«Esterno notte» di Marco Bellocchio

La non-recensione di Fabio Troncarelli

Non ho visto il film. E non intendo vederlo. Almeno per adesso. Allora come mi permetto di fare una “non-recensione”? Il fatto è che mi sento molto angosciato dalle reazioni che il film ha scatenato. E non so letteralmente che pensare. Di che cosa sto parlando? Dell’orgia, del diluvio, del terremoto di grida di giubilo, di inni, di fanfare che esaltano il film come manco «Via col vento» e «Ultimo tango a Parigi» messi insieme. Salvo poi andare a guardare il botteghino e scoprire che è vero – almeno per ora – quello che ha detto uno dei recensori un po’ più critici e cioè che «eravamo io e altre cinque persone». Beh ragazzi, qui qualche cosa non funziona.

La prima cosa che non funziona è che ci sia un tale gigantesco consenso. E mica solo dai supergiornali e supersettimanali tipo Repubblica, La Stampa, Il Corriere, L’Espresso, Libero, Noi donna, Elle, Amica, Il riformista; ma anche quello di tutte le riviste online di cinema e i blog più specialistici, da Sentieri Selvaggi a Cinematographe, da Quinlan a Moviedigger, da Cineforum a Comingsoon, da Esquire a Il sussidiario, da Cinema.everyeye a Cinefilos. Si dirà che in casi del genere tanta grancassa è normale e che i giornalisti fanno solo il mestiere. Ma non è vero, In altri casi, anche recenti, non c’è stata tanto clamore da parte dei critici e tanto poco entusiasmo da parte dei primi spettatori (che sicuramente cresceranno, per carità…).

Che sta succedendo? Non lo so, ma mi sento a disagio. Appartengo a una generazione che ha vissuto direttamente la vicenda Moro. Ho avuto occasione di dire qualcosa su questo tema per iscritto e di organizzare un seminario molto affollato e intenso sulle “Lettere di Moro” all’ Università dove insegnavo. Inoltre ho avuto il privilegio di conoscere Bellocchio e di parlare con lui: è un regista che ammiro, ho recensito alcuni suoi film con molta partecipazione. E allora? Allora non riesco a liberarmi di una sensazione di disagio, che mi sembra, francamente, il minimo di fronte a un coro così assordante di lodi e di esclamazioni spericolate e a volte grottesche (tipo «opera mastodontica»).

Non riesco a liberarmi da un’angoscia: non sarà cominciata l’era di Fahrenheit 451 senza che ce ne accorgessimo? Prima abbiamo dovuto subire una violentissima campagna di propaganda sulla guerra in Ucraina che non ha permesso di dire altro che quello che il Pensiero Unico aveva deciso, con intimidazioni in diretta e il rogo dei libri: che altro è il divieto di mettere in scena un’opera di Tchaicovsky perché è russo? (Un divieto, onestamente, comico, visto che Tchaicovsky ha scritto un’altra opera meravigliosa su parole di Gogol che era nato in Ucraina, eppure scriveva in russo). Adesso dopo il rogo dei libri ci dobbiamo sorbire l’esaltazione di quello che piace al Grande Fratello di turno e tutti zitti e mosca (pardon. Tutti zitti e Kiev!).

Sento già gli urli scomposti dei più scalmanati: ma come puoi parlare se manco hai visto il film? Io del film non posso dire niente e infatti non ne parlo. Però posso parlare di qualcosa che ho controllato. Prendiamo il volantino di presentazione del film che pare un volantino delle BR sopravvissuto alla storia: è stato distribuito in occasione delle prime visioni del film in Italia, con poche variazioni redazionali, alla Cineteca di Bologna (Sala Cervi) il 18 maggio 2022, al Cineteatro La Perla a Napoli il 19 maggio, al cinema Aiace di Torino il 19 maggio e ha ispirato anche alcuni recensori particolarmente entusiasti. Non so chi l’abbia scritto ma è evidente che riporta un’opinione standard e potrebbe essere stato elaborato dall’Ufficio Stampa della Produzione. Come comincia questo aureo comunicato? «1978. L’Italia è dilaniata dalla guerra civile. Aldo Moro, fautore del compromesso storico tra Dc e Pci viene rapito…». In un’altra versione c’è scritto: «1978. Aldo Moro nel farsi campione del compromesso storico, firma la sua condanna…».

Fermiamoci un minuto. A parte «1978» non c’è una parola di quelle che ho citato che non mi faccia rizzare i capelli in testa. «L’Italia è dilaniata dalla guerra civile»: strano, ho vissuto in Italia nel 1978, ho fatto con passione il sindacalista nel 1978, ho partecipato a scioperi su scioperi, sono sopravvissuto a scontri di piazza violentissimi, mi sono dovuto sciroppare (nel corso degli anni prima e dopo il 78) le bombe di Piazza Fontana, poi le pallottole di chi usava la P 38, poi la cronaca quotidiana di eccessi e distruzioni di ogni tipo però non direi mai che l’Italia era dilaniata dalla guerra civile; direi invece che l’Italia era animata da una profonda spinta civile che univa persone di fede politica diversa e tanti gruppi di compagni che gridavano: «Né con lo Stato, né con le BR». Per non parlare del terremoto antropologico rappresentato dai grandi movimenti sociali e da quello femminista. L’Italia degli “studenti e operai uniti nella lotta”, delle manifestazioni per la pace e contro il terrorismo non era per niente «dilaniata dalla guerra civile». Era ferita vergognosamente da parte di gruppi eversivi di incerta origine e ambigua funzione; era manipolata da Servizi Segreti deviati e internazionali, ma non era per nulla “dilaniata”. Dilaniato era il nostro cuore di fronte a fatti spaventosi come il colpo di Stato in Cile, a cui la piazza ha risposto nel 1973 con vigore, mentre gli Inti Illimani con voce spezzata ricordavano sul palco il «Querido compaňero Allende». Ed è stato “dilaniato” il nostro cuore dalla strage di Bologna nel 1980, che è avvenuta dopo il rapimento Moro e non è stata fatta dalle Brigate Rosse. Con che coraggio, con che faccia si può parlare di “guerra civile”, rispolverando l’espressione viscida e schifosa che è stata usata per parlare della guerra di Liberazione contro i cari “ragazzi di Salò”? Guerra di liberazione: non guerra civile.

Andiamo oltre. «Moro fautore del compromesso storico». Mi pare di avere un incubo. L’espressione «compromesso storico» risale ad Enrico Berlinguer e viene usata solo alla fine del terzo degli articoli sul settimanale Rinascita del 12 ottobre ’73 dedicati alle riflessioni “sui fatti del Cile”. La formula vera non è “compromesso storico” ma «nuovo compromesso storico». Ben a ragione. Berlinguer invitava infatti a rinnovare il primo “compromesso storico”: l’ alleanza tra le forze democratiche che aveva permesso di sconfiggere il fascismo e fondare la Repubblica Italiana. Tale progetto aveva ispirato le riflessioni di Togliatti espresse nell’intervista sulla rivista Nuovi Argomenti del 1956 a proposito della “via democratica al socialismo”. Come si fa a dire che Moro fosse nel 1978 un fautore di quel che era successo nel 1945? Se la cronologia non è un’opinione, Moro poteva essere solo un tardo imitatore, che mostrava un qualche interesse nei confronti di idee che avevano ispirato negli anni precedenti le lotte di una generazione politica. Ma a parte questo. Come si fa a essere così cretini da sostenere che il movimento “storico” che caratterizza un Paese intero e permette alleanze tra diverse forze democratiche, sia il miserabile “compromesso” politico che accomuna la Dc e il PCI del 1978? Non c’erano stati altri che avevano lavorato in questa direzione? E quelli che avevano scritto la Costituzione? Quelli che avevano scioperato e combattuto da sempre? I morti di Portella della Ginestra. di Avola, di Battipaglia, di Reggio Emilia? E i morti lottando in piazza contro la Legge Truffa e Tambroni? E quelli che si erano battuti per dare una dignità a un Paese di servi, lottando contro l’analfabetismo, contro il delitto d’onore, contro il divorzio, contro l’ignoranza, contro la corruzione? E i morti contro la mafia? Erano stati solo uomini della Dc e del Pci? Non mi pare proprio. Si Se riduce la storia a un gioco di partiti, si fa di Moro un santo visionario e si interpreta la sua morte come il modo per non mandare i comunisti al governo, siamo al delirio. La storia non può essere falsata. Giusta o sbagliata che fosse l’idea del “compromesso storico” e giusto o sbagliato che sia stato l’Eurocomunismo a partire dal 1976. Non è assolutamente vero che Moro sia stato «l’unico buono e umano, vero riformista… avanti sui tempi. Quasi un alieno in quel mondo del potere» (Maurizio Vitali, “Il sussidiario.net”, 23 maggio 2022: si noti che Vitali riassume il punto di vista dell’autore del film, ma esprime riserve sul suo manicheismo).

Mi fermo qui. Resto in silenzio, angosciato, nell’attesa che mi passi la malinconia e mi venga voglia di vedere il film. Lo farò perché stimo Bellocchio e non mi lascio impressionare dai suoi scalmanati e interessati sostenitori. Però la sensazione che l’era di Fahrnheit 451 sia molto vicina mi resta.

 

Redazione
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6 commenti

  • LELLA DI MARCO

    capisco e apprezzo il tuo sfogo pieno di ottine riflesssioni e ricordi … La storia di quegli anni deve essere ancora scritta e sarà sempre tradita e offesa Anch’io ho conosciuto personalmente Bellocchio e a lungo ha frequentato la mia casa…. lo stimo ma nella vita si può anche cambiare …. il problema non è lui nè il suo film che penso non vedrrò mai…. nessuno può nè deve dire la verità sul caso Moro …. chi ha voluto la sua scomparsa

    ‘ chi erano le brigate rosse chi le ha usate perchè si sono lasciate usare , cosa hanno avuto in cambio? perchè oggi ri-spuntano organizzazioni che fanno loro riferimento avvicinando giovani che non sanno nulla del passato e del presente, ma sono soltanto scontenti, ignoranti telcomandati e magari arrabbiati ? In quegli anni come tutti i militanti sinceri ero dentro gli eventi capivo… ho anche ricordi esaltanti ma questo non serve a togliermi l’angoscia e il dolore che a volte mi avvolge…
    ti tingrazio molto quanto hai scritto è andato a toccare le ferite della mia anima e trovo in te molta forza sensibilità ed anche coraggio . AUGURI

  • Francesco Masala

    mi è capitato negli ultimi anni di non aver voluto vedere un film e leggere un libro, nonostante ne parlassero tutti bene, e quindi capisco bene il diritto di non guardare.

    il volantino di presentazione del film, come i trailer, a volte sono ingannevoli, magari scritti da chi non ha visto il film, così come ci sono i recensori di film o libri mai visti o letti.

    per il caso Moro ci sono due interpretazioni, o rapimento e omicidio sono stati fatti tutti in casa Br, o qualche longa manus è intervenuta, prima e durante, e anche sulla fine ci sono due giudizi, Moro liberato o Moro morto, su cosa sarebbe stato più “utile” e “rivoluzionario”.

    siccome è un lungo film di 5 ore, che poi sarà in tv come una serie in sei parti, aspetto di vederlo tutto,

    ma per quello che ho visto finora (la prima parte adesso al cinema) il film di Bellocchio merita.

  • Fabio Troncarelli

    Mi fa piacere vedere che ci sono reazioni a quello che ho scritto senza pensarci molto in un momento di malinconia. Senza dubbio il tema va approfondito e il film va visto per intero prima di dare una valutazione fondata. Vorrei dire però che ho parlato del volantino di presentazione del film solo per semplificare il discorso. Ho letto più di trenta recensioni al film e molte interviste a Bellocchio, cortese alcune interviste fatte quando ancora stava girando. Questo materiale conferma quello che ho detto. E lascia stupiti. Per esempio (solo uno dei molti esempi possibili): il regista dice che il caso Moro è stato “rimosso”. Ma come si può dire una assurdità simile? Ci sono state cinque commissioni parlamentari, una valanga di libri, spettacoli teatrali, film su questo tema, per non parlare delle interviste ai brigatisti, basta pensare alla “Notte della Repubblica’ di Sergio Zavoli che ha avuto un successo enorme. Ci sono state polemiche infinite a cominciare da quelle scatenate dai libri di Sergio Flamingo e dalle dichiarazioni di Bodrato. È stata fatta la edizione critica delle lettere di Moro da gotor e pure una nostra a Roma con la esibizione delle lettere. Non c’è stata alcuna “rimozione”. Ci è stata invece una manipolazione delle notizie, una ostinata negazione dei fatti, una serie di depistaggi come è avvenuto nel caso della Strage di stato. Non ha senso allora parlare di Moro come un santo dimenticato da tutti manco fosse don Milani. Parliamo della strategia della tensione, di come i servizi segreti deviati, la Cia e compagnia bella hanno imbavagliato l’Italia dal 1945. E parliamo pure di Gladio e della P2 che hanno avuto un ruolo nel caso Moro. Non c’è nulla di tutto questo nelle recensioni che ho letto. E neppure nelle parole di Bellocchio che ho letto. Perciò mi sento un po’ malinconico. E sento che la storia di coloro che hanno vissuto queste cose è piuttosto trascurata a cominciare dai tentativi di coloro che hanno cercato di capirci qualcosa come il sottoscritto che una intervista al brigatista Franceschini l’ha fatta a tempo debito e un seminario con Gotor per fare conoscere i problemi delle lettere di Moro agli studenti l’ha organizzato in tempi non sospetti.

  • proprio oggi, sul fatto quotidiano, con mia sorpresa ho letto una esultante recensione di Marco Travaglio in merito al film di Bellocchio. Il paradosso è che il direttore del FQ non legge la posta del suo giornale; qualche settimana fa venne pubblicato un commento del nipote di Aldo Moro che spiegava che la sua famiglia riconosce solo il film “piazza delle 5 lune” come documento affidabile. Ed in effetti, spiega molto bene le dinamiche ed i moventi.
    Per quanto riguarda l’articolo, Sig. Troncarelli sono perfettamente d’accordo con lei e condivido la sua indignazione ed il suo sdegno

  • francesco giordano

    Basta guardare il trailer per aver voglia di non vederlo e non pentirsene.
    La parodia di quell’anno, di quell’episodio non aiuta a far comprendere la verità. di cosa realmente è successo.
    Anche quello che scrive oggi Travaglio va in questa direzione.
    Eppure cosa sono state le Brigate Rosse lo si potrebbe capire realmente e molto bene leggendo i libri di chi ha vissuto quell’esperienza e penso a Gallinari, Persichetti, Moretti.

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