Ehi, chi (mi) ha spento gli esseri umani? Il …

cinema fantascientifico di Antonio Margheriti

di Fabrizio (Astrofilosofo) Melodia  

Fare il cineasta in Italia è dura. Si ha spesso a che fare con budget ridotti all’osso nel migliore dei casi e nel peggiore di autoproduzioni, pur di pregio, che non avranno un rientro economico soddisfacente.

Come sopravvivere dunque se sei una persona di talento e senti che la fantascienza è la tua strada, e che, pur con tutta la buona volontà, il tuo cuore batte solo quando sente parlare di alieni, astronavi e velocità di curvatura?

Come hanno fatto alcuni, si emigra in luoghi più ospitali e meglio organizzati: così Vincenzo Natali, regista del riuscitissimo e claustrofobico «The cube».

Oppure ci si adatta e si aguzza l’ingegno per trarne fuori pellicole che, pur risentendo di un formato artigianale sono comunque non solo dignitose ma tracciano una strada che altri percorreranno.

Fra questi pionieri coraggiosi, che si scontrano non solo con le difficoltà elencate, ma anche con la poca ricettività del pubblico italiano (Sergio Leone adottò uno pseudonimo anglosassone e con lui tutta la troupe altrimenti «Per un pugno di dollari» non avrebbe attirato) vorrei ricordare Antonio Margheriti.

Nato a Roma il 19 dicembre 1930, fu uno dei più affermati registi italiani di genere, esplorando senza remore il segmento avventuroso, spaghetti-western, horror, cannibal movie, giallo, guerra e fantascienza, distinguendosi in particolare per quest’ultimo.

Anche lui, al pari di Sergio Leone, quasi mai adottò il suo nome, firmandosi come Anthony M. Dawson, tranne che per il film «Space men», dove figura come Anthony Daisies e per il melodrammatico «Io ti amo» (1968) dove figura per la prima e unica volta con il vero nome.

Non accreditato, ha collaborato come regista della seconda unità e ideatore degli effetti speciali con Paul Morrissey, della factory di Andy Warhol, nella realizzazione degli ironici «Il mostro è in tavola… barone Frankenstein» (1973) e «Dracula cerca sangue di vergine… e morì di sete» (1974).

Nel 1987 diresse, seguendo fedelmente un progetto dello scomparso Renato Castellani, lo sceneggiato televisivo «L’isola del tesoro», una fra le più costose produzioni televisive italiane, il primo kolossal interamente prodotto dalla Rai.

La fama di Margheriti nell’ambito della fantascienza è legata in particolare al suo ciclo cinematografico di «Gamma Uno», della metà degli anni sessanta. Quattro diverse trame condividono l’ambientazione comune della stazione spaziale Gamma Uno e i protagonisti dei primi due film cambiano nei successivi.

Quattro pellicole a basso costo tutte del 1966: «Il pianeta errante», «I diafanoidi vengono da Marte», «I criminali della galassia» e «La morte viene dal pianeta Aytin» girate contemporaneamente nel giro di 12 settimane, sfruttando gli stessi scenografie e cast. Pur essendo concepite per il mercato televisivo statunitense, la Mgm decise di distribuire le pellicole prima nel mercato cinematografico.

Nella pellicola «Il pianeta errante» il gruppo di astronauti della base spaziale di Gamma 1 è impegnato nella ricerca delle cause di misteriosi terremoti che si verificano sulla Terra. Nel corso della vicenda si trovano a contatto con un minuscolo pianeta rosso vivo e pulsante, uscito dalla sua orbita, che si “ciba” di asteroidi attirandoli col gas e ingrossandoli gradualmente. Ovviamente saranno impegnati ad evitare la collisione con il corpo celeste.

Nel film «I diafanoidi vengono da Marte» strani corpuscoli colpiscono l’astronave degli scienziati partiti dalla base di Gamma Uno e si rivelano essere dforme di vita aliena alla ricerca di un nuovo mondo da colonizzare per la propria sopravvivenza. Gli scienziati li isolano e studiano, ma non riuscendo a stabilire un contatto, si prende atto all’operazione di ricerca e distruzione della loro origine. «Uno scienziato pericoloso nella sua folle genialità, donne misteriose che circuiscono le vittime designate, umanoidi dotati di quattro braccia: sono questi alcuni degli ingredienti che Margheriti impiega per rilanciare la fantascienza all’italiana ed esportarla sul mercato americano. Il film, accolto con indifferenza dalla critica nostrana, è stato rivalutato nel corso degli anni come opera originale, ricca di spunti e di citazioni» recita una bella considerazione che riprendo da «Fantafilm».

Quanto a «I criminali della galassia» dovete aspettare un prossimo post perché mi riservo di parlarne ampiamente in una prossima occasione poiché è legato alla nascita della fantascienza in “casa Bonelli”.

In «La morte viene dal pianeta Aytin» siamo in un’epoca futura, nella quale la Terra è invasa dagli abitanti di un lontano pianeta del sistema solare. Il loro aspetto è pauroso: sono infatti pelosi come yeti e hanno i capelli blu. Sono scesi sulla Terra per eliminarne tutti gli abitanti. La difesa dei terrestri è affidata ad un pugno di coraggiosi e lo scontro sarà duro e senza quartiere.

La tetralogia di Margheriti prende le mosse da un film precedente, «Il pianeta degli uomini spenti» (del 1961), dove figura un bravissimo Claude Rains.

Gli scienziati di un osservatorio scoprono che un pianeta sconosciuto si dirige in rotta di collisione verso la Terra. Il pianeta, che appare disabitato e deserto, è controllato da un enorme supercomputer programmato per conquistare la Terra, malgrado i suoi creatori siano estinti. Sul pianeta vi sono migliaia di dischi volanti teleguidati dal computer. Le armi terrestri nulla possono contro il pianeta invasore e solo un eccentrico scienziato, il professor Benson, responsabile dell’osservatorio e insigne matematico, riuscirà a sventare la minaccia, trovando il modo di bloccare tutte le macchine aliene, annullando la loro programmazione.

Nel 2013, per il decimo anniversario dalla sua scomparsa, il figlio Edoardo ha dedicato al padre una rassegna in collaborazione con la cineteca nazionale e ha realizzato un documentario sulla sua carriera dal titolo «The Outsider – Il cinema di Antonio Margheriti», alternando brani di film con interviste ad attori, registi e nomi famosi del cinema italiano e internazionale.

Un cinema avventuroso e di fantascienza, quello portato avanti da Margheriti, con trovate geniali. Una lezione che avrebbe avuto molte influenze nel futuro, non ultima l’omaggio di Quentin Tarantino, che lo cita nel film «Bastardi senza gloria» (2009), in cui Antonio Margheriti è il nome di copertura che il sergente Donnie Donowitz (Eli Roth) usa per introdursi alla première di Stolz der Nation, con lo scopo di uccidere Hitler, Goebbels, Goering e una serie di gerarchi nazisti.

Antonio Margheriti è avventura e space opera allo stato puro.

 

Bibliografia di riferimento

Roberto Chiavini, Gian Filippo Pizzo, Michele Tetro, «Il grande cinema di fantascienza: aspettando il monolito nero (1902-1967)», Volume 2 di «Il grande cinema di fantascienza», Collana gli Album, Gremese, 2003.

Luigi Cozzi, «Space men: il cinema italiano di fantascienza», in «La grande enciclopedia del cinema fantastico», Profondo rosso, 2007.

Fabio Giovannini, «Danze macabre. Il cinema di Antonio Margheriti», in «La grande enciclopedia…» Profondo Rosso (volume 6 di «Il cinema gotico e fantastico italiano, Mondo Ignoto», 2004).

POST SCRIPTUM

Se negli ultimi giorni vi fosse sfuggito il colonnino di Alessandro Ghebreigziabiher (un vero alieno) vi segnalo due consecutivi post di fantascienza non banale:

Nuovi pianeti del sistema solare scoperti da Kepler: io di più 27 febbraio 2014

 

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