selve buie ed ecosistemi sconosciuti. Attraverso colorate illustrazioni, versi poetici in pergamena, brevi racconti in prosa la docente d’inglese ed etologa militante Debora Fabietti rivisita Dante e narra di noi oggi. Il bel volume «La Gallina Commedia» è stato pensato per bambini e ragazzi tra i 9 e i 13 anni, pur risultando una godibile lettura per tutti, con protagonisti volpi ed elefanti, pinguini e oranghi, api e buoi, chiocciole e tartarughe. Una parte dei proventi contribuiranno a sostenere Plastic Free ODV Onlus nella riabilitazione proprio delle tartarughe danneggiate dalla plastica in mare (di loro si parla nella Pergamena IX), utile complemento all’impegno per eliminare completamente la plastica monouso dal mercato, almeno italiano.

 

Francesco Pallante

«Elogio delle tasse»

Edizioni GruppoAbele

160 pagine, 14 euro

Il pianeta sapiens. Da quando ci sono Stati. Secoli fa fu inventato un aforisma che riduce a due le sciagure supreme e certe dell’umana esistenza, la morte (alla fine) e le tasse (durante). Esiste in varie versioni e in varie lingue, ancora oggi va considerata una convinzione introiettata, tanto da singoli individui quanto nel vivere sociale: sarebbero i rischi da evitare quanto più possibile. La morte è un dato biologico, ognuno ha i propri modi per confrontarcisi. Le tasse sono una presenza istituzionale, per farvi fronte ci sono uno strumento formale, il sistema fiscale, e un interlocutore obbligato, il potere pubblico. Chi le considera una iattura tende inevitabilmente ad avversare le forme e i sistemi di quel potere, le leggi e i governanti, in pratica e in teoria. Nella realtà, al di là delle ironie degli umoristi, è sbagliatissimo assimilare le tasse alla morte. Le tasse sono una indispensabile libera regola se viviamo associati, altrimenti saremmo solo in preda all’arbitrio di chi può, nessuno sarebbe certo delle proprie libertà e dei propri diritti in mezzo agli altri individui della nostra stessa specie e della comunità. Le tasse rappresentano lo strumento essenziale attraverso cui l’esistenza umana, altrimenti rimessa alle dinamiche della forza bruta, può essere condotta secondo le logiche, pur plurali e conflittuali, della ragione sapiente. I sistemi tributario e fiscale consentono la possibilità stessa della pace civile. Solo le tasse consentono allo Stato di assolvere proprio alle sue due funzioni essenziali, entrambe assai costose: la prima è la pace, interna e internazionale, istituzionale e politica, economica e culturale; la seconda è l’attuazione dei diritti e delle libertà costituzionali, civili politici sociali. Altro che legame con la morte: le tasse si legano alla vita! E, negli ordinamenti democratici, alla vita libera! Meglio non scordarlo mai e documentarsi a riguardo. Aiuta a pagarle con più consapevolezza e minor fastidio, il dovuto.

Il costituzionalista Francesco Pallante (Torino, 1972) in un volume agile e chiaro ricostruisce il significato delle tasse, spiegando efficacemente perché è indispensabile che ne esistano e come dovrebbero essere organizzate per funzionare meglio. Nei capitoli della prima parte ricostruisce le realizzazioni pratiche e le originarie elaborazioni teoriche che hanno favorito modi di vedere opposti sulle tasse (molto evidenti se si analizzano i conflitti sociali e politici negli Stati Uniti) affidandosi a una sintesi positiva derivante dal coniugato disposto delle riflessioni di Hobbes e Weber e dall’avversione per l’interessata ferocia dei paladini della lotta per la presunta libertà dalle tasse (totale in Rothbard, massima in Locke e Nozick). Seguono i capitoli sulle ragioni collettive della raccolta di risorse attraverso il sistema tributario, in specifico sulla teoria economica dell’utilità marginale della ricchezza e sull’equo sano principio giuridico della progressività fiscale. L’autore passa poi a descrivere il dibattito italiano all’Assemblea Costituente (contrassegnato più dalla Dc che dal Pci, comunque dalla loro alleanza) e il conseguente significato “einaudiano” della nostra Costituzione, ricostruendo, infine, le fasi storiche delle normative nazionali sulle tasse da settant’anni a questa parte (dall’iniziale coerenza e dal positivo impulso di Visentini fino al successivo, più recente, allontanamento dal modello). Il volume non difende ogni singola tassa qualunque ne sia l’entità e la platea, ne elogia il senso indispensabile e il valore sostanziale per tutti (di qui il titolo) e si conclude con le misure che sarebbero necessarie per ridare vitalità e progressività al progetto costituente (non certo la flat tax) dal punto di vista del diritto e della giurisprudenza costituzionali, nell’ambito di una teoria dei diritti incentrata sull’effettiva attuazione (con spunti soprattutto da Holmes-Sunstein, da Rawls e da Piketty). Alla fine di ognuno dei tredici capitoli vi sono lunghe dettagliate discorsive note bibliografiche.

 

Valentina Ricci, Viola Afrifa, Romana Rimondi

«Via libera. 50 donne che si sono fatte strada»

Sonzogno

208 pagine per 17,90 euro

In giro per l’Italia. Ora, non solo l’8 marzo. Sono pochissime le donne alle quali è stata intitolata una strada nel nostro Paese. Da alcuni dati emerge che ogni cento vie e piazze dedicate a uomini (di ogni tipo) poco più di sette altre sono intitolate a donne (perlopiù sante, martiri, madonne, rarissime scienziate, artiste, patriote). Sono impietose statistiche maschiliste. Tre brave giornaliste (due radiofoniche e una illustratrice) Valentina Ricci, Viola Afrifa e Romana Rimondi hanno geolocalizzato e narrato cinquanta luoghi da studiare o visitare per le interessanti persone che li contraddistinguono, con brevi frasi delle protagoniste, da Ponte Alda Merini a Milano a via Peppa la Cannoniera a Catania, via Tina Modotti e via Laura Conti a Udine, via Trotula De Ruggiero a Salerno, piazzetta Matilde Serao a Napoli, via Margherita Hack a Lucca, Giardino Fernanda Gattinoni e Largo Nella Mortara a Roma, Corso Stamira ad Ancona, via Frau Emma a Bolzano, Rotonda Sorelle Avegno a Genova.

 

AA. VV. – a cura di “l’Ultimo Uomo”

«La caduta dei campioni. Storie di sport tra la gloria e l’abisso»

Einaudi

196 pagine per 13,50 euro

Il pianeta Terra. Da quando c’è selezione sportiva. “l’Ultimo Uomo” è un sito di sport e una rivista online, nati nell’estate del 2013, che raccolgono storie di sportivi, concentrate però sulle sfumature e sulle zone d’ombra. È stata fondata da Timothy Small e Daniele Manusia, direttore Daniele Manusia (Roma, 1981), redazione (discutibilmente tutta maschile) con Emanuele Atturo, Dario Saltari, Marco D’Ottavi, Federico Aquè, Dario Vismara, Lorenzo Bottini. Trovate gli articoli sotto pochi richiami: il tema, l’autore del testo, la durata di lettura, il titolo (generalmente con l’uomo o la donna in questione) e il sottotitolo di lato a una grande bella foto a colori. Il sito è stato acquistato da Sky nell’ottobre del 2018 e ora appare in alto a destra anche il relativo logo. Gli autori prendono spunto da una specifica notizia dell’ultima ora e poi investigano sulle vite dei singoli protagonisti, più o meno campioni, accanto ai contesti sociali che li celebrano e coccolano, e talvolta ostacolano fraintendono abbattono, più o meno. I temi principali sono cinque: calcio, NBA, sport (gli altri), dizionario tattico ed expected goals (potenziale offensivo). Poche enfasi e retorica, molte informazioni e scandagli. Il successo è stato crescente, anche prima dell’arrivo su Sky: vari argomenti e pezzi sono divenuti quasi di culto fra tifosi non viscerali e addetti ai lavori (rispetto ai siti di soli risultati, spesso combinati a scommesse); scrittori e collaboratori sono spesso motivati, competenti, giovani e curiosi; i testi risultano corposi e ben fatti, attenti sul piano dell’approfondimento tecnico-culturale e dello stile letterario; le riflessioni vengono frequentemente riprese da altri organi di informazione; ormai circa 150.000 seguono la pagina Facebook, soprattutto appassionati di calcio, ma non solo.

Il grande enigmatico cestista Andrea Bargnani (Roma, 1985) forse è stato un dolente campione indolente. Alto 213 centimetri per circa 115 chilogrammi di peso, fin da giovanissimo era apparso un eccelso atleta, mobile e preciso, chiesto presto fra le stelle americane. Già nel 2006 era divenuto il primo europeo a essere scelto con la chiamata numero uno al Draft Nba, destinato ai Toronto Raptors. Dopo qualche fisiologico passaggio a vuoto aveva ottenuto il secondo posto nel premio per il miglior esordiente della Lega. Fra il secondo e terzo anno, problemi fisici e caratteriali, incomprensioni e sfortune avviarono un calo dal quale non è più riuscito a riprendersi bene, come “peggior nemico di sé stesso”, ossessionato dallo sport, pur fra alti e bassi, giocando comunque dieci stagioni e segnando 7971 punti, 73 volte nella nazionale italiana, guadagni per oltre 70 milioni di dollari. Chi vuole capire deve scavare sull’ambivalenza della personalità di ciascun sapiens, anche di campioni storicamente determinati, approfondire, rispettare verificare comparare le stesse cadute (da cui il titolo). “Andrea Bargnani contro il basket” è l’utile saggio del redattore di basket D’Ottavi che chiude la prima raccolta di dieci interessanti racconti sportivi curata in autorevole dimensione cartacea dalla rivista “l’Ultimo Uomo”, un volume firmato significativamente in modo collettivo. Si parla di alcuni campioni che forse hanno sprecato parte del loro sensibile talento, delle ossessioni comuni e del fragile competere, di qualche aspettativa persa e dei parziali fallimenti. Prima ci sono: il tragico sorriso brasiliano del fantasista Imperatore Adriano Leite Ribeiro (Manusia), la Vetta, l’Abisso, la Gloria e la rabbia di Marco Pantani (Matteo Nucci), i misteriosi attacchi d’ansia dell’attaccante spagnolo Bojan Krkić Pérez (Emiliano Battazzi), il nuoto sofferto della lituana Rūta Meilutytė (Giuseppe Pastore), l’esempio forse da non seguire dell’istrionico fantasista inglese George Best (Saltari, che narra in prima persona), le scelte più o meno folli del tennista russo Marat Safin (Atturo), la commendevole storia del calciatore Antonio Cassano (Tommaso Giagni), la altalenante commedia dell’inglese centrocampista clown (ora naufrago all’Isola dei Famosi) Paul Gazza Gascoigne (Fabrizio Gabrielli), il talento arrogante e il genio sregolato del centrocampista Domenico Morfeo (Aquè). Sono protagonisti dell’ultimo mezzo secolo: prima di tutti nacque Best (Belfast, 1946), da ultimo Meilutytė (Kaunas, 1997). In fondo al volume una accurata bibliografia e sitografia (riferita anche ad alcuni video) distinta per ciascuno dei dieci personaggi.

 

Sophie Dubois-Collet

«La storia prende il treno»

traduzione di Enrico Pandiani

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248 pagine, 16 euro

Strade ferrate. Da un paio di secoli. All’inizio del XIX secolo la Francia è ancora un Paese sostanzialmente rurale. Come l’Italia (poi ancora per molto tempo). Se ci si muove dal proprio posto, si viaggia su diligenze poco confortevoli o su carrozze postali (ben lo sperimenta Leopardi) che sono i mezzi di trasporto più veloci. Nel 1830 questi veicoli permettono di compiere la distanza Parigi-Bordeaux (quasi seicento chilometri) in quarantacinque ore. In Inghilterra invece il treno ha già permesso di ridurre i tempi: dal 1804 è attiva nel Galles una prima locomotiva a vapore. In Francia occorre attendere decenni e, inoltre, per altri decenni le vetture con trazione animale coesistono con le poche linee ferroviarie. In territorio (ora) italiano si inizia con la Napoli-Portici: dieci minuti per 7,64 chilometri a doppio binario da corso Garibaldi alle pendici del Vesuvio, inaugurata il 3 ottobre 1839 da Ferdinando II, re delle Due Sicilie, sotto la supervisione del progettista, un ingegnere francese, con locomotive ovviamente inglesi: nei successivi quaranta giorni vi saliranno circa 85.000 passeggeri, più per curiosità che per necessità. Dubois-Collet, colta studiosa francese, ha opportunamente deciso di narrarci con garbo di viaggi e binari, di re regine presidenti papi, di incidenti e rapine, di amori e film, attraverso la minuziosa cronaca di quarantatré vere avventure, brevi e brevissimi capitoli incentrati su storie di treni negli ultimi due secoli in varie parti del mondo. Dalle Indie alla Russia, dagli Stati Uniti al Sudafrica, dal deragliamento del 1865 con a bordo Charles Dickens e compagna all’assalto al treno della Kansas Pacific da parte della banda di Jesse James, dall’Orient-Express al Train Bleu.

La giovane giornalista Sophie Dubois-Collet, dopo aver scritto su “portafortuna” certificati fra i luoghi di regioni francesi, in procinto di affrontare storicamente il mare dopo il treno, riesce a informare e divertire con svariate memorie ferroviarie. Forse non esiste invenzione umana che abbia trasformato il paesaggio rurale e urbano quanto il treno. Due secoli fa prevalsero meraviglia e perplessità, pochi furono capaci di prevedere l’invasione futura; eppure già i primi vagoni per trasportare il carbone delle miniere (tirati da cavalli) mettevano paura ma inducevano a salire per provare la novità. Poi nel corso dell’Ottocento le carrozze conquistarono terreno e si trasformarono in appartamenti poveri o lussuosi, casseforti, armi, uffici mobili, oggetti d’arte, sedi di trattative militari. A vapore o elettrici, i treni hanno segnato e modificato la Storia contemporanea e per molto tempo ancora ne tracceranno la strada. Hanno trasportato o deportato masse indistinte (ben più che celebri personalità) e miliardi di tonnellate di merci e tanto impattato su quasi ogni paesaggio, pure metropolitano e architettonico; enormemente anche sulle arti visive, dalla scrittura al cinema, dalla pittura alla fotografia; contrassegnati da minuscole o imponenti stazioni dall’inizio alle tappe e alla fine. Il volume è pieno di riferimenti multimediali e interdisciplinari, non vuole essere un saggio scientifico, né sceglie una lineare cronologia, piuttosto si tratta di una affascinante carrellata di ricordi, aneddoti, sceneggiature ed episodi memorabili, alcuni (non tutti) in parte entrati nell’immaginario collettivo dei viaggiatori contemporanei.

 

Redazione
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