El Salvador: 20 dicembre, una vittoria insperata ….
… nel caso Beatriz, alla Corte Interamericana de Derechos Humanos
di Maria Teresa Messidoro (*)
Beatriz era una giovane salvadoregna che nel 2011 ebbe una prima gravidanza, complicatatasi per il sorgere dell’ ipertensione dovuta alla sua malattia autoimmune; i medici furono costretti a praticarle un parto cesareo. Dopo 38 giorni di incubazione, il bambino sopravvisse.
Trovatasi nuovamente incinta nel 2013, gli esami medici a cui fu sottoposta evidenziarono il rischio certo di peggiorare la sua salute e di non poter salvare il bambino, che presentava delle gravi malattie congenite. Lei e la sua famiglia chiesero che venisse praticato l’aborto terapeutico; le autorità salvadoregne le negarono l’interruzione di gravidanza: Beatriz la portò a termine, con gravi conseguenze per la sua salute. Il bambino morì cinque ore dopo il parto. Aggravatosi il suo stato di salute, la ragazza iniziò un nuovo calvario tra ospedali e cure. Morirà nel 2017 in un incidente stradale.
Il caso di Beatriz ha fatto il giro del mondo, diventando uno dei simboli della lotta per la depenalizzazione dell’aborto in El Salvador, uno dei pochissimi paesi al mondo in cui dal 1998 l’aborto è sempre proibito e punito fino a cinquanta anni di carcere.
https://www.vozdeamerica.com/a/el-caso-de-beatriz-y-el-debate-por-el-aborto-en-el-salvador/7016200.html
È sconcertante il fatto che quando scoppiò il caso di Beatriz l’allora Ministra de la Salud in El Salvador, Maria Isabel Rodríguez, è una donna con una lunga esperienza nel campo medico sanitario, anche a livello internazionale con la OMS, maestra di moltə medicə, progressista a livello politico. La ministra si espresse pubblicamente a titolo individuale a favore dell’interruzione di gravidanza di Beatriz, ma nello stesso tempo dichiarò che a livello ufficiale lo stato salvadoregno aveva le mani legate, in assenza di una autorizzazione giuridica che “assolvesse” Beatriz in caso di praticato aborto per motivi terapeutici. Beatriz più di una volta aveva affermato: “Io voglio vivere, soprattutto per l’altro mio figlio…”. È così, sette mesi dopo aver sfidato le leggi salvadoregne, precisamente il 29 novembre 2013, appoggiata dalle organizzazioni per la difesa dei diritti delle donne, presentò alla Comisión Interamericana de Derechos Humanos (CIDH) una domanda contro lo Stato Salvadoregno per averle violentato il diritto alla salute e alla vita, sollecitando quindi misure di riparazione per il danno subito, soprattutto nel campo della salute sua e quella di suo figlio; si richiedevano anche cambiamenti legislativi, affinché non ci fossero altre donne costrette a supplicare lo Stato per proteggere la propria vita.
Il 7 settembre 2017 la CIDH dichiarò ammissibile il caso. In questi lunghi sette anni, quelle stesse organizzazioni che avevano accompagnato Beatriz durante il suo calvario fisico e giudiziario, hanno cercato di mantenere viva l’attenzione sul processo in corso a livello internazionale tra il Sistema interamericano dei Diritti Umani e lo Stato salvadoregno; si formò un coordinamento, JusticiaparaBeatriz (1), a cui hanno aderito associazioni salvadoregne, latinoamericane e internazionali, il cui compito è stato quello di “onorare la memoria di Beatriz, esigere la riparazione integrale per il danno subito dalla sua famiglia, implementare misure per impedire che nessuna altra bambina o ragazza o donna sia costretta a passare ciò che passato Beatriz e infine modificare il contesto normativo salvadoregno che attenta contro la vita di migliaia di salvadoregne, proibendo l’aborto sempre”.
Sette anni dopo, il 20 dicembre del 2024, finalmente, la Corte Interamericana de Derechos Humanos (Corte IDH) ha condannato lo Stato salvadoregno per il caso Beatriz. La Corte ha dichiarato ufficialmente che El Salvador violò i diritti di Beatriz alla salute, alla protezione giuridica, alla vita privata; ha anche riconosciuto che la mancanza di protezione nell’assistere gravidanze ad alto rischio, in un contesto di proibizione assoluta dell’aborto, impedì alle autorità di offrire un trattamento medico adeguato e opportuno per Beatriz, sommettendola a violenza ostetrica. Per cui si ordina allo Stato salvadoregno di adottare le misure normative necessarie per affrontare situazioni di gravidanza che mettono a rischio la salute della donna. La Corte IDH ha inoltre ordinato allo Stato di offrire attenzione per una salute integrale alla famiglia di Beatriz, di formare professionalmente il personale sanitario, statale e quello operante nel campo della giustizia in materia di salute materna; inoltre di adottare le misure normative adeguate per garantire sicurezza giuridica nei casi di gravidanze a rischio. Lo Stato salvadoregno dovrà ottemperare queste indicazioni e darne comunicazione alla stessa Corte entro un anno.
Così ha commentato la sentenza Ana Piquer, direttora per le Americhe di Amnesty International: “Questa sentenza è un sentito e doveroso riconoscimento alla memoria di Beatriz e al lungo cammino che sua mamma Delmy e la famiglia hanno intrapreso insieme a decine di organizzazioni e reti femministe. Grazie alla loro lotta e costanza, oggi abbiamo un tetto di protezione legale più solido nel campo della salute riproduttiva, molto importante in questo momento di pulsioni regressive nella regione latinoamericana e in specifico in El Salvador”
E ancora Angélica Rivas, avvocata della Colectiva Feminista: “Ha trionfato la giustizia. Siamo felici, questo 20 dicembre è un giorno che passerà alla storia per la giustizia riproduttiva delle donne”
Già poco più di tre anni fa, la stessa Corte aveva condannato lo Stato salvadoregno per aver violato il diritto di Manuela alla libertà personale, la protezione giudiziaria, la presunzione di innocenza, la vita e la salute: Manuela era stata incarcerata per procurato aborto, condannata trenta anni di carcere; morirà in carcere per un cancro mai curato, senza ricevere la corretta assistenza giudiziale. (2)
- Il sito di Justiciaparabeatriz è https://justiciaparabeatriz.org/, dove si può ascoltare la lettura della sentenza a favore di Beatriz, e scorrere l’elenco delle organizzazioni aderenti alla campagna.
- Vedere in Bottega https://www.labottegadelbarbieri.org/el-salvador-dopo-dieci-anni-giustizia-per-manuela/
*Vicepresidenta associazione Lisangà culture in movimento OdV