Emma, Maria, Marge, armonie, consigli e vento

“Se non posso ballare, allora non è la mia rivoluzione”: un articolo firmato Le donne di Armonie – Bologna e apparso su  NoStop (giugno 2011) periodico della Filt-Cgil Lombardia.

Per il titolo dello stage che si è tenuto all’associazione Armonie di Bologna, il 3 e il 17 aprile, Maria G. Di Rienzo, chiamata a condurlo, ha proposto questa frase di Emma Goldman, che ci è piaciuta tantissimo, da subito. Nel sottotitolo, inteso a illustrare lo scopo degli incontri si legge: “Suggerimenti di resistenza e pratiche di comunicazione non violenta per donne” e per finire l’appello a partecipare: “Gradite femministe, attiviste, lesbiche, militanti …..”. E’ già un programma, fin dalle prime parole.

Un intento e un invito descritti anche dalle parole di Maria G. Di Rienzo: “Il nostro lavoro è complicato, urgente, multidimensionale. Stiamo lottando in tutto il mondo contro i signori della guerra e il terrorismo di stato, contro l’inquinamento e la privatizzazione dei beni comuni, contro il traffico di donne e bambine, contro la violenza domestica. Come attiviste possiamo parlare per ore di come fermare la guerra e di come metter fine alla violenza di genere, ma per discutere delle nostre paure non c’è tempo. La “causa” è ciò che importa, il nostro stress, la nostra ansia, la nostra fatica sono faccende private… oppure no?

Quando si è stanche e sotto pressione, comporre progetti efficaci e svilupparli o, semplicemente, analizzare nel modo più obiettivo possibile la situazione diventa difficile.

Preoccuparsi delle persone amate e di cosa faremo senza lavoro o senza pensione sono cose importanti quanto il finanziare i nostri gruppi o contrastare la violenza. Avere dalle nostre azioni un ritorno di energia e di speranza è importante quanto l’ottenere un risultato. Non c’è cambiamento ne’ per noi ne’ per gli altri, se noi, proprio noi attiviste, noi femministe, noi donne, non possiamo danzare.

Mantenere la nostra forza e la nostra gioia mentre lavoriamo per il cambiamento non è solo possibile: è necessario. Il condividere esperienze, l’ascoltare, il diversificare degli approcci potrebbero aiutarci. Che ne direste di provare?”

Maria G. Di Rienzo è nota e non solo alle lettrici di NoStop; ha attraversato con il suo impegno e la sua intelligenza vivace e ironica, gruppi, associazioni e movimenti, sostenendone le lotte e impegnandosi molto spesso in prima persona, cosa che non le ha impedito di accudire con sfrenata passione le sue gatte e di scrivere saggi e romanzi, l’ultimo “Nostra Signora della Luce”, un fantasy politico e militante da leggere tutto d’un fiato, facendosi trasportare da una scrittura inebriante sul sentiero ricco di immaginazione, senza per questo smettere di pensare ai problemi che affliggono la nostra realtà.

Ma perché la danza ?(è dato per scontato che nessuna si chieda perché la rivoluzione) Perché nonostante sia opinione diffusa – diffusa da un’attenta e puntuale propaganda tesa a arginare lo scossone che il movimento delle donne ha dato al sistema patriarcale – che le femministe siano donne piene di acredine, verso i maschi e quelle che li seguono, che tendano a curarsi poco, abbassando drasticamente il consumo di ceretta e cosmetici con il preciso scopo di mettere in evidenza la loro intelligenza, che attentino al benessere delle mogli spronandole a non fare bambini e a rinunciare a quella bella famiglia che ne uccide un paio al giorno, di mogli, beh, dicevamo, nonostante queste e altre dicerie, le femministe, udite, udite, hanno come obiettivo principale della loro vita desiderare, perseguire il piacere e divertirsi. E subito dopo, oppure in contemporanea, cambiare lo stato delle cose. Due cose difficilissime da fare, per la maggior parte degli umani. Meno male che siamo donne, femministe, lesbiche e militanti e qualche speranza di riuscirci ce l’abbiamo.Ma la fatica è grande e i risultati non sempre soddisfacenti, e così i gruppi, i collettivi, le associazioni di donne soffrono di momenti di stanchezza, di rotture dolorose dei rapporti d’amicizia e di stima oppure non si riesce a rendere efficaci le nostre battaglie, di cui a volte fatichiamo a trovare il senso . Così abbiamo chiesto aiuto alla Giusi, come la chiamiamo noi tutte, anche se a lei non piace. Le abbiamo chiesto di darci una mano nel mettere a fuoco le situazioni di conflitto, le incomprensioni e i processi decisionali che si creano in ambiti politici tutti al femminile, dove non si decide per alzata di mano, dove c’è un rapporto da sempre irrisolto con il potere per come lo abbiamo conosciuto, per lo più subito, dagli uomini, dove il personale è politico e “i due concetti” sono entrati in uno slogan senza essere chiaramente definiti del tutto. Fin dall’inizio, la partecipazione ci ha dato conferma che c’era bisogno di una iniziativa simile; nel gruppo di una ventina di donne che si è formato c’erano sindacaliste, militanti contro la guerra, donne che hanno creato associazioni, altre uscite dai partiti, altre ancora “assetate di partecipazione”, un tessuto di esperienze e percorsi diversi che ha contribuito alla buona riuscita del seminario magistralmente condotto dalla nostra maestra. Grazie ad alcune pratiche, abbiamo identificato su quali meccanismi e attitudini si basa il nostro stare insieme, abbiamo appreso come gestire le incomprensioni e le delusioni inevitabili dello stare e dell’agire in gruppo. Abbiamo imparato a volerci più bene, a noi stesse e alle altre, e a superare quella divisione e diffidenza che il sistema patriarcale tende a creare nelle donne. Abbiamo imparato a conoscerci meglio, a capire che un diverso punto di vista arricchisce, che è solo la qualità dell’ascolto che permette la comprensione, che le cose si possono dire in modi diversi e che il linguaggio plasma la realtà che ci circonda. Tutte cose magari già conosciute, ma che avevano bisogno di un momento di esperienza, di confronto e magari anche di poesia, per essere veramente capite. Ed è una poesia che accompagna gli incontri:

COUNCILS

(Consigli, nel senso di consigli composti da persone)

di Marge Piercy
Traduzione di Maria G. Di Rienzo

Dobbiamo sederci a ragionare insieme.

Dobbiamo sederci.

Quelli che stanno in piedi vogliono sproloquiare a pioggia su volti alzati verso di loro.

Dobbiamo sederci sul pavimento, sulla terra, su pietre e stuoie e coperte.

Non ci dev’essere una facciata a cui rivolgersi, nessuna piattaforma, nessun podio,

nessun palco o tavolo.

Non ci solleveremo per vedere chi sta parlando.

Forse dovremmo sedere al buio: al buio potremmo permetterci di dire i nostri sentimenti.

Al buio potremmo proporre, e descrivere, e suggerire.

Nell’oscurità non vedremmo chi parla, e solo le parole direbbero ciò che dicono.

Nessuno parlerebbe più di due volte.

Nessuno parlerebbe meno di una.

Così ci diremmo cosa proviamo e cosa vogliamo, cosa temiamo per noi stessi e gli altri.

Forse dovremmo parlare in gruppi, che sono la forma delle nuove famiglie:

una ventina di persone, più o meno.

Forse potremmo cominciare con il parlare dolcemente.

Le donne devono imparare ad osare la parola.

Gli uomini devono imparare la pazienza dell’ascolto.

Le donne devono imparare a dire: “Penso che sia così.”

Gli uomini devono imparare a smettere di ballare in solitario sul soffitto.

E dopo che ciascuno avrà parlato, lei o lui terminerà con una frase rituale:

“Non sono io che parlo, ma è il vento.

Il vento soffia attraverso di me.

Molto dopo di me, è il vento.”

Difficile descrivere le emozioni che ci hanno attraversato, nei due pomeriggi passati insieme; abbiamo contattato le molteplicità del nostro essere scoprendo le affinità con le direzioni cardinali:
ci siamo scoperte donne dell’est, pronte ad accogliere e a promuovere il cambiamento, donne dell’ovest inclini a riflettere su quanto succede e a custodire la memoria, donne vibranti dell’energia del sud che privilegiano la relazione e la cooperazione e sanno elargire calore e affetto, donne del nord brave a localizzare e a centrare gli obiettivi anche se il prezzo è la solitudine.
Ci siamo raccontate gli entusiasmi, le stanchezze, ci siamo divertite, abbiamo disegnato, ci siamo commosse e abbiamo riso, tantissimo e anche cantato. E deciso di continuare gli incontri a scadenza regolare, perché vogliamo diventare delle danzatrici provette mentre facciamo la rivoluzione.

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