E’ nato un nuovo Stato africano? (2)

II° Parte: Interessi regionali e internazionali: scenari possibili

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di Karim Matref

In Mali, l’azione del Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad (MNLA) ha portato alla presa di tutta la parte del Paese che si trova a Nord del fiume Niger. In seguito il Movimento di Liberazione proclamò l’indipendenza. Proclamazione non ancora riconosciuta da nessuno Stato sovrano. Pochi giorni dopo, alcuni gruppi armati che dichiarano di appartenere direttamente o di essere vicini ad Al Qaeda aumentano l’intensità delle loro azioni e conquistano anche loro una parte del territorio.

Anche se i media internazionali hanno spesso fatto l’amalgama, bisogna fare un chiaro disrtinguo tra le due realtà. Un conto è Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI), un conto è il movimento di liberazione.

Il Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad viene da una lunga storia di lotta per l’indipendenza del popolo tuareg. Questo popolo squartato, dalla divisione coloniale dell’Africa, in cinque porzioni spartite tra Algeria, Libia, Niger, Mali e Burkina Faso.

I Tuareg hanno sempre avuto una religiosità molto particolare, mai rigida. Le donne Tuareg godono di potere e di libertà come o forse più dei maschi. Probabilmente la società fino al recente incontro con le religioni monoteiste è stata di stampo matriarcale. Il movimento di liberazione Tuareg, anche se spesso accusato dai francesi di estremismo religioso (accusa che rivolgevano del resto a tutti i ribelli in Nord Africa) fu  sempre di stampo laico.

Al Qaeda nel Magreb Islamico invece è un elemento estraneo alla terra dei Tuareg e a tutta la zona del Sahel dove si muove, traffica, combatte e complotta da ormai una decina di anni. L’AQMI è una eredità della guerra civile algerina. I suoi leader storici, Hassan Hettab e Amari Saïfi (Abdel Razak El Para) sono “ex” ufficiali dei reparti di élite dell’esercito algerino. Entrambi “arrestati”, poi liberati (messi sotto controllo giudiziario – dice la giustizia algerina) senza nessuna forma seria di processo. Così sarebbe anche l’attuale leader dell’Aqmi Abdelmalek Droukdal, secondo molte fonti.

L’AQMI non sarebbe altro, secondo la ricercatrice Hélène Claudot-Hawad del CNRS (il sito delll’agenzia Touareg “Tamoust” sul quale è stato pubblicato non funziona più, leggerne una copia su quest’altro sito , che una invenzione in join-venture algero-statunitense per creare disordini nella zona del Sahel e giustificarne la militarizzazione.

Secondo elemento importante la prossimità del Sud del Niger, le cui lotte sono storicamente legate a quelle del Sud Mali. E chi dice Sud Niger dice uranio e chi dice uranio in Africa dice AREVA, il colosso francese del nucleare. E per gli interessi delle sue multinazionali, Parigi ha fomentato più di un golpe e più di un massacro “interetnico”. Uno di più uno di meno non cambierebbe molto nel suo bilancio.

Perché se sopra il Sahel sembra tutta sabbia, dentro le sue viscere cela tesori enormi ancora tutti da sfruttare.

È in questa situazione caotica che accade la separazione del Nord del Mali dalla parte Sud. La proclamazione del nuovo Stato dell’Azawad libero non è stata riconosciuta da nessuno. Perché nessuno sa che posizione conviene prendere. Lo Stato maliano è in avanzata putrefazione. La classe politica è discreditata. I gruppi di militari – più corrotti gli uni degli altri – si sparano a vista in pieno centro di Bamako, la capitale. I soldati hanno buttato le armi e sono scappati dal nord. In molte città i ribelli sono entrati senza combattimenti.

L’altra formazione è quella di “Ansar Eddine” (i partigiani della religione) del mercenario di origine tuareg Iyad Ag Ghali. Un uomo dal passato buio che ha preso parte alla ribellione del 1990 ed era uno dei leader più in vista nella firma degli accordi di Tamanraset. Ma in seguito perse contatto con la sua gente e si avvicinò di più ai cerchi del potere maliano, poi dopo aver esercitato la funzione di ambasciatore in Arabia Saudita cominciò la sua deriva integralista con relazioni e finanziamenti da non molto ben identificate reti internazionali.

La presenza di questi gruppi integralisti sta scatenando l’esasperazione della popolazione locale, con l’adozione di regole assurde che vietano tutto e le conversioni forzate dei cristiani e la distruzione di mausolei e luoghi di culto non conformi alla loro nozione di religiosità… Questa presenza pesante sta minando fortemente l’immagine del MNLA soprattutto perchè la stampa internazionale non fa niente per spiegare le forze in campo. Un amalgama che potrebbe, se sarà necessario, giustificare un intervento militare internazionale per salvare l’Azawad dal solito Al Qaeda, nemico in certi casi e alleato in altri.

Ma perché l’autonomia dell’Azawad crea così tanto imbarazzo?

Una delle ragioni è dovuta alla situazione dell’Africa. Il continente nero è stato diviso amministrativamente dalle potenze coloniali. Vedendo la divisione con il senno di oggi, si capisce che chi l’ha fatta l’ha proprio pensata come un regalo avvelenato. Le linee rette tracciate con il righello dai geometri degli eserciti francese, inglese, spagnolo, belga e portoghese, e in seguito ufficializzate durante il Congresso di Berlino del 1884-1885, tagliano popolazioni intere e le spartiscono a piccoli gruppi in nazioni che spesso non hanno nessuna base storica.

All’indipendenza dei Paesi africani, all’inizio degli anni 60, ci si rese conto di essere in un vero e proprio rompicapo che se rimesso in causa avrebbe creato disordine e guerre senza fine. Perciò gli Stati africani membri dell’Organizzazione dell’Unità Africana, nel 1964, firmarono un trattato che sancisce l’intangibilità delle frontiere ereditate dal colonialismo.

Questo principio rispettato a lungo, nonostante si sia svelato spesso una specie di gabbia nella quale era difficile trovare soluzioni a certi conflitti detti etnici, è stato però appena superato con la divisione dell’ex più grande paese africano, il Sudan, in due nazioni indipendenti: Nord-Sudan e Sud-Sudan.

La liberazione dell’Azawad, regione a maggioranza Tuareg e Peul potrebbe portare i Tuareg sparsi sui 4 altri paesi (Niger, Libia, Algeria e Burkina Faso) a voler farne altrettanto.

E inoltre il riconoscimento di una spartizione ottenuta da un movimento di liberazione potrebbe dare fuoco a tutti i movimenti di liberazione presenti sul continente. Per questo la posizione dell’Unione Africana è senza ombra di dubbio a favore di un intervento militare internazionale per ristabilire “ la sovranità nazionale”.

Con gli integralisti, l’MNLA ha provato la via della negoziazione, “per evitare un conflitto fratricida”, dando l’occasione alle agenzie internazionali per parlare di fusione. Così facendo ha dato prova di grande ingenuità politica. Perché bisogna essere ingenui per pensare di poter negoziare qualcosa di durevole con un movimento indefinibile e incomprensibile come Al Qaeda. La seconda mossa, se si conferma, è stata un attimo più intelligente. Si è parlato di un incontro informale in cui elementi dell’esercito maliano, organizzazioni della società civile dei vari popoli dell’Azawad e Mnla si sarebbero incontrati per risolvere la situazione della presenza degli elementi integralisti sul territorio. Incontro ispirato probabilmente alle manifestazioni sempre più numerose di insofferenza della popolazione nei confronti dei Jihadisti. (vedere l’ultima manifestazione di donne a Kidal)

Il futuro della zona dipende un po’ dalla gestione di questa crisi da parte del movimento di liberazione e molto dalla comunità internazionale. Questa crisi potrebbe portare ad un miglioramento della situazione dei Tuareg e dei popoli del Nord del Sahel, come potrebbe portare all’ennesima guerra di sterminio.

Per questo è importante restare attenti e seguire quello che succede in Mali, anche quando i riflettori dei media ci invitano a guardare  altrove. Non bisogna lasciare i popoli della regione soli in mano ai terroristi, alle spie, ai mercenari e alle multinazionali.

Karim Metref
Sono nato sul fianco nord della catena del Giurgiura, nel nord dell’Algeria.

30 anni di vita spesi a cercare di affermare una identità culturale (quella della maggioranza minorizzata dei berberi in Nord Africa) mi ha portato a non capire più chi sono. E mi va benissimo.

A 30 anni ho mollato le mie montagne per sbarcare a Rapallo in Liguria. Passare dalla montagna al mare fu un grande spaesamento. Attraversare il mediterraneo da sud verso nord invece no.

Lavoro (quando ci riesco), passeggio tanto, leggo tanto, cerco di scrivere. Mi impiccio di tutto. Sopra tutto di ciò che non mi riguarda e/o che non capisco bene.

3 commenti

  • Grazie Karim!

    Mi vengono in mente i servizi video di Fabrizio Gatti sui migranti: ha percorso dal Niger la rotta dei migranti verso nord parlando anche del traffico dell’uranio per la francia e relativi finanziamenti della guerriglia antimali tuareg tramite gli accordi gheddaffiani.

    In questo articolo si scrive che l’MNLA sta condannando l’oscurantismo dei tuareg “contaminati” e irriconoscibili che maltrattano le donne e che le donne hanno fatto una decisa manifestazione di protesta :
    http://www.tamurt.info/declaration-du-mnla-suite-a-l-agression-des-femmes-de-kidal,2662.html?lang=fr

    • Certo. E’ tutto collegato. I tuareg sono strumentalizzati, a volte abbelliti altre come adesso demonizzati proprio da quelli cheli hanno spinto alla disperazione in cui sono.

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