E la Sicilia “normale”?

di Lella De Marco

GianfrancoRosi-Berlino

POSSIAMO PARLARE DI SICILIANI NORMALI? DI CHI NON E’ EROE MA DELLA SUA VITA FA UN IMPEGNO CIVILE UMANO E CULTURALE ESSENDO SOLTANTO UMANO FUORI DA MAFIA, POTERE MAFIOSO E NON, CORRUZIONE, INTRALLAZZI ET SIMILIA ?

Mi trovavo a Parigi quando,nel 1981, le Brigate Rosse facendo il loro ennesimo colpo “mediatico” suscitarono nella stampa francese e forse internazionale titoli come quello che lessi su LE FIGARO «italiani spaghetti e P38» e sotto una foto significativa di connessioni: un bel piatto bianco con dentro fumanti spaghetti al pomodoro e sopra appunto una P38. Mi sono sentita molto offesa dal connubio, dai luoghi comuni dai pregiudizi e soprattutto dalla assenza di verità . Ma questo è un fatto mio, il grave è l’uso fatto dalla stampa.

E vengo alla Sicilia e ai siciliani RAPINATI dei beni ma anche espropriati delle loro idee, produzione culturale, novità artistiche che spesso ci sono e rimangono di nicchia dove sono? Se non sei funzionale al potere, se non produci plus valore allora sei oscurato. E non esistere nella comunicazione ufficiale equivale a NON ESSERE, a non entrare nella conoscenza, nella memoria, nella trasmissione di verità/ realtà.

Sono felice, naturalmente, per l’orso d’oro di Berlino a MALAMMARE, il film di ROSI, e spero che ci siano al seguito azioni politiche significative ma cosa erano i lampedusani prima degli sbarchi dei migranti? molluschi che si confondevano con gli altri pesci nel mare?

La frase di un giornalista non proprio allineato mi ha colpita oggi a tale proposito e mi piace riportarla «i siciliani sono più vicini all’Africa che all’Europa per questo afferrano la verità».

Ma i lampedusani (temo stia diventando un vocabolo mediatico per indicare coraggio e abnegazione… e forse indicare che basta questo per mandare avanti il Paese, senza scelte politiche impegnative) sono quelli che accolgono e danno solidarietà, anche in altre zone portuali della Sicilia, quelli che hanno contribuito a fare grande l’Italia nel mondo con cultura, invenzioni, scoperte scientifiche… anche quelli che sono finiti in fondo al mare con tutti gli altri-le altre che non sono riusciti a sbarcare.

Ogni tanto sento esaltare le doti letterarie (e non solo) dell’autore della fortunata serie televisiva del commissario Moltabano. Con tutto il rispetto mi piace e mi diverte. Ma i siciliani non sono tutti creativi e brillanti; e i meriti di Camilleri sono ingigantiti dal successo televisivo che rilancia la figura, i libri, la produzione editoriale, le vendite… in ultima analisi il profitto. Detto questo, il valore c’è e non lo nego ma lo avevano anche i giovanissimi intellettuali che negli anni ’60 a Trapani e Palermo discutevano, pensavano, scrivevano, attaccando il modo tradizionale di fare letteratura. Ed erano i primi, scollegati dal mondo per motivi tecnologici e geografici, a pensare a una avanguardia letteraria- artistica come rottura di schemi, linguaggio, semantica, contenuti di romanzi e poesia. Animavano punti di discussione intorno a Flaccovio , allora unico mecenate a Palermo. A poco a poco scoppiò la febbre “di avanguardia” in Italia e in Europa, quei giovani ebbero la forza e la fortuna di avvicinare G. G. FELTRINELLI che pubblicò i loro testi e costruì con loro il primo convegno a Palermo di quello che, con altri intellettuali del Nord, è diventato il Gruppo 63. Quel gruppo ha avuto riconoscimenti, è entrato nelle antologie ufficiali. Alcuni esponenti hanno fatto carriera nelle università, alla Rai, nelle case editrici. I giovani siciliani sono stati dimenticati ed esclusi. Perché non erano allineati? Forse. Hanno fatto scelte culturali e politiche in autonomia. Penso a Roberto Di Marco, Michele Perriera, Gaetano Testa, Nat Scammacca, Crescenzio Cane…

Per concludere il mio breve contributo in questa sede, che spero non appaia soltanto sfogo emotivo, cito un testo che ho appena letto e di cui vorrei parlare più avanti: «MALEFICA» di Laura Gancitano (nata a Mazara del Vallo, vive e lavora a Roma): un testo fra mito, archeologia della mente, ricerca e analisi sulle fiabe e i loro archetipi. Nel leggerlo ho ritrovato persone e scene della mia infanzia a Trapani: ME-NANNA, la SCHETTA RANNI ARRAGGIATA LA SPARLITTERA, A MIRIUSA LA FATTUCCHIERA… il conflitto eterno fra donne e fra donne e uomini, nel quotidiano come nella leggenda e nella fiaba .

Il dolore delle donne, la vittoria del patriarcato, l’azzeramento del sacro femminile.

La nostra ferita subita è ancora da rimarginare. Occorre lavorare su noi stesse , sul piano culturale per trasformare l’infelicità e la rabbia delle donne in salvezza ed energia positiva per tutti/e. E’ possibile. Anche in questo le donne trapanesi/siciliane hanno dato e danno il loro contributo esemplare. Occorre nominarle, farle esistere nella cultura ufficiale, conservarle nella memoria. Apprendere da loro.

 

NELL’IMMAGINE il regista Gianfranco Rosi riceve l’Orso d’oro a Berlino

 

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