El Salvador: l’aborto costa 50 anni

Nuova pesante sentenza in El Salvador mentre negli Stati Uniti il diritto all’interruzione di gravidanza è messo in pericolo.

di Maria Teresa Messidoro (*)

 

Nel 1973, con lo storico giudizio nel processo Roe contro Wade, gli Stati Uniti si sono posti all’avanguardia nel campo del diritto riproduttivo per le donne, legalizzando l’aborto. Quasi 50 anni dopo, la Corte Suprema di Giustizia degli Usa ha dato una svolta conservatrice sui diritti delle donne, annullando il diritto all’aborto. Perché, in seguito a questa decisione, gli Stati potranno restringere o proibire l’accesso all’interruzione della gravidanza, come nel caso del Missouri, il Texas, il South Dakota e l’Indiana che hanno immediatamente dichiarato illegale l’aborto.

Catalina Martínez Coral, direttrice regionale centroamericana del Centro de Derechos Reproductivos, ha affermato in una intervista: “Le donne si ritrovano ora in una situazione di completa manvanza di protezione, quasi la metà degli Stati degli USA sono già pronti per penalizzare l’aborto” (1).

foto tratta da https://www.nodal.am/2022/06/estados-unidos-marea-verde-mientras-el-norte-retrocede-el-sur-avanza/

 

Mentre il nord dell’America retrocede, il sud avanza: recentemente Colombia, Argentina e Messico hanno depenalizzato la pratica dell’aborto, così come già è legge in Uruguay, Cuba, Guyana e Guyana Francese. Ma purtroppo non è così dappertutto nel continente latinoamericano: il 29 giugno, in El Salvador, Lesly (nome di fantasia), è condannata a 50 anni di carcere per procurato aborto.

E’ la prima volta nella storia del Paese centroamericano che si applica la pena massima da quando, nel 1998, con la riforma del Codice Penale, si penalizza in forma assoluta l’aborto (prima della riforma, dal 1974, l’aborto era permesso in tre casi: quando la vita della donna era in pericolo, per malformazioni prevedibili e gravi nel feto e quando la gravidanza era frutto di uno stupro).

Lesly ora ha 21 anni. La sua famiglia, numerosa, vive in povertà estrema, non ha accesso all’acqua potabile né all’elettricità, né tantomeno una casa dignitosa. Lesly ha interrotto la scuola elementare e da allora si prende cura dei suoi 4 fratelli minori. Quando Lesly aveva appena 19 anni, è rimasta in cinta; senza nessuna possibilità di accedere ad una educazione integrale della sua sessualità, non conosceva ciò che stava succedendo nel suo corpo; il 17 giugno del 2020, ciò che lei sente è una gran voglia di andare al bagno, in realtà stava iniziando il travaglio del parto; ed è così che, senza saperlo, ha un parto prematuro, espellendo la creatura che porta in grembo. Entra nel panico, chiede aiuto ai genitori, che la portano in ospedale, e da qui, secondo la legge vigente, viene trasportata immediatamente in carcere. Nemmeno dieci giorni dopo, il 26 giugno 2020, inizia il processo contro di lei, che non può partecipare a causa delle sue condizioni di salute dopo il parto (aveva già ricevuto tre trasfusioni di sangue). In quella prima udienza, il giudice decreta la detenzione provvisoria: è stato un processo pieno di irregolarità e per questo la difesa chiede l’annullamento della sentenza e la possibilità di portare delle prove che dimostrino l’innocenza di Lesly, come ad esempio una perizia di Medicina legale o una perizia psichiatrica della ragazza. Niente cambia e il 29 giugno di quest’anno la condanna definitiva a 50 anni di carcere, una decisione deformata da pregiudizi di genere, come dimostrano le parole che accompagnano la sentenza: “Le madri sono la fonte principale di protezione dei propri figli in qualsiasi circostanza della vita e Lesly non lo è stata”.

Questa sentenza contraddice il recente giudizio della Corte Interamericana de Derechos Humanos , nel caso Manuela, in cui si condanna lo Stato salvadoregno e gli si ordina di non proseguire nella criminalizzazione delle donne che affrontano emergenza ostetrica (2). Morena Herrera, presidente della Agrupación Ciudadana por la despenalización del aborto, ha condannato la sentenza, affermando che si continuerà a lottare fino a quando nessuna donna possa essere criminalizzata per problemi di salute durante la gravidanza o al momento del parto (3).

Foto tratta da https://www.efe.com/efe/america/sociedad/condenan-a-50-anos-de-carcel-una-salvadorena-que-sufrio-emergencia-obstetrica/20000013-4844583

Faccio mie le parole di Morena Herrera: “Ho male al cuore perché abbiamo cercato di chiudere definitivamente questa triste pagina della storia di El Salvador, che condanna ingiustamente donne impoverite per emergenze ostetriche: questo Stato, una volta di più, si è accanito contro delle donne che non hanno avuto i diritti che spettavano a loro, né le condizioni per potersi difendere. Ma nonostante questo atteggiamento che penalizza le più deboli, riusciremo a cambiare la realtà, perché noi donne siamo capaci ad immaginare un mondo più giusto”.

Foto di repertorio, tratta dal sito di Agrupación Ciudadana por la despenalización del aborto

 

  1. https://www.nodal.am/2022/06/estados-unidos-marea-verde-mientras-el-norte-retrocede-el-sur-avanza/
  2. https://www.labottegadelbarbieri.org/el-salvador-dopo-dieci-anni-giustizia-per-manuela/
  3. https://revistalabrujula.com/2022/07/05/estado-salvadoreno-condena-a-50-anos-de-carcel-a-una-joven-por-emergencia-obstetrica/

(*) Vicepresidentessa Associazione Lisangà culture in movimento OdV

 

Teresa Messidoro

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