Elezioni in Ecuador e El Salvador

articoli di David Lifodi e Maria Teresa Messidoro

Presidenziali Ecuador: Andrés Arauz al ballottaggio, per il secondo nome bisogna contare tutte le schede

di David Lifodi

Sono due le certezze che scaturiscono dal primo turno delle presidenziali di domenica scorsa in Ecuador: la prima è il buon risultato (oltre il 30%) di Andrés Arauz (Unes – Unión por la Esperanza, blocco correista) e la seconda riguarda il sicuro ballottaggio, che si terrà il prossimo 11 aprile. Tuttavia, a distanza di giorni, ancora non si sa se a sfidare Arauz sarà Guillermo Lasso (Movimiento Político Creando Oportunidades, destra) o Yaku Pérez (movimento indigeno Pachakutik). Entrambi hanno raggiunto una percentuale di consensi intorno al 20% e sarà proprio una manciata di voti a decidere chi parteciperà al secondo turno. Pérez e Lasso conosceranno il loro destino soltanto quando sarà scrutinato il 100% delle schede.

Dallo sfidante di Andrés Arauz dipenderanno anche le prossime mosse del candidato di Unión por la Esperanza, che si concentrerà sulle battaglie per il diritto alla terra, all’acqua, per una sanità in grado di risollevarsi dai disastri compiuti dal suo predecessore Moreno, soprattutto in relazione all’emergenza sanitaria, per risollevare il Paese a livello economico a seguito del pericoloso avvicinamento con il Fondo monetario internazionale e per sfuggire alla stretta dell’agronegozio e dell’agroindustria.

Se sarà Lasso a partecipare al ballottaggio, probabilmente l’oligarchia ecuadoriana proseguirà più facilmente nelle manovre di discredito di Arauz, ma nel caso in cui al secondo turno ci arrivi Pérez sicuramente il movimento indigeno, ma anche le destre, si troveranno di fronte ad un bivio. I sostenitori delle destre saranno disposti a sostenere Pérez pur di non far vincere Arauz? E le comunità indigene, a partire dalla Conaie, che ben presto si sono separate dal correismo per via di una visione profondamente diversa sull’estrattivismo minerario e sulla gestione dei beni comuni, quale strada seguiranno?

Peraltro va ricordato che in queste elezioni la Conaie, una delle più forti confederazioni indigene non ha appoggiato l’indigeno ambientalista Yaku Pérez e che Arauz ha promesso di impegnarsi affinché siano ridotte le disuguaglianze sociali e di dare impulso alla Costituzione del 2008, che riconosce la costruzione dello Stato multiculturale e plurinazionale, i diritti dei popoli indigeni, la sovranità alimentare e rifiuta il modello economico neoliberista.

Indipendentemente da chi sarà lo sfidante al ballottaggio, Arauz ha comunque ottenuto un ampio numero di consensi in tutti i dipartimenti e, in un’intervista rilasciata a caldo poco dopo lo scrutinio, ha dichiarato che preferirebbe proseguire la battaglia per Palacio de Carondelet contro Lasso, il quale esprime idee radicalmente differenti dalle sue e quindi la disputa con l’esponente di Creo risulterebbe più chiara di fronte all’elettorato.

Arauz, 36 anni, è il candidato più giovane che potrebbe raggiungere la presidenza. Delfino di Correa, presidente dell’Ecuador dal 2007 al 2017, se conquisterà la presidenza dovrà far fronte a uno Stato distrutto economicamente da Moreno e che di certo non migliorerà se andrà nelle mani dell’ultraliberista Lasso. Anche per questo motivo Pérez giustificherebbe male un sostegno dall’elettorato di Lasso, giunto alla terza candidatura consecutiva (dopo due sconfitte) vantando per tutta la campagna elettorale la sua appartenenza all’Opus Dei e le amicizie con personaggi come José María Aznar e Vargas Llosa, oltre ad essere azionista di una delle più importanti banche del Paese.

La situazione resta tuttavia molto complessa e in divenire anche all’interno del movimento indigeno

Una vittoria di Arauz al secondo turno rappresenterebbe l’unico modo per dare voce a tutti coloro che avevano partecipato al levantamiento dell’ottobre 2019 contro gli aggiustamenti strutturali che Moreno cercò di imporre tramite il Fondo Monetario Internazionale. Le comunità indigene parteciparono in massa a quella mobilitazione che si concluse con 11 morti, 1340 feriti e oltre 1190 arrestati. Anche per questo sarebbe poco credibile un’alleanza tra Lasso (le cui politiche saranno molto simili, se non peggiori, di quelle di Moreno) e Pérez.

In questo contesto la destra ecuadoriana non è rimasta comunque con le mani in mano, sia scatenando una violenta campagna mediatica sui social network contro Arauz sia sfruttando la pandemia per compiere un processo di depoliticizzazione della società ecuadoriana.

Se fosse Pérez a partecipare al ballottaggio, saranno le modalità di prosecuzione della sua campagna elettorale a dire se si tratterà di un secondo turno all’insegna della sfida tra due diversi progetti di sinistra. Al tempo stesso, una vittoria di Arauz potrebbe far partire nel migliore dei modi le sinistre latinoamericane in un 2021 che sotto il punto di vista elettorale si annuncia impegnativo, soprattutto se manterrà il suo impegno per rianimare le principali strutture dell’integrazionismo latinoamericano Unasur e Alba, attualmente in difficoltà, e non intraprenderà repentini cambiamenti di rotta come alcuni sui predecessori, in particolare Moreno e Gutiérrez.

ELEZIONI IN SALVADOR FRA VIOLENZE E INCERTEZZE

di Maria Teresa Messidoro (*)

Ecco alcuni titoli dei quotidiani salvadoregni, mercoledì 10 febbraio 2021:

“Il 9 febbraio (2020) ha dato inizio al discorso di odio del presidente Bukele (1)

“ARENA  e l’FMLN cercano di destituire il presidente”

Per comprendere fino in fondo ciò che sta succedendo in El Salvador, bisogna risalire a domenica 31 gennaio, quando un microbus che trasportava simpatizzanti del FMLN, organizzatori di un incontro pubblico del candidato a sindaco di San Salvador del FMLN, Rogelio Canales,  è stata vittima di un attacco armato: il bilancio è due persone morte e tre ferite.

Poteva essere una tragedia ancora più grande, visto che sul pulmino viaggiavano anche donne e bambini, tutti rigorosamente disarmati.

La prima reazione del presidente Bukele è stata insinuare che il partito di sinistra potrebbe aver organizzato un auto-attentato, per recuperare alcuni punti alle prossime elezioni visto che le previsioni  lo pongono al bordo di una cocente sconfitta.

Un commento sintetico ed efficace è il titolo dell’articolo apparso sul giornale on line El Faro Digital il 1 febbraio.

“Bukele trasforma due omicidi in un incendio politico”.

E ancora, nello stesso articolo:

“Neanche un attacco armato contro simpatizzanti del FMLN, che finora ha come risultato la morte di due di loro, ha ottenuto lo scopo di vedere Nayib Bukele comportarsi all’altezza della sua investitura come presidente della Repubblica. Pochi minuti dopo aver ricevuto la notizia, ha deciso di trasformare quanto accaduto in una opportunità per fare propaganda elettorale”. (2)

Dei tre arrestati, due sono guardie del corpo dell’attuale Ministro de Salud salvadoregno.

“Sicurezza del Ministro Alabí coinvolta nell’attacco alla carovana del FMLN”

“Lavoratori del Ministerio de Salud sono coinvolti nell’attacco al FMLN”

“La lotta non è terminata con gli accordi di pace”: sono le ultime parole di Juan de Dios Tejada, uno dei due simpatizzanti del FMLN rimasto ucciso; era sopravvissuto al conflitto armato, durante il quale aveva perso tutta la sua famiglia: si è trasformato in un martire nell’apparente “tempo di pace”, il tempo bukeliano, come alcuni ormai definiscono la gestione di Bukele.

Il presidente Bukele recentemente aveva già indignato organizzazioni salvadoregne ed internazionali, impegnate nel campo dei diritti umani, per aver dichiarato che gli Accordi di Pace, firmati nel 1992, sarebbero stati una “farsa”, un accordo tra corrotti.

Per ciò che concerne le prossime elezioni del 28 febbraio, in cui verrà eletta l’Asamblea Legislativa del paese e si svolgeranno le elezioni amministrative locali, secondo una indagine del Centro de Estudios (CEC) della Universidad Francisco Gavidia (UFG), Nuevas Ideas (il partito dell’attuale presidente) potrebbe ottenere addirittura il 65% dei voti, consolidandosi come primo partito; un 7% voterebbe ARENA (il tradizionale partito rappresentativo della destra del Paese), il 3% GANA (il partito con cui si era presentato Bukele nelle scorse elezioni presidenziali e che in questo caso potrebbe essere l’ago della bilancia), e solo il 2,2% al FMLN, lo storico partito di sinistra, nato dall’omonima organizzazione guerrigliera che ha guidato l’opposizione armata durante i dodici anni di guerra civile.

Nelle elezioni per i sindaci, un 60% della popolazione voterebbe candidati di Nuevas Ideas, il 12% di ARENA, mentre il 5,3% voterebbe per il FMLN e altrettanti per GANA.

E’ da notare che se la pandemia si mantenesse ai livelli attuali, un 73% della popolazione andrebbe comunque a votare, mentre il 20% sceglierebbe di non partecipare.

Esiste una galassia di partitini che non raggiungerebbero l’un per cento: l’unico degno di nota è Nuestro Tiempo, nato da una scissione da ARENA, voluta dall’ex deputato arenero Johnny Wright Sol, rampollo di una delle famiglie più potenti di El Salvador, formatosi fin da piccolo negli Stati Uniti(3).

A Nuestro Tiempo hanno aderito Bertha Deleón e Keyla Caceres, esponenti della Colectiva feminista (CF), una delle organizzazioni femministe più autorevoli oggi in El Salvador. Bertha e Keyla hanno scommesso sul nuovo piccolo partito, presentando cinque proposte di genere, tra cui le più importanti riguardano la legalizzazione dell’aborto in casi specifici(4), la Ley de Educación Integral en Sexualidad (EIS) e la Ley de Responsabilidad del Estado con le vittime di femminicidio. L’aver presentato questa piattaforma all’interno di Nuestro Tiempo, ha suscitato un dibattito dai toni accessi all’interno del movimento femminista, in cui la Resistencia Feminista – che comprende Las Melidas, Las Dignas e FUNDEMUSA – è alleata da sempre con il partito FMLN, e non accetta quindi la posizione, definita ambigua,  assunta dalla CF. Un riconoscimento a Deleón e Caceres è giunto da Morena Herrera, storica figura della Agrupación Ciudadana por la Despenalización del aborto: “Ho fiducia, come salvadoregna, come cittadina, come madre, come nonna e come femminista, che con Bertha e Keila avremo delle ottime rappresentanti nell’Asamblea Legislativa. E’ il luogo  dove le andremo a cercare, ad appoggiare, ad esigere che rappresentino i nostri interessi, e non solo quelli delle donne. Perché l’aspirazione a vivere in una società democratica è un interesse nel poter migliorare la vita di tutti, uomini e donne” ha affermato.

Una investitura in piena regola. Che farà discutere.

Occorre infine ricordare che Bertha De León ha presentato una denuncia di incostituzionalità contro Walter Arrujo, candidato a deputato con il partito Nuevas Ideas per San Salvador, in seguito a una sua precedente denuncia di espressioni di violenza contro le donne da parte di Arrujo. Secondo la rivista digitale femminista Alharaca, negli ultimi tre mesi, Aruujo ha postato sui social almeno due messaggi al giorno a carattere sessista o omofobico. La Sala Costitucional di San Salvador ha deciso di sospendere la sua candidatura(5).

Il 28 febbraio potrebbe rappresentare dunque una svolta epocale nella storia politica di El Salvador, se effettivamente Bukele con Nuevas Ideas conquistasse la maggioranza, riducendo ai minimi storici l’FMLN e indebolendo definitivamente ARENA; e se alcune donne portatrici delle istanze del movimento femminista riuscissero ad essere elette deputate, restituendo giustizia alle tante donne  in carcere con accuse gravissime di omicidio aggravato per procurato aborto.

Resta sullo sfondo la denuncia presentata dalla Coordinadora Salvadoreña de Movimientos Populares perché si faccia chiarezza su quanto successo il 9 febbraio dell’anno scorso, con l’irruzione autoritaria di Bukele nella sede dell’Asamblea Legislativa e la sua messa sul banco degli imputati per posizioni pubbliche che incitano all’uso della violenza.

Vedremo se il popolo salvadoregno, che ha battuto regimi e dittature militari, riuscirà a sconfiggere l’autoritarismo di Bukele.

 (6)

 

  1. Per ciò che è successo il 9 febbraio cfr https://www.labottegadelbarbieri.org/bukelazo/
  2. https://elfaro.net/es/202102/columnas/25191/Bukele-convierte-dos-homicidios-en-otro-incendio-pol%C3%ADtico.htm, articolo da cui è tratta anche la copia del twitter di Bukele
  3. Nella famiglia Wright, di origine inglese, divenuto un potente clan dal 1862, esiste in realtà una “pecora nera”, José Wright, schieratosi a fianco della popolazione durante il regime dittatoriale del presidente Maximiliano Hernández e assassinato il 7 maggio 1944, evento che portò alla caduta del dittatore https://www.elsalvador.com/fotogalerias/noticias-fotogalerias/las-fotos-ineditas-de-jose-wright-cuyo-asesinato-marco-la-caida-de-hernandez-martinez/590916/2019/ .
  4. Quando la gravidanza mette a rischio la vita della madre, quando il feto presenta malformazioni incompatibili con la vita extrauterina e quando la gravidanza è frutto di una violenza sessuale o tratta di persone.
  5. https://www.alharaca.sv/actualidad/los-tuits-de-walter-araujo-que-acabaron-con-su-propia-candidatura/
  6. Le pagine di Equipo Maiz appaiono settimanalmente come inserto del quotidiano salvadoregno Contrapunto, www.contrapunto.com.sv

(*) vicepresidente associazione Lisangà culture in movimento, www.lisanga.org

Redazione
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