Elisabetta Maltese – Lupo

 

by Andrey Litov

 

A volte diventava necessario raccontarmi per pareggiare i conti.
Ai ragazzi non piace parlare e basta. Non a loro, almeno.
Sono stati ascoltati già troppe volte e la storia sembra non appartenere più a loro.
Altre volte, invece, basta una frase.

Sono entrata in quella casa con il mio collo alto bianco, i pantaloni gessati sotto a un cappottino grigio. Non volevo essere diversa dal solito.
Era l’ora della colazione e non aspettavano visite.
Serena, la responsabile della casa, invece, mi attendeva.
Mi accolsero una quarantina di occhi in pantofole e Serena, dritta malgrado gli anni.
Non mi chiese nulla mentre i ragazzi mi circondavano: erano di tutte le età e non tutti italiani.

Nel giro di un attimo, mi ritrovai con un bambino in braccio e gli altri intorno a chiedermi se fossi un’altra operatrice.

«No, sono solo Paola».

Cercai di divincolarmi da una mano che mi tirava e guardai un ragazzo che avrà avuto non più di dodici anni. Era arrivato per ultimo e se ne stava in disparte, ad osservarmi dallo stipite della porta della cucina.

«E tu? Come vuoi che ti chiami?»

gli chiesi avvicinandolo.

«Lupo».

«Allora piacere, Lupo»

stringendogli la mano.

Scoprii solo dopo che tutti lo chiamavano Pero e che non sapevano quale fosse il suo vero nome.

«Fatemi fare due chiacchiere con Serena e poi vengo da voi, va bene?»

dissi togliendomi il cappotto, ridendo».

Serena sedeva in una poltrona del salone, una stanza enorme che fungeva da sala da pranzo, con il grande tavolo al centro, lungo, dove nel pomeriggio ci si sedeva a fare i compiti di scuola o a colorare.

Accanto alla poltrona un divano e mi misi lì, in silenzio, aspettando che lei mi dicesse qualcosa.

«Non chiamarli mai amore. Ho sentito che chiamavi così Michele. E’ nel nome dell’amore che hanno vissuto le più atroci violenze e che sono qui. L’amore è sacro: non è un intercalare solo perché sono piccoli. Dillo solo quando è vero e solo dopo che il tempo ti avrà dato ragione. Per il resto fai tu: non c’è bisogno che ti racconti perché il tribunale me li ha affidati, non è questa la cosa importante. Fai solo quello che davvero puoi e non mentire mai. Il piccolo che avevi in braccio sta per essere affidato e stiamo seguendo il suo inserimento nella nuova famiglia. Nel pomeriggio la conoscerai. Non ho altro da dirti, Paola. T’immaginavo diversa, chissà perché… Ora vai».

Non era stata né rassicurante né incoraggiante, ma non ebbi il tempo di pensare: una voce chiamava il mio nome da qualche parte della casa.

Erano tutti lì, in riunione in una delle stanze da letto, i più piccoli felici della nuova compagna di giochi, i più grandi ad aspettare il mio primo passo falso.
E Lupo in disparte, un sorriso appena accennato al mio sguardo per lui.
La mia paura era di farmi male: come accettare che dei bambini avessero già un passato così pesante e un’ombra lunga sul futuro?

Ma non c’era tempo per la paura: ognuno aveva un suo linguaggio e per ciascuno dovevo trovare parole esclusive. E il punto di partenza era sempre il dolore. Il loro, il mio. Solo da quel contatto si poteva arrivare ad una risata.

«E tu? Come vuoi che ti chiamo?»

«Gaia».

«Allora ciao, Gaia».

«Ciao, Lupo».

Un giorno, dopo circa un mese che andavo lì, entrando trovai la casa in subbuglio: Lupo era scappato.
La polizia a cercarlo, Serena pallida sulla poltrona, un paio dei più grandi silenziosamente ammirati.
Penso di sapere dove sia ora. Non ha fatto un grande affare a scappare, anzi, ma Lupo era così.
Pero non poteva proprio essere il suo nome.
Dopo un paio di giorni capimmo che non sarebbe più tornato e c’erano gli altri a cui pensare.

Funziona così, lì.

Manuel che va via in affidamento e un altro piccolino che arriva, più complicato, magari, perché non sa ancora parlare a tre anni e se lo tocchi urla tutto il suo rifiuto.

E si ricomincia, sempre cercando, in fondo, uno spigolo di dolore che diventi incastro. E se non lo trovi la battaglia è persa ancor prima di averla cominciata. E proprio non ce la fai a non provare a combatterla.

Elisabetta Maltese

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per informazioni e invio testi:
clelia pierangela pieri – xdonnaselva@yahoo.it
luigi di costanzo       – onig1@libero.it

 

Clelia

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