Emilia-Romagna: impatto sanitario e ambientale dell’amianto

di Vito Totire (*)

Un report di interesse regionale ma con spunti per una discussione di interesse generale.

Danni alla salute, tempi biblici nelle bonifiche, disconoscimento delle malattie professionali: un quadro molto negativo in cui occorre risalire la china.

Queste sintetiche note hanno il senso di fare un primo quadro della situazione in Emilia-Romagna ma vogliono essere anche un invito sia ad approfondire i temi che soprattutto a creare sinergie con altri territori e con altre persone che hanno a cuore la salute dei lavoratori e dei cittadini.

L’amianto ha colpito e purtroppo colpirà ancora nel territorio regionale dell’Emilia-Romagna.

I comparti produttivi più a rischio si sono rivelati:

  • allestimento e manutenzione carrozze ferroviarie, rischi estesi alle officine e al personale viaggiante (in particolare i macchinisti);
  • produzione cemento-amianto; le aziende sono state dieci, 8 in provincia di Reggio Emilia (Nuova Artclit, Cemiant,Eternit, Fibrotubi, Itamiant,Cemental, Sidercam, Uprocem), 1 della provincia di Modena (Superlit), 1 in provincia di Ferrara (Maranit); una coorte che ha avuto un picco complessivo contemporaneo di 810 addetti ma che oggi è la “fonte” del tasso di incidenza di mesoteliomi maggiore fra tutte e province dell’E-R;
  • polo chimico Ravenna, Enichem e altri siti;
  • edilizia, rischio subdolo ma rilevante e diffuso tanto da riguardare il numero più alto di casi per comparto;
  • zuccherifici e altre aziende alimentari;
  • metalmeccanica, industria manifatturiera, produzione di energia, ecc.;
  • cave ofiolitiche Emilia Nord;
  • servizi (scuole e altro).

I dati sui mesoteliomi sono raccolti dal Renam che ha il coordinamento a Reggio Emilia presso il servizio di vigilanza nei luoghi di lavoro. Da decenni diciamo che il registro deve essere redatto in maniera più esaustiva ma non c’è verso di intendersi; i dati dell’ultimo rapporto (giugno 2019) sono riportati nel paragrafo che segue.

Dati sanitari

Il numero dei mesoteliomi censiti dovrebbe essere quasi prossimo al reale. Qualcuno ogni tanto “sfugge” pur essendo la segnalazione un obbligo legislativo. Impossibile al momento conoscere i dati relativi agli altri tumori asbesto-correlabili. Per avere alcuni primi dati approssimativi occorrerebbe poter contare sulla collaborazione dei servizi di medicina del lavoro (anche attraverso il sistema Malprof) e dell’Inail. I dati Inail sono “blindati” e quelli Ausl pure inaccessibili. Come è noto le stime del rapporto mesoteliomi/tumori polmonari sono diverse e contraddittorie ma tutte vedono un numero molto superiore rispetto ai mesoteliomi (la stima più estrema è di 1/10, più frequenti di 1/2 oppure 1/2,5). Dal 2014 – ma in EmiliaRomagna anche un po’ prima – non ci sono molti ostacoli al riconoscimento dei tumori laringei in persone esposte professionalmente ad amianto anche perché la patologia è ormai tabellata in LISTA I; diciamo “alla buon’ora” visto che la evidenza del nesso risale almeno al 1973…

Con una certa frequenza si sono verificati disconoscimenti da parte dell’Inail di mesoteliomi (come in tutta Italia). Ancora più spesso i disconoscimenti hanno riguardato tumori polmonari e ancora peggio (anzi sistematicamente) i tumori gastroenterici o del rene ecc. Frequente il ricorso ai tribunali per ottenere i riconoscimenti dei tumori citati. Quasi sempre l’esito è positivo per la parte lesa ma sistematicamente occorre aspettare primo e secondo grado di giudizio con grave distress per chi ha subìto la malattie e per i familiari.

L’Inail asserisce che le patologie in LISTA II vengono e devono essere segnalate per “fini epidemiologici” ! In altri termini: vengono respinte d’ufficio. Ancora peggio per le patologie del tutto non tabellate (a esempio tumore del rene in esposti ad amianto). Questo nonostante l’apertura storica fatta su questo tema – cioè sulla inaccettabilità di una “lista chiusa” – dalla magistratura (Corte costituzionale, sentenza 179/1988).

I dati RENAM aggiornati al 30 giugno 2019 vedono questo quadro:

a partire dal 1.1.1996 i casi di mesotelioma censiti sono stati 2812; 1905 attribuiti all’amianto (1677 professionali , 228 tra paralavorativi e esposizioni ambientali). Secondo gli osservatori il trend è stato in crescita fino al 2016 e poi si sarebbe stabilizzato. La provincia col tasso più alto nei maschi è Reggio Emilia (6.4 x 100.000 abitanti); per le femmine Piacenza (1.9). Sono attribuiti all’edilizia 251 mesoteliomi, alle carrozze ferroviarie 179, al comparto metalmeccanico 145; a zuccherifici-industrie alimentari 137; alla produzione del cemento-amianto 116, alla produzione chimica/plastica 91.

Ovviamente i tassi di incidenza sono diversamente significativi rispetto ai numeri assoluti. Il dato numerico della edilizia è l’effetto di esposizioni “più basse” rispetto al comparto del cemento-amianto, ma con coinvolgimento di una coorte estremamente più numerosa.

I casi che i registri regionali Renam non attribuiscono all’amianto (più esattamente si parla di esposizione improbabile) sono soggetti a strumentalizzazione da parte dei difensori di aziende e di imputati. Si insinua spesso cioè che il 20% dei casi hanno altra causa. Occorre maggiore chiarezza. Anzitutto va detto che troppo spesso il questionario Renam viene “somministrato” post-mortem, ovviamente ai familiari…Oppure la persona viene contattata troppo tardi per poter conferire compiutamente circa la sua anamnesi professionale. Questo comporta gravi lacune nella memorizzazione delle effettive occasioni professionali di contatto con amianto. A questo proposito significativi sono gli studi di Bianchi (Monfalcone) che nelle sue osservazioni è giunto ad attribuire all’amianto il 100% dei casi. Analogamente a Reggio Emilia in virtù dell’accuratezza della raccolta dei dati anamnestici (tanto più possibile quanto più la compilazione del questionario Renam è tempestiva) si è giunti ad evidenziare l’attribuzione all’amianto nei maschi almeno nel 90%. In sostanza, prima di “inventare” percentuali di casi in cui non è stato l’amianto l’agente eziologico occorre essere molto rigorosi nella raccolta dell’anamnesi. A volte anche il rigore dell’intervistatore può non essere sufficiente in quanto, con una certa frequenza, i lavoratori sono rimasti effettivamente all’oscuro di esposizioni comunque subìte. Rimane abbastanza alta l’incertezza nelle anamnesi delle donne; la stretta vicinanza (tra maschi e femmine) del numero dei casi di mesoteliomi peritoneali rimane un’apparente incognita sulla quale abbiamo più volte avanzato una ipotesi interpretativa che però ha riscontrato scarso interesse anche nella comunità scientifica (avremo modo di approfondire).

Dati giudiziari

La situazione è molto frastagliata. Un primo filone è quello legato al processo Eternit per la “filiale” Eternit di Correggio. I fatti sono noti, la coorte dei lavoratori di Rubiera ha seguito la vicenda generale Eternit.

Le ulteriori grosse questioni giudiziarie in sede penale sono :

  • OGR di Bologna; procedimenti giudiziari numerosi e frammentari; “scelta” della magistratura poco comprensibile; si sono alternate sentenze “favorevoli” e sentenze non condivisibili; soliti i temi del contendere: la fibra killer, la dose cumulativa, ecc; la notevole frammentarietà rende difficile riassumere il quadro generale, lavoro comunque che stiamo facendo, per delineare un bilancio realistico delle procedure nel loro complesso; non risultano procedimenti penali per malattie asbesto correlate ai danni di macchinisti ma qualcuna dovrebbe partire a breve; in recenti seminari di tipo epidemiologico è stata riconfermata la discrepanza tra “casi accertati” e “casi totali”; i tumori emersi dalla coorte sono 300 o 600? Nessuna incognita inspiegabilebit. Abitualmente al percorso penale vengono avviati solo alcuni tumori e non tutti. Questo è un errore in quanto l’evidenza per tumori anche diversi dalla pleura (mesoteli in generale) e polmone è palese. Su questo occorre impegnarsi nei prossimi mesi. Il sito OGR di Bologna, in via Casarini, poi è entrato nei SIN (siti di interesse nazionale). Decisione utile e fondata. Tuttavia: a) alcune fonti diciamo “datoriali” avevano asserito che l’amianto non era più presente da lunghissimo tempo; la dichiarazione di SIN pare evidentemente asserire il contrario; b) perché si stanzia un milione di euro (denaro pubblico) per un piano di caratterizzazione? Certo qualcuno di quelli che affermavano “chi inquina paga” stava scherzando; noi però non eravamo tra quelli che scherzavano; c) da quando la notizia (del SIN) è ufficiale (dicembre 2017-gennaio 2018) NON SI E’ SAPUTO NIENTE… Vuoi vedere che qualcuno intende fare la “Conferenza dei servizi” senza la partecipazione di tutte le parti sociali o, per essere più precisi, escludendone alcune scomode?
  • Enichem Ravenna: processo penale di primo grado conclusosi con una sentenza disastrosa, da rigettare. 35 casi di mesotelioma e numerosi altri casi di patologie tumorali non hanno “convinto” il giudice penale di primo grado. Siamo in appello alle prese con l’ostruzionismo della difesa degli imputati che ha fatto intravedere un’ipotesi suggestiva: la difesa vorrebbe scegliere lei i consulenti tecnici d’ufficio. Infatti è stata prima rigettata dalla corte di appello un’istanza di ricusazione, poi rimbalzata presso la Cassazione. La difesa contesta la nomina di un ctu con motivazioni risibili. Prossima seduta, corte d’appello di Bologna, 6 dicembre 2019.

In sede civile

Una miriade di contenziosi nei tribunali. Si è profilata una “linea di difesa” dei padroni secondo cui i tumori polmonari andrebbero riconosciuti come correlati ad amianto solo se la diagnosi di tumore è contestuale a una asbestosi polmonare. Pare che qualche società “scientifica” stia lavorando a questa pezza d’appoggio che evidentemente è priva di fondamento. A Ravenna risulta essere emerso questo criterio valutativo da parte dei giudici. Non viene assecondata l’ipotesi (come si diceva: infondata scientificamente) dell’asbestosi polmonare come “sine qua non” che prelude al tumore polmonare. Non si indulge neppure (nelle sentenze dei giudici) in nessuna confusione circa l’eventuale concausa del fumo di sigaretta. In assenza di pregressi campionamenti ambientali pare che il giudice maturi la sua convinzione in relazione alla mansione del lavoratore (per il manutentore riconoscimento, per l’operatore di esercizio no). Questo a Ravenna, in primo grado. Da sottolineare presso il tribunale di Rimini il caso di un mesotelioma “paralavorativo” ai danni della moglie di un operaio delle ferrovie in cui il giudice ha rigettato la ctu – ovvero una consulenza tecnica d’ufficio – che era favorevole al riconoscimento del nesso eziologico; e ha condannato la parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento!

Un messaggio molto chiaro… il giudice è il peritus peritorum, può formalmente respingere le conclusioni della ctu. Se la parte lesa deve anche pagare le spese processuali può non avere l’energia per andare in appello, in attesa del patrocinio pubblico della difesa legale ipotizzato dal Testo unico amianto, una esperienza che mostra come il ceto politico sia sempre attento a …fare promesse.

In sede assicurativa

  • Si trascinano ancora, penosamente, procedimenti per la maggiorazione pensionistica, a seguito di esposizione di almeno 10 anni ; molti si concludono positivamente per il lavoratore; dove positivamente significa giusto riconoscimento alla maggiorazione pensionistica dopo anni e anni di distress…La nostra proposta, di passare le competenze alle Ausl, come per il riconoscimento della eziologia professionale delle malattie, ha sempre trovato la ostilità (quasi) unanime del ceto politico tutto proteso a difendere ed aumentare le prerogative e i poteri dell’Inail; anche qui il messaggio è molto chiaro… Di recente Inail di Ravenna ha archiviato un caso di duplice tumore con la burocratica formula dell’inesistenza del nesso di causa perché Syndial ha dichiarato che il lavoratore non è presente nei suoi archivi…!
  • Condotta molto critica dunque quella dell’Inail; si è dovuto fare persino contenziosi su casi di mesoteliomi (Bologna e Ferrara) e di tumori polmonari (sempre “vinti”). Sempre “vinti” anche i contenziosi su tumori gastroenterici e della tonsilla; “vinto” ci risulta, anche se non gestito da noi, un contenzioso per un tumore delle vie biliari (vedi studi di Brandi e altri). In linea di massima pare che l’Inail non ricorra in appello nei casi di tumori del polmone o di mesoteliomi. Sempre ricorre invece per casi di tumori di altre sedi, Circa i ricorsi contro il riconoscimento di mesoteliomi o tumori polmonari la resistenza dell’Inail pare motivata da valutazioni Contarp – cioè Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione – circa il livello quantitativo della esposizione (!), fatto assurdo per i mesoteliomi e “sorprendente” per i tumori polmonari considerato anche il criterio della presunzione legale della esposizione (criterio che non abbiamo mai peraltro dovuto invocare avendo seguito casi di esposizione comunque ben evidente). Per i tumori gastroenterici invece Inail (peraltro in tutta Italia) asserisce – d’ufficio, sempre e comunque – la non completa evidenza del nesso eziologico. Parimenti l’Inail asserisce (e nessun rappresentante governativo o ministeriale o istituzionale ha contraddetto questa tesi) che la segnalazione di una patologia in LISTA II ha mera finalità epidemiologica! In altri termini il medico compila documenti sempre più complicati per dare all’Inail un dato epidemiologico! Lo stesso lavoratore portatore di patologia eventualmente anche tumorale firma il certificato… per collaborare con Inail nelle sue indagini epidemiologiche ma non deve avere alcuna aspettativa di “riconoscimento”!

Situazione ambientale

Ci sono buoni motivi per ritenere che l’amianto friabile sia ormai in grande parte bonificato (salvo sorprese che forse sorprenderebbero poco). Rimangono diverse questioni:

  1. cemento-amianto diffuso nel territorio; migliaia di siti necessitano ancora di bonifica; esiste una linea-guida regionale in materia; è una gruviera che consente di temporeggiare oltre ogni tempo ragionevole;
  2. nell’ambito del problema generale c’è quello più grave dei siti industriali dismessi per i quali ci sono a volte difficoltà ad individuare un responsabile giuridico oppure il responsabile non è in grado momentaneamente di sopportare gli oneri della bonifica. Abbiamo proposto ed esigiamo la costituzione di un fondo regionale per le bonifiche urgenti da effettuare “in danno” con successiva azione di rivalsa. Abbiamo denunciato come illecita la messa all’asta da parte dei tribunali fallimentari di edifici non bonificati. Il “palazzo” non risponde, consapevole che abbiamo inciso un bubbone pestifero e per ora, sta passando la linea della “rimozione psicologica” al posto della rimozione fisica (dell’amianto). Purtroppo dobbiamo insistere…
  3. molti di questi siti (capannoni industriali) sono “incredibilmente” avviati, come già detto, ad aste giudiziarie che quindi non soltanto consentono – con la autorizzazione dei tribunali fallimentari (dovremo discutere in che senso fallimentari) – la compravendita ma con l’aggravante provocatoria di scrivere a volte negli annunci che la copertura “potrebbe” essere di cemento-amianto; dunque nonostante la legge vieti la commercializzazione di amianto e materiali che li contengono, questi tribunali mettono all’asta amianto e/o materiali che forse lo contengono…
  4. cemento-amianto underground (tubazioni per l’acqua “potabile” e fognature). Anche in questo caso le istituzioni piuttosto che rimuovere fisicamente le tubazioni, rimuovono psicologicamente il problema facendo finta che le dosi di amianto disperse siano basse. Per ipnotizzare l’opinione pubblica le istituzioni fanno – al momento purtroppo senza rischio di impresa – il noto gioco delle tre carte. Anche in questo caso con le persone interessate possiamo approfondire. Un solo dato: due volte soltanto in E-R è stato effettuato un esame in TEM; risultato: da 1.5 a 2.5 milioni di fibre per litro d’acqua (Ravenna);
  5. cave di ofioliti (pietre verdi) contenenti amianto: nell’assurdo Kafka è stato surclassato. Istituzioni e ceto politico sono riusciti a tenere aperte le cave anche dopo la legge 257/92. Prendiamo atto che si organizzano corsi di italiano per stranieri, l’iniziativa è meritoria; ma i corsi di italiano per italiani? Insomma nonostante la legge 257-92 (divieto di estrazione, commercializzazione di amianto e materiali che lo contengono…) si è riusciti a tenere queste cave aperte. L’amianto è poco, qualcuno ha detto. Abbiamo voluto fare un raffronto tra due comuni appenninici emiliani uno ofiolitico (Borgo Taro) e uno non ofiolitico (Loiano). Da quando i mesoteliomi sono censiti (1996) a oggi risultano 8 mesoteliomi a Borgo Taro e zero a Loiano: fortuna che l’amianto era poco. La Regione Emilia-Romagna che passa immeritatamente per una regione all’avanguardia ha autorizzato (parliamo del dopo legge 257/92) ad avanzare nelle cave con la dinamite… Salvo divieto di rientrare in cantiere prima di due ore.

In attesa del mitico TUA – testo unico amianto che affronta (in maniera poco chiara il problema dei censimenti) – solo pochissimi sindaci hanno accolto la proposta avanzata a ognuno di loro per iniziativa congiunta di AEA (Associazione Esposti Amianto) e Legambiente E-R di emanare una semplice ordinanza per il censimento capillare dell’amianto presente nel territorio.

Solo alcuni Comuni hanno adottato politiche concrete di facilitazione degli smaltimenti corretti per cui il territorio pullula di abbandoni abusivi e sarà così ancora per molto tempo se sulla questione amianto non si cambia totalmente la cabina di regia.

CONCLUSIONI

Quel che è emerso, in quanto a giusto risarcimento per le vittime, è solo la punta dell’iceberg. Lentissimamente si vanno costituendo gli ambulatori amianto nelle varie province dell’E-R. Con grave ritardo dunque in quanto, in ambito giuridico-istituzionale, la necessità di monitorare lo stato di salute di chi è stato esposto a fattori di rischio che hanno lunga latenza risale quantomeno al 1991! La logica umana è ovviamente precedente al 1991 ma è funzionale agli interessi del capitale produrre 10 tumori ma risarcirne (forse) solo uno.

Nel 2001 la Regione FVG, dietro la spinta della AEA, ha formalizzato una legge regionale per la costituzione dell’anagrafe degli ex-esposti. Ma le cose a livello nazionale sono andate troppo lentamente. Ancor oggi in E-R le istituzioni stanno tardivamente ragionando su come costruire questa anagrafe (che peraltro deve riguardare – a nostro avviso – tutti i cancerogeni).

A seguito di un imput della conferenza Stato-Regioni del 2018 –altro raro sprazzo di lucidità – si è compreso quello che asserivamo con forza almeno dal 1995: l’anagrafe si costruisce in maniera attiva e non solo dietro domanda di adesione del soggetto ex-esposto.

Su cosa occorre lavorare:

  • dare maggiore consistenza e capillarità alle anagrafi degli ex-esposti (amianto e cancerogeni); costituire l’anagrafe con una ricerca attiva delle persone che hanno subìto esposizioni;
  • gestire un programma congruo del monitoraggio periodico mirato a organi ed apparati bersaglio; questo vuol dire programma mirato alle patologie tabellate in lista I, II e III ma anche a quelle che la letteratura correla etiologicamente all’amianto pur se non menzionate nalle liste citate prima; il monitoraggio deve essere allargato alle patologie non tumorali correlabili; da lungo tempo infatti sono disponibili studi sulla incidenza di patologie autoimmunitarie “facilitate” dall’amianto; fino a quando questi eventi non saranno ben monitorati rimarranno quei margini di “incertezza” strumentalizzati per disconoscere i danni che la persona ha subìto;
  • nell’ambito delle attività di monitoraggio considerare anche le SINERGIE; si deve prendere atto di come i lavoratori esposti ad amianto sono stati esposti, spesso e simultaneamente, anche ad altri cancerogeni; significativi gli “eccessi” di tumori della vescica nella coorte Casaralta (15 contro 8 attesi) e gli “eccessi “ di tumore del rene e LNH nella coorte OGR, sempre a Bologna; abbiamo sondato presso l’Inail e dei tumori della vescica emersi dalla Casaralta pare esserne stato riconosciuto uno grazie però a giudizio del tribunale;
  • il monitoraggio deve essere esteso ai familiari conviventi, ovviamente previa rigorosa valutazione costi/benefici di eventuali accertamenti proposti;
  • supportare il lavoratore sia sul piano psicosociale che medico-legale che legale; il “buon proposito” del TUA (testo unico amianto) è come prevedibile rimasto al palo;
  • a livello di prevenzione primaria: completare (o iniziare?) il monitoraggio capillare del rischio nel territorio e nell’ambiente, aria, suolo e acqua “potabile”
  • chiudere e mettere in sicurezza le cave di pietre verdi
  • esautorare l’Inail: ma questo è obiettivo nazionale non regionale.

Siamo disponibili a tutti gli approfondimenti necessari sia sui contenuti delle osservazioni sia sulle strategie da adottare per mitigare le ingiustizie e gli abusi.

PICCOLA BIBLIOGRAFIA

Dossier Amianto 1986-1993, Dossier 14 Regione Emilia-Romagna

Pavone e altri, Mortalità in una coorte di addetti alla costruzione e riparazione di carrozze ferroviarie in una azienda di Bologna in «La medicina del Lavoro», volume 103, numero 2,112-122

RENAM, sesto rapporto nazionale, reperibile via internet

(*) Vito Totire è portavoce di Aea, l’Associazione esposti amianto e rischi per la salute.

PER CONTATTI: vitototire@gmail.com

Le due vignette – scelte dalla “bottega” – sono di Altan e di Mauro Biani

 

 

Redazione
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