E-waste, caporalato, Australia, circhi, avocado e perfino Marte

Il numero 198 di «Altreconomia» festeggia (anzi no) 18 anni: ogni mese la “bottega” segnala questa rivista (*) che è fra le poche cose leggibili rimaste in Italia, almeno nel cartaceo

Uh, santa polenta e benedette nespole: devo avere un problema con i compleanni; mi scordo (quasi sempre) di fare gli auguri. E novembre sta per finire. Prendo fiato e canto: «Perché è una bella rivista, perché è una bella rivista… ». E adesso via con il post normale.

«Il compleanno di Altreconomia: 18 anni di inchieste economiche, reportage, interviste. Dai paradisi fiscali agli stili di vita sostenibili, nel segno dell’indipendenza. Ecco il numero di novembre: festeggiamo con sette reportage originali da altrettanti Paesi, in quattro continenti».Così la rivista si presenta.

Le principali tappe del viaggio: Australia (o meglio Oceania) con Jason Nardi; i cimiteri elettronici del’India con Maria Tavernini; Siria e Rojava con Sara Manisera; la Tunisia dell’economia solidale con Ilaria Sesana; Francia (e Italia) «per una filiera equa dell’avocado» con Chiara Spadaro; storie di convivenza – con Alberto Caspani – per la Finlandia che festeggia i suoi primi 100 anni; poi c’è l’Oman e di nuovo Crespani ci porta nel deserto «dove si prepara il balzo verso Marte». Poi incrocerete quello strano luogo a forma di stivale che forse già conoscete.

Canta vittoria la rivista e fa bene: ha resistito a fare buon giornalismo, soprattutto a «raccontare il sistema economico in maniera chiara ed approfondita, denunciando storture e sostenendo le alternative» e in Italia nessun cartaceo può vantare questa serietà e continuità. E farlo sempre – scrive la redazione – in maniera indipendente, che per noi vuol dire avere come editori solo i lettori, non ricevere finanziamenti pubblici, selezionare e limitare le inserzioni con criteri etici. Comunque – è ufficiale, nero su bianco – i festeggiamenti sono rimandati a gennaio, cioè al numero 200 di «Altreconomia» (insomma mi avete fatto intonare la canzoncina prematuramente… e niente torta a me, va beh).

La «pagina uno» di questo 198 è affidata a Déborah Danowski e a Eduardo Viveiros De Castro che scrivono: «Parlare della fine del mondo non significa parlare della necessità di immaginare un nuovo mondo al posto di quello presente, ma un nuovo popolo; il popolo che manca. Un popolo che crede nel ondo e che lo dovrà creare con ciò che gli lasciamo del mondo». Una buona fine per un nuovo inizio?

Ancora: un approfondimento – di Valentina Palumbo – sulle lotte (a livello mondiale) delle lavoratrici domestiche contro sfruttamento e bassi salari. «Il rischio caporalato “conto terzi” nelle vigne del Chianti senese» è il reportage di Marzia Minore.

Altro compleanno: i 20 anni del Conai (Consorzio nazionale imballaggi) con Rosy Battaglia.

«L’impronta ecologica dei sistemi sanitari nazionali»: tre utilissime pagine (con esempi di “buone pratiche”) di Giovanna Borrelli e Francesco Sparano. E persino i nuovi circhi italiani: piccoli, indipendenti e senza animali.

E ancora, ancora, ancora: un approfondimento – di Valentina Palumbo – sulle lotte (a livello internazionale) delle lavoratrici domestiche contro sfruttamento e bassi salari. «Il rischio caporalato “conto terzi” nelle vigne del Chianti senese» è il reportage di Marzia Minore.

Altro compleanno: i 20 anni del Conai (Consorzio nazionale imballaggi) con Rosy Battaglia.

«L’impronta ecologica dei sistemi sanitari nazionali»: tre utilissime pagine (con esempi di “buone pratiche”) di Giovanna Borrelli e Francesco Sparano.

E persino i nuovi circhi italiani: piccoli, indipendenti e senza animali.

Poi libri e librai, rubriche insolite o proprio eretiche, il monitor e gli appuntamenti: ca’ vulite ecchiù?

(*) Ogni mese «Altreconomia» ricorda: «C’è un modo semplice per sostenere l’informazione indipendente. Abbonatevi, rinnovate l’abbonamento o regalatene uno». E se invece come me avete una bottega del commercio equo sotto casa… potete comprarla anche lì, con 4 euri. [db]

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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