E’ morto Fernando Eros Caro

un msg di Marco Cinque (*)

FERNANDO EROS CARO CI HA LASCIATO
Il mio fratello adottivo yaqui, Fernando Eros Caro, prigioniero da 35 anni nel braccio della morte di San Quentin, ci ha lasciato. Aveva 77 anni. Lo hanno trovato senza vita nella sua cella, il 28 gennaio. Non si sa come sia morto, al telefono il medico diceva che le sue condizioni di salute erano buone. La stranezza è che nel giro di pochi giorni è deceduto anche un altro detenuto a San Quentin. L’unica consolazione per Fernando è che adesso non dovrà più subire il degradante protocollo delle sentenze capitali. Qui una poesia che scrissi per lui nel 2007, il giorno successivo al nostro primo incontro in carcere…

§§§

FRATELLO NEL BRACCIO
(a mio fratello Fernando Eros Caro)

Sguardi ingabbiati
in tuguri vuoti di speranza
tombe di carne ancora sorridono
nella vergogna smarrita dell’umanità
fioriscono volti d’innocenza incompiuta.

Mi sento colpevole mille volte
per quanto non lo sia
per quanto non condivida
per quanto mi opponga in ogni modo
che ogni modo non è mai abbastanza.

Straniero in questo campo di morte
l’orizzonte chiuso di vite a perdere
gente! qui nessuno uccide o viene ucciso
soltanto burocrazia da smaltire
nell’immarcescibile banalità dell’orrore.

Ho stretto le tue mani dopo
un gelido click di manette
ci narriamo l’infinito dagli occhi
viaggiando in ogni possibile dove
passi invisibili oltre, oltre
oltre cancelli & secondini.

Un uomo a due gabbie da noi
barcolla come un grido spezzato
col suo dolore implorante dentro
gli occhiali più grandi del viso
prego lacrime nelle sue ferite.

Una bambina piange suo padre
forse per l’ultima volta
fuori di qui, al di là di questi muri
la libertà tace come un privilegio incompreso
ciascuno torna alla sua
quotidiana prigione.

ma tu, Yoeme, persona antica
tu, Saai Maso, popolo del cervo
fratello mio
tu, storia vivente
resistere da più di 500 anni
tu, davanti a me, come un’alba
non ti piegherai, non ti piegheranno
il tuo dono è il mio sogno

un saluto Yaqui da lasciare al vento
nello spirito che evade all’incubo
sul nostro abbraccio che non finisce
che non finisce
mai!

(*) postato su Facebook e poi segnalato in rete. Nella foto qui sotto Marco e Fernando insieme.

 

QUI IN “BOTTEGA” più volte abbiamo lasciato la parola a Fernando Eros Caro ma anche raccontato di lui attraverso varie voci e parlando dei suoi libri. Lo sentivamo ormai un amico e oggi ci uniamo al dolore di quanti erano in relazione con lui (db)

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

  • Grazia Guaschino

    ARRIVEDERCI CARISSIMO NENDY!
    Carissimo Fernando, dolce amico,
    Il 31 gennaio ho appreso con immenso dolore che sei stato dichiarato morto, dalle autorità carcerarie della California, alle ore 23,45 di sabato scorso, 28 gennaio.
    La tua morte lascia me e di certo tanti altri tuoi amici sbigottiti e affranti: nelle tue lettere (l’ultima arrivata proprio il 31 gennaio e datata 19 gennaio) hai sempre dichiarato di stare bene di salute. Pare che tu si amorto nel sonno, di infarto. Ultimamente dicevi che faceva così tanto freddo nel carcere.
    Nendy, hai riempito il mio cuore di affetto e di tanta sollecita amicizia: hai già da tempo un posto nel mio cuore, e lo avrai finché avrò vita. E dopo, spero tanto di vederti e di abbracciarti in Cielo (perché tu sei certo già lì: l’inferno l’hai subito tutto sulla terra).
    In questi anni di amicizia sincera e profonda mi hai arricchito immensamente, e con le tue lettere hai dato tante testimonianze di amore e di bontà schietta. L’ultimo tuo gesto, di utilizzare una parte del nostro regalo a te, per offrire a tutti i condannati del tuo settore un dolce per Natale, in modo che nessuno di loro trascorresse quel giorno senza un po’ di dolcezza, è l’ulteriore prova della tua straordinaria sensibilità e generosità. Come quando volesti a tutti i costi che i profitti della vendita del tuo libro “Non smettete mai di sognare” andassero al Comitato per gli scopi abolizionisti e nulla venisse mandato a te.
    Hai sofferto tanto e hai saputo trarre dal tuo dolore tanta saggezza e purezza di animo: non ti lamentavi quasi mai, ma per chi ti voleva bene e sapeva leggere tra le righe dei tuoi scritti quello che non dicevi a parole, si capiva che avevi una battaglia durissima quotidiana da affrontare contro la depressione e la disperazione. Ma riuscivi sempre a vincere e non volevi mai pesare su nessuno, incoraggiando sempre i tuoi amici a “non smettere mai di sognare e a continuare a sorridere”.
    Sapevi anche godere con l’entusiasmo di un bambino delle gioie piccolissime che la vita ancora ti dava: i biglietti di auguri che ricevevi dagli amici, i pensieri gentili che ti mandavano coloro che ti volevano bene, le feste di Natale. Per queste soprattutto il cuore ti si riempiva di gioia: la possibilità di vedere alla televisione film carini e decenti, qualche cosina un po’ meno cattiva da mangiare, le musiche natalizie, i poveri addobbi con i quali decoravate le vostre celle e il corridoio del braccio… ogni anno, quando toglievi i biglietti dal muro, rivelavi la malinconia intensa che provavi, dicevi che era come se gli amici che erano venuti a trovarti tornassero a casa loro dopo la festa, ma, subito, correggevi la tristezza con la speranza: verrà un altro Natale e gli amici torneranno…
    Non ci sono parole per descrivere il dolore in cui mi hai lasciata e per dirti quanto mi mancheranno le tue lettere e le tue faccine sorridenti di cui costellavi le pagine.
    Hai anche dipinto quadri meravigliosi: due abbelliscono la mia casa, altri rallegrano le case di molti amici italiani e altri ancora sono tuttora in vendita (e i profitti andranno ovviamente tutti per aiutare quelli che come te stanno tribolando nei bracci della morte americani). Nelle tue opere c’è la tua anima, Nendy, ed eri tanto felice quando riuscivi a dipingere, pur nella grande difficoltà della tua cella. Sei riuscito persino a rallegrare un po’ le tetre stanze del braccio della morte: avevi decorato la sala in cui i detenuti ricevono le visite dei familiari e la cappella del carcere.
    Un dolore grande è stato per te il risultato dell’ultimo referendum in California, a cui subito si è aggiunta la brutta notizia della nomina del presidente Trump. Infine avevi anche saputo che gli avvocati dell’accusa nel tuo processo erano in fase di sostituzione e che quindi avresti dovuto aspettare ancora tanto per una nuova sentenza. Per te questo era un dispiacere anche se non sappiamo quale sarebbe stato l’esito in caso di un nuovo processo.
    E’ con un grosso nodo alla gola che ti dico arrivederci, caro Nendy, e che ti saluto come spesso facevi tu chiudendo le tue belle lettere: “ciao, e uno abbraccio grande e forte”!
    Grazia

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