Enrico Rossi, presidente e agnellino

Il presidente della regione Toscana, tramite il quotidiano «il manifesto», cerca di ricostruirsi una verginità politica. Un articolo di Federico Giusti più alcune considerazioni di db

«La salute negata. La sanità dei profitti in una regione rossa». Il domenicale di Controlacrisi, a cura di Federico Giusti

Il domenicale di oggi non tratterà argomenti nazionali e internazionali, dopo avere letto un articolo del Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, abbiamo intrapreso un breve ma intenso viaggio nella sanità toscana da molti per altro ritenuta un modello di sinistra da seguire ed esportare.
Rossi ha da poco lasciato il Partito democratico approdando alla nuova organizzazione politica dei dalemiani, tra il 1990 e il 1999 è stato sindaco di Pontedera in anni nei quali è iniziata la delocalizzazione della Piaggio, poi assessore e infine presidente della Regione Toscana.
Il quotidiano «il manifesto» nella sua ricerca costante e un po’ patetica di alleanze a sinistra (anche con chi la sinistra l’ha affossata nel corso del tempo e la usa come paravento) ha ospitato giorni or sono un articolo di Rossi sulla sanità intitolato «La salute va la mercato, il welfare lo vende all’azienda» ove accusa il Partito democratico di avere distrutto il carattere universalistico della sanità e del welfare trasformando i servizi al cittadino in una sorta di business.

Citiamo un illuminante passo del suo articolo “di sinistra”.

«Gli anni delle politiche di austerità, cominciate con il governo Berlusconi-Tremonti e con i superticket, seguite poi dai pesanti tagli di Monti alla spesa sanitaria e dal sostanziale azzeramento di quella sociale, hanno finito per dare un colpo al diritto alla salute e all’assistenza nel nostro Paese. Anche le più recenti politiche di rifinanziamento del welfare sono state caratterizzate da una scarsità di risorse e dall’idea che laddove la tutela dello Stato non può arrivare, sia allora dato spazio all’iniziativa privata, al terzo settore, al volontariato, all’impresa che con i contratti vuole “erogare” servizi ai propri dipendenti».
Difficile , quasi impossibile, non condividere queste frasi ma fino a poche settimane fa dov’era Enrico Rossi? Nel Pd, nelle conferenze Stato-regioni che alla fine sottoscrivevano le leggi di stabilità, i tagli alla sanità e agli enti locali, per questo sulla via delle prossime elezioni ci si risveglia barricadieri e di sinistra dopo anni di politiche diametralmente opposte.
Ma soffermiamoci sulla sanità toscana per capire se le parole di Rossi siano seguite dai fatti o rappresentano invece, un esempio eloquente di scissione tra le enunciazioni sui giornali e la prassi politica quotidiana, insomma il classico esempio di opportunismo politico di chi cambia panni e contenuti a seconda dell’interlocutore e della fase politica eludendo il confronto sulle scelte materiali.
Proprio in questi giorni è uscito (Ab Edizioni) un piccolo libro di due giornalisti coraggiosi: Daniele Rovai e Maria Salerno «Salute negata». Ne consigliamo vivamente la lettura perché nella loro inchiesta troverete tutte le risposte sulla sanità toscana.
Rovai e Salerno ricordano che un Paese puo’ dirsi democratico e civile dal modo con cui gestisce la sanità e l’istruzione, noi invece abbiamo impressa nella mente la risposta, in stile renziano – quel Renzi di cui Rossi per altro è stato a lungo alleato – del governatore Rossi a chi contestava la gestione della sanità nella sua regione «una santa alleanza politica che va dalla destra alla estrema sinistra per mettere in discussione il risultato elettorale».
Un anno fa in Toscana raccolsero 55 mila firme per un referendum contro il riordino della sanità regionale ma è bastato che il Consiglio Regionale rivedesse in piccola parte le sue decisioni per vanificare la volontà popolare e scongiurare il ricorso alle urne.
E a scanso di equivoci evitate parallelismi con il referendum sul voucher della Cgil perché in Toscana non si è riscritta la legge in toto e le richieste dei comitati e dei promotori del Referendum non sono stati presi in esame.

Fin qui abbiamo criticato il gattopardismo politico ma veniamo ai tagli in sanità documentati da Rovai e Salerno.
Lunigiana: chiuso il punto nascita, tagli all’organico del 118 in Garfagnana, in una area molto vasta montagnosa dove l’arrivo tempestivo di una ambulanza è determinante per salvare delle vite umane, Prato (la città con la più grande comunità cinese e con infortuni sul lavoro in aumento) con un pronto soccorso che mal funziona tra tagli ai posti letto e carenza di organici.
Abbiamo i tagli al personale dell’azienda ospedaliera di Massa Carrara (alle prese con un buco colossale su cui non si è ancora fatta luce, le nuove regole sulla reperibilità dei medici nell’ospedale dell’Alta Versilia che ha portato alla ingiustificata riduzione di trattamenti e cure come denunciato da alcuni utenti sulle pagine del quotidiano Il Tirreno che spiegano come l’obiettivo reale sia solo ridurre la spesa di personale a discapito del servizio alla cittadinanza.

Poi ci sono presidi sanitari chiusi, cliniche senza personale nei giorni festivi, la chiusura di ospedali nel Casentino, l’emergenza sanità nelle isole dell’arcipelago toscano, una inchiesta sulle pulizie ospedaliere, sui tagli alla spending review, sulla gestione di appalti dai quali dipende anche la qualità dei servizi e la sicurezza di pazienti ed operatori sanitari.

Rovai e Salerno insomma descrivono un’altra Toscana, ben diversa da quella decantata dal Governatore Rossi, la regione “rossa” che taglia posti letto e risparmia sugli appalti come abbiamo letto in un volantino dei comitati per la sanità pubblica sorti come funghi in diverse città a difesa di un ospedale, di un presidio sanitario o contro accorpamenti di cliniche o semplicemente per rivendicare locali idonei per alcune prestazioni (per esempio i dializzati a Pisa). Nel libro si denunciano i buchi di bilancio che fanno intendere come qualcosa non abbia funzionato nei sistemi di controllo della Regione sulle singole aziende ospedaliere, si denunciano dettagliandoli gli interessi privati nella costruzione di nuovi ospedali, si contesta la riforma Rossi-Saccardi (la attuale assessora alla sanità) ricordando che il governo regionale non ha mai messo in discussione le politiche dei tagli perseguendo invece l’obiettivo della fusione di ospedali e aziende, la riduzione delle spese del personale aumentando il ticket per affidare sempre più servizi al privato sociale che utilizza il lavoro gratuito per coprire un colossale business.

Ai redattori del quotidiano «il manifesto» consigliamo vivamente la lettura di Sanità negata auspicando una recensione in risposta ai proclami di un Governatore le cui politiche sono state fino ad oggi ben diverse dalla difesa del carattere universalistico della sanità e del welfare.

(*) ripreso da «Contro la crisi».

Senza giri di parole: Enrico Rossi ha la faccia come il culo

alcune considerazioni di db

Appena possibile leggerò il libro di Daniele Rovai e Maria Salerno. Intanto anche io dò qualche consiglio al quotidiano «il manifesto»: guardatevi i due documentari di Giuliano Bugani, in particolare il secondo cioè «Mani sulla sanità: la rivolta» (**) ma cercate anche nel vostro archivio gli articoli in cui avete raccontato alcune delle mille proteste in Toscana contro la politica sanitaria della Regione Toscana, cioè di quell’Enrico Rossi lì.

Quando il 7 aprile ho letto sulla prima pagina de «il manifesto» l’inizio dell’articolo intitolato «Con il Pd di Renzi la salute si compra al mercato» e firmato Enrico Rossi ho pensato a un’omonimia; ci sono infatti in Italia molti Enrico Rossi, persino più dei tanti Daniele Barbieri… Sono dunque corso a pagina 15 e lì – dove l’articolo cambiava titolo e diventava «La salute va al mercato, il welfare lo vende l’azienda» un asterisco mi ha fatto sapere che quell’Enrico Rossi era «presidente Regione Toscana». La mia prima reazione è stata molto “scorretta”, infatti ho pensato: «ma ha la faccia come il culo?». Poi però mi sono detto: «db calmati, magari questo articolo è uno dei – rari, rarissimi anzi – esempi di autocritica politica cioè Rossi prendendo le distanze da Renzi si dichiara colpevole di averlo sostenuto… nella sanità e non solo, sconfessando quello che ha fatto negli ultimi anni». Così ho letto con gran calma l’articolo. Alla fine ho pensato due cose. La prima netta: «sì, ha proprio la faccia come il culo». La seconda dubbiosa: «ma sono pazzi a “il manifesto” ad offrigli questo assist per tentare di rifarsi una verginità politica? Oppure, appena ricevuto questo intervento, da bravi giornalisti hanno previsto per il giorno successivo una replica politica e/o la narrazione di cosa davvero è successo in Toscana fatta magari da uno dei tanti comitati nati per contestare le scelte proprio di quell’Enrico Rossi?». Ma l’8 aprile e il 9 aprile sono passati e su «il manifesto» nessuno ha contestato Rossi Enrico, presidente. Dal dubbio io sono passato all’amarezza e allo sconcerto; penso di non essere il solo fra chi legge «il manifesto» e magari vive in Toscana.

Condivido le valutazioni politiche – qui sopra – di Federico Giusti e non sto dunque a ripeterle. Invece aggiungo qui sotto alcune informazioni che mi ha dato Giuliano Bugani nell’intervista che gli ho fatto pochi giorni fa a proposito del suo «Mani sulla sanità: la rivolta»; in pratica riporto le ultime due domande e risposte, mi sembrano utili per capire cosa davvero è successo nella sanità toscana e anche per correggere una piccolissima imprecisione nell’articolo di «Contro la crisi» sul modo in cui la Regione Toscana ha “aggirato” il referendum.

Verso la fine del film si racconta di bambine/i che sempre più nascono in ambulanza.
«Le didascalie riprendono un post scritto – su Facebook, lunedì 27 giugno 2016 alle 22,41 – da Eva Giuliani, fondatrice del CREST, il Comitato Regionale Emergenza Sanità Toscana, una delle associazioni più combattive in Italia per la difesa della sanità pubblica. Ecco i testi.

Oggi 27 giugno Martina è nata in ambulanza: da San Marcello Pistoiese non ha fatto in tempo ad arrivare a Pistoia ed è nata in ambulanza, assistita dal medico del 118 e dai volontari.
Il 17 giugno un bambino è nato in ambulanza a Sasso Pisano, nell’alta Val di Cecina. La madre è stata assistita da tre volontari.
Il 24 maggio Eveline è nata sull’elicottero Pegaso in partenza da Massa Marittima per Siena.
Il 27 aprile è la volta di un maschietto della Lunigiana: da Aulla nasce in ambulanza ad Albiano Magra assistita dal medico del 118 inviato da La Spezia.
Il 2 aprile invece all’ospedale di Fivizzano (MS), sempre in Lunigiana, una donna ha partorito la sua bimba al 6 mese, ma la piccola è nata morta.
Cosa hanno in comune questi casi?
Sono zone disagiate, rurali o montane, dove gli ospedali sono stati svuotati. I punti nascita più vicini sono nei capoluoghi, a chilometri di curve, ma nessun percorso nascita assistito in caso di emergenza è stato previsto.
Nessuna di queste donne è stata assistita da un ginecologo.
Ciascuna di queste donne si è trovata a vivere uno dei momenti più belli e delicati della vita in emergenza e a sperare che andasse tutto bene.
Nel 2016. In Toscana. In Italia”.».

Proprio in Toscana si doveva fare un referendum e invece…
«Ecco le scritte che compaiono verso la fine del documentario. Nel primo cartello sul referendum salute in Toscana, si legge: “Il 4 novembre 2015, il Comitato Referendario Toscana, deposita 55.614 firme per il Referendum abrogativo della riorganizzazione del Sistema Sanitario toscano, diretto dal presidente Enrico Rossi.

Immediatamente dopo il deposito delle firme, la regione Toscana nomina un nuovo Collegio di Garanzia Statutaria. A rischio la realizzazione del Referendum, sul quale, proprio il nuovo Collegio di Garanzia Statutaria dovrà pronunciarsi”.

Così il secondo cartello: “Il 21 dicembre 2015, la Regione Toscana approva la nuova Legge di Riorganizzazione 84/2015, che di fatto abroga la 28/15. La nuova Legge 84/2015 consente la privatizzazione del Servizio Sanitario Regionale tramite Convenzioni Sperimentali”.

Il terzo e il quarto cartello spiegano… com’è andata a finire: “Il 25 gennaio 2016, con propria Deliberazione, il Collegio di Garanzia Statutaria, dichiara che il referendum per l’ abrogazione della Legge 28/15, non possa avere più luogo. La motivazione è la sopravvenuta nuova Legge di Riorganizzazione 84/2015”. E poi: “Nel marzo 2016, il Comitato Referendario presenta il Ricorso al Tribunale di Firenze contro la decisione del Collegio di Garanzia Statutaria di impedire il Referendum abrogativo. Il costo del Ricorso è sostenuto economicamente dai Consiglieri regionali del SI e l’ impegno del M5S a raccogliere contributi”».

(**) in “bottega ne ho parlato: qui con un’intervista «Mani sulla sanità» … ma la rivolta cresce e prima – cioè nel 2014 – qui, con una serie di segnalazioni, per esempio questa: Sì, vedremo «Mani sulla sanità».

 

Redazione
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