Elemosine per i malati di mesotelioma?

di Vito Totire (*)

Occorre risarcire seriamente – e non con gli “spiccioli” – i danni di uno dei più grandi crimini di pace del XX° e XXI° secolo.

Abbiamo sempre espresso la nostra opinione: i malati di mesotelioma (e non solo loro ma anche di altre patologie gravi) devono essere risarciti tutti.

Si sta discutendo al Senato se passare l’indennità per i malati non professionali da 5.600 a 10mila euro. I malati devono fare “domanda” per ottenere il contributo con possibilità (per i loro familiari) di chiedere la differenza arretrata dal 2015 in poi. Siamo convinti piuttosto che l’unica posizione eticamente accettabile sia la equiparazione delle provvidenze assicurative e la retroattività senza limiti temporali. Occorre anche evitare l’umiliazione della domandina e assicurare i risarcimenti automaticamente.

Si parla spesso di discriminazione di genere; spesso però senza “quagliare”. Allora per quale motivo una persona che si è ammalata di mesotelioma per esposizione familiare o per esposizione cosiddetta “paralavorativa” (cioè lavando tute inquinate) non deve avere la stessa copertura del mesotelioma classificato come occupazionale?

E quella donna di 45 anni di Bologna che morì di mesotelioma avendo lavato, fin da bambina, la tuta del padre manutentore dello zuccherificio? Passato troppo tempo per risarcire?

Ancora: in cosa differisce il mesotelioma professionale da quello ambientale (anche non connesso a lavoro domestico) essendo identici la malattia,la sofferenza e il lutto?

Qui non si intende criticare chi, condizionato da un eccesso di realpolitik, ha fatto la proposta dimostrando comunque “attenzione” al problema , a differenza di chi se ne è completamente dimenticato o ha votato contro in Parlamento. Rimane tuttavia una differenza notevole fra diritto ed elemosina.

Peraltro la permanenza della gestione della copertura in capo all’Inail non è accettabile. Un ente capace a tutt’oggi di disconoscere, con arroganza, anche mesoteliomi professionali! Inail deve essere esautorato da qualunque compito sul tema: la gestione deve essere uguale per tutti e retroattiva fino a ogni diagnosi fatta dall’inizio della repubblica italiana.

Il ceto politico non ha ancora compreso che l’amianto è stato un crimine di pace enorme, tragico, planetario: va affrontato come necessita affrontare i danni di una guerra peraltro non dichiarata formalmente.

Le risorse? Per esempio trasferendo dalle casse dell’Inail al Servizio Sanitario Nazionale una quota di almeno 33.000 euro per ogni mesotelioma occupazionale diagnosticato (questa la stima teorica del costo assistenziale per persona) … ma è un argomento incomprensibilmente tabù nel confronto fra istituzioni.

O ancora: tagliare i finanziamenti alla industria degli armamenti. Qualche caccia supersonico in meno sarebbe un sollievo psico-fisico per tutti: risparmio di risorse per la comunità, niente bombardamenti “intelligenti” per le potenziali vittime.

Governare in maniera diversa è possibile. Se lo si vuole.

(*) Vito Totire è medico del lavoro e presidente nazionale AEA cioè Associazione esposti amianto e rischi per la salute.

 

Redazione
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