El Salvador: Nayib Bukele dichiara guerra alla libera stampa

Attacchi in stile mafioso sui social, criminalizzazione e ridicolizzazione del lavoro di giornalista contro gli operatori della comunicazione di El Faro, Revista Factum, Gato Encerrado, Focos TV.

di David Lifodi

Foto: EFE/Archivo

In El Salvador è guerra aperta tra i mezzi di comunicazione indipendenti e il presidente Nayib Bukele. I giornalisti di El Faro, Revista Factum, Gato Encerrado, Focos TV e la presidente dell’Asociación de Periodistas (Apes), Angélica Cárcamo, si sono rivolti da tempo alla Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh) per denunciare gli attacchi di Bukele alla libertà di stampa e alla libertà di espressione.

«Il discorso di odio contro la stampa indipendente, vittima di attacchi sistematici e di una crescente criminalizzazione», hanno ribadito i giornalisti indipendenti alla Cidh, non è più tollerabile. In alcuni casi l’esistenza dei media indipendenti è stata ridicolizzata dallo stesso Bukele, che ha finto di non essere quasi a conoscenza del loro lavoro, in altri il governo li ha accusati di godere di finanziamenti illegali.

Non solo. Il lavoro della stampa indipendente è talmente minimizzato che in più di un’occasione, di fronte alle minacce ricevute dai giornalisti, il governo si è limitato a generici appelli affinché i loro diritti siano rispettati, sottolineando al tempo stesso che sotto la presidenza Bukele nessun operatore dell’informazione è stato ucciso e che non c’è alcun scenario drammatico come all’epoca del regime, quando molti periodistas furono assassinati dai militari o dagli squadroni della morte. Il paradosso è che, di fronte ai dati che non certificano, per fortuna, l’uccisione di nessun giornalista durante il mandato di Bukele, le minacce in stile mafioso, da parte dello stesso governo, continuano ad arrivare eccome. Un esempio è rappresentato da Ernesto Sanabria, l’esponente di primo piano della comunicazione del presidente che ha attaccato l’ Asociación de Periodistas definendola in declino e accusandola di mancanza di argomenti perché si dedica soltanto a tessere relazioni pubbliche con organismi internazionali, riferendosi evidentemente alla Commissione interamericana per i diritti umani che ha raccolto la denuncia di Angélica Cárcamo.

Dal canto suo, la Cidh ha ribadito che i mezzi di comunicazione di qualità rivestono un ruolo di primo piano in democrazia, ma nonostante tutto, Bukele ha proseguito nella sua crociata contro i media indipendenti e, proprio di fronte alla Commissione interamericana per i diritti umani, esponenti del suo governo hanno liquidato la denuncia di El Faro, Revista Factum, Gato Encerrado, Focos TV e Apes come una «critica proveniente solo da una parte della popolazione».

Inoltre, tra giugno 2019 e novembre 2020, un dato risulta essere incontrovertibile. L’Asociación de Periodistas ha segnalato ben 98 aggressioni agli operatori della comunicazione, ma si è sentita incredibilmente rispondere dal governo che i giornalisti «devono essere più tolleranti». Non è finita qui. A meno di due mesi dalla sua elezione, in una diretta su facebook, il sempre più controverso Nayib Bukele fece capire subito quale fosse il suo pensiero sulla stampa indipendente, definendola tutta come alleata dell’opposizione. A questo proposito, è significativo il caso della madre di Carmen Valeria Escobar, giornalista del Gato Encerrado, costretta a lasciare il suo impiego di dipendente pubblica a seguito di un’inchiesta a firma della figlia in cui si denunciava un caso di corruzione in cui era coinvolto il ministro della Sanità.

Di fronte alla posizione della Cidh, che ritiene insufficienti e prive di contenuti le istanze presentate dallo stato salvadoregno a sua discolpa rispetto alle accuse riportate dai media indipendenti, Bukele e il suo staff hanno fatto orecchie da mercante, ripetendo che il paese ha compiuto enormi passi avanti nel campo dei diritti umani rispetto agli anni Settanta e ai primi anni Ottanta, quando la stampa era vittima di vere e proprie aggressioni armate. In realtà, il direttore di El Faro, José Luis Sanz, ha fatto presente che in più di una circostanza i giornalisti indipendenti hanno percepito la sensazione di essere pedinati ed hanno ricevuto minacce anonime o provenienti da gruppi parapolizieschi.

L’antipatia di Bukele con El Faro, il quotidiano digitale più prestigioso del paese definito dal presidente come basura (spazzatura), risale a quando il giornale diretto da Sanz pubblicò un reportage che raccontava i negoziati del governo con la pandilla Mara Salvatrucha 13 e proseguì con un violento attacco sulla propria pagina facebook istituzionale in cui prendeva nuovamente di mira El Faro sottolineandone la sua scarsa credibilità. Contemporaneamente, Alejandro Zelaya, ministro delle Finanze, decise di ritwittare un messaggio di un deputato molto vicino a Bukele che invocava la prigione per i giornalisti di El Faro, la cui proprietà, attraverso un’abile campagna promossa ancora una volta sui social network, era stata accusata di riciclaggio del denaro.

Proprio ai giornalisti di El Faro, nonché a quelli della Rivista Factum, da allora (era l’inizio del settembre scorso) viene costantemente impedito di porre domande al presidente in occasione delle sue conferenze stampa.

Secondo José Luis Sanz, ciò che ha fatto arrabbiare di più Bukele è la troppa somiglianza denunciata da El Faro con le amministrazioni precedenti, nonostante una campagna elettorale basata sul vento del cambiamento di un giovane che invece, in termini di abusi di potere, di corruzione, di comportamento ambiguo con le pandillas e con i familiari delle vittime del regime militare, sta ripetendo esattamente gli stessi errori dei suoi predecessori.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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