Esposizione* di un fatto realmente accaduto – ovvero la genesi di un trionfo!

di Maya Cosmica

* Non si sono ancora determinati, con sufficiente precisione, né il periodo né i luoghi descritti, qualche studioso si spinge addirittura a ipotizzare che i fatti narrati, su cui nessuno nutre dubbio alcuno, potrebbero provenire da mondi alieni o che non sarebbero ancora accaduti ma anche se fosse, tutti concordano che accadranno di certo! Per cui ..stay tuned!

luogoAccadde un giorno che arrivarono. Quanti fossero non è mai stato stabilito con certezza. La stravaganza nel vestire, parlare, comportarsi era tale che non era facile distinguerli tra loro per età, genere o tratti somatici. Si poteva, ad esempio, incontrarne uno, scambiarci parole o gesti, convincersi che fosse uomo e invece scoprire, all’improvviso, che si trattava di una donna, convincersi che fosse giovane e ritrovarla anziana… poteva accadere che si trasformassero davanti agli occhi increduli dell’interlocutore di turno e tutto d’un tratto, su un viso giovane e liscio, comparissero qua e là piccole rughe espressive che piano piano sembravano marcarsi sempre più fino a diventare una rete di solchi come incisi su pietra grezza da uno scalpello nervoso e insano, sfigurandone il volto in una vera e propria maschera della Vecchiaia e tutto nel volger di uno stesso incontro. Spaventoso! E c’era anche chi giurava avessero il potere di apparire e scomparire a piacimento e accadeva spesso che prima ancora di congedarsi l’aria ne avesse preso il posto al battito di ciglia. L’odore poi era un mistero! Pareva odorassero a volte di fiori o di erba appena tagliata o di bosco dopo il temporale ma a volte il lezzo era talmente insopportabile da avvertirne la presenza a distanza di parecchi passi e poi, avvicinandosi, si poteva quasi cogliere il profumo di carne appena arrostita e speziata. Spaventoso!

A tutti pareva di ricordare che fossero arrivati con vesti molto colorate e vivaci ma presto avevano assunto l’abito locale che chiedevano con fare arrogante e capriccioso o che forse rubavano o che forse tessevano da sé. Ma con cosa? L’opinione generale dei bambini, tenuta in verità in ben poca considerazione, era che fossero sempre vestiti allo stesso modo in cui si erano presentati la prima volta, con panni grezzi dal colore biancastro o marroncino, cui applicavano ornamenti naturali: foglie, fiori, rami, erbe, pietre e …insetti! Ma si sa, la fantasia dei bambini è pari solo a quella dei folli!

Comunque sia si presentarono in gruppo, uno per uno, alla ricerca della strada perduta. Per dirla tutta, all’inizio, pareva parlassero un’altra lingua, anzi, un insieme di lingue diverse tra loro, di paesi lontani e incomprensibili ma ben presto si intrecciarono le loro lingue con quella locale, qualcuno di loro pareva sforzarsi, deformando i propri lineamenti, pur di pronunciare qualche semplice parola, altri, invece, parevan nati con la parola locale in bocca. Qualcuno biascicava lentamente facendo perdere senso e pazienza di ciò che stava dicendo, altri erano talmente svelti da far sfuggire senso e pazienza comunque, per sfiancamento. Naturalmente non mancava anche in questo caso, chi giurava e spergiurava che l’interlocutore dall’una all’altra modalità espressiva ci passasse nel bel mezzo di un discorso, lasciando di sé, sempre e comunque, un’idea indeterminata, inquieta.

Ecco, la quiete! Ciò che sembrava essersi perso definitivamente con il loro arrivo. La vita era, con loro, divenuta frenetica, impulsiva e spesso, senza senso alcuno. Si diffuse a poco a poco, ma sempre e solo sussurrata, la convinzione che fossero diavoli risaliti dall’inferno come vapore da una pentola ma tutti temevano di pronunciare ad alta voce verità tanto oscure e misteriose e presto se ne dimenticarono.

Si capì in qualche modo che erano sbarcati da una nave rovesciata, Das Narren Schiff (anche conosciuta come De Blauwe Scuut). Si stabilì in seguito che doveva essere una menzogna e nulla più, poiché lo sanno tutti che una nave siffatta non esiste! Ma in nome di quello sfortunato sbarco solevano occupare gli spazi aperti, preferibilmente rialzati da cui, sporgendosi, urlavano tutta la loro felicità nel sentirsi come a casa, sulla nave inesistente. Li potevi scorgere tra i rami degli alberi più alti e maestosi, o sui tetti, sui balconi, sui terrazzi o persino appollaiati sulle finestre di case altrui, tutti luoghi che, dicevano, ABBRACCIANO IL CIELO! Era come se, per loro, lo spazio abitabile fosse sì delimitato da mura ma quelle esterne degli edifici, così che una piazza era un salone immenso individuato dalle pareti delle case circostanti, le strade, corridoi o spazi più angusti, circondati da pareti ma senza soffitto alcuno, per non rubare spazio al cielo e abbracciarlo, anzi, con braccia vigorose e dritte, edificate appositamente! E quando capitava di imbattersi in uno di loro che sbirciava all’interno di abitazioni o altri edifici, di commercio, di lavoro, di fede, lo si vedeva, di norma, scuotere la testa deluso e critico, borbottando quanto fosse triste quest’abitudine a privare spazio al cielo! Così che i ladri di spazio erano diventati gli abitanti e non gli ospiti! Ed, effettivamente, molti iniziarono a sentirsi anche un po’ in colpa per questo. Iniziarono a guardare con occhi sospetti come pareti e mobilio tutto, per quanto ben decorato, colorato, ben fatto, tagliassero impietosi la luce, così fiera e piena all’esterno e invece quasi intimidita dall’intimità interna delle costruzioni, fiaccandone lo spirito naturalmente libero e invasivo e gli interni parevan diventati, ormai anche ai loro occhi, troppo bui, spenti, smorti..come tombe! Mentre gli ambienti esterni erano rinati a nuova vita, fulgidi e accesi di luce naturale e si erano come riempiti e gonfiati, svuotando un po’ alla volta quei luoghi chiusi e lugubri diventati ormai buoni solo per contenere mobili e oggetti ruba-spazio e spezza-luce.

Così, senza accorgersene, la vita si era spostata di giorno in giorno, sempre più negli spazi aperti e pareva evidente a molti, se non a tutti, che così doveva essere e forse così era sempre stato.

Anche i pasti avevano assunto una dimensione tutta nuova e come in una sagra senza fine, venivano preparati e consumati all’esterno senza che il tempo atmosferico impensierisse alcuno, improvvisare tettoie e ripari di fortuna era semmai diventato un piacevole diversivo del convivio che sempre più spesso sconfinava in festa vera e propria! In effetti avevano tutti imparato a ridere, tutti tranne i burocrati, i funzionari, i soldati e gli uomini di fede, una ristretta minoranza però, se ben si fanno i conti!

Si accorsero solo in seguito come il loro abitato si fosse modificato realmente e inesorabilmente come se, non con le parole, ma con piccone e badile, muratori invisibili avessero costruito nuove strade, nuove piazze, più grandi, più estese, più accoglienti e nuovi edifici, più piccini, meno ingombranti, ridotti al minimo indispensabile di ripostigli. Come ci riuscissero rimane tutt’ora un mistero, qualcuno sostiene che l’artifizio lo si dovesse alla loro abitudine a inscenare storie, come una compagnia teatrale improvvisata, utilizzando come palcoscenico e scenografia il paesaggio stesso, offerto loro dall’occasione, così una piazza poteva all’improvviso ricoprirsi di correnti marine infide e contrastanti e tutti alzavano i piedi svelti per non bagnarsi e non farsi travolgere mentre un edificio incombeva minaccioso su di loro come un’onda anomala scaturita da una tempesta fragorosa e repentina come di solito succede in mare aperto e le linee all’orizzonte diventavano città costiere da raggiungere al più presto e le strade, stive di navi scoperchiate dalla furia degli elementi ma le cui pareti apparivano ancora solide e impermeabili. Non c’era giorno in cui il tutto non si potesse trasformare in qualcos’altro, in un mondo nuovo, avventuroso, curioso, da esplorare o da cui fuggire spaventati. Uno spettacolo continuo, in cui poteva capitare di essere spettatori, attori, comparse ma anche registi e ciò che li circondava assumeva di volta in volta aspetti sempre diversi.

Quel che meravigliava in cuor loro tutti gli abitanti era la continua ricerca della strada giusta che gli sfortunati naufraghi speravano sempre di poter trovare e se, ad esempio, la via principale tale era fino al loro arrivo, poteva non essere più tale dopo, poteva però anche tornare ad esserlo, in ogni momento! Se era la via sbagliata veniva cancellata dalla memoria collettiva ed effettivamente nessuno la vedeva né la percorreva più, la evitavano, perché era la via sbagliata ma se all’improvviso qualcuno faceva notare che poteva anche essere la strada giusta ecco che riappariva come per magia, brulicante di presenze e di vita e questo poteva accadere al più umile dei sentierini come alla più sontuosa delle piazze! Pareva così di svegliarsi ogni giorno in un luogo diverso e uscendo all’esterno della propria abitazione ognun temeva di non ritrovarvi più la strada di accesso, strada sbagliata per definizione e sempre più spesso accadeva che per coricarsi lo facessero rigorosamente fuori di casa come a presidiare l’esistenza stessa della strada che ivi conduceva.

C’è un ultimo aspetto della vita quotidiana che venne sconvolto completamente: i nomi! Avvenne, cioè, che i nomi delle persone ma, ahimè, anche e sempre più spesso, delle cose tutte, cambiassero di continuo a loro volta! Sin dall’arrivo di questa bizzarra compagnia, infatti, era stato subito evidente come fosse difficile, per non dire impossibile, identificarli con un nome proprio o di famiglia, anzi, la stessa persona, o all’apparenza tale, veniva chiamata ora in un modo ora in un altro, mutando il nome secondo l’umore e un po’ per gioco, un po’ per curiosità, a molti parve una buona idea mutare il nome col mutare dell’umore. Così se una signorina si sentiva particolarmente bella e seducente quel dato giorno sceglieva per sé un nome che si adattasse a quella tale convinzione e ben presto l’usanza si diffuse e faceva ridere tutti a crepapelle il fatto che a volte il nome scelto dalla tal persona quel tal giorno per rispecchiare un tal umore passeggero non fosse condiviso da chi la incontrava per la strada, con evidentemente un altro umore e un’altra convinzione in merito e in questo modo capitava che c’erano giorni in cui non si aveva neppure un nome convincente con cui presentarsi agli altri e giorni in cui se ne avesse più d’uno! Questo fatto, forse più che l’indifferenza generale in cui era piombata la loro esistenza, irritava oltre modo i potenti di turno che proprio sul nome avevano fondato legittimità, prestigio e una tradizione di vita, divenuta ormai incomprensibile a tutti gli altri. Ma, appunto, si trattava di una ristretta minoranza, un gruppuscolo di folli ostinati a rubare spazi al cielo, luminosità alla luce, cibo alle piazze e sorrisi ai visi e venivano guardati con turbamento, per non dire mal celata antipatia. Ma di tali folli scomparve presto ogni traccia, persi nel buio e nella tristezza di certe vie sbagliate!

Non sappiamo, infine, se i naufraghi trovarono mai la propria strada, quella giusta, si sa, però, che un giorno scomparvero così come erano apparsi o si confusero così bene con la popolazione locale, di cui ormai ne avevano assunto ogni carattere, o viceversa, da essere ritenuti più una leggenda che una realtà, più una storia di fantasia, rappresentata di città in città e di paese in paese, che un fatto realmente accaduto.

Rom Vunner

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