«Eva»

due recensioni (entrambe a firma db) sul romanzo di Nicoletta Vallorani

Recensione tradizionale (o quasi)

Non ne potete più di serial killer e di investigatori che si portano il mondo sulle spalle? Io più di voi, eppure leggo pochi libri del genere. Gli ultimi noir che mi hanno consigliato erano inverosimili (per sembrare originali?) e scritti in fretta, con personaggi che avevano la psicologia di una zanzara… Ovviamente non è questione di barattoli: se mi capita un grande romanzo non m’importa dell’etichetta («fiction speculativa», «noir dolente», «fantascienza soft»… fate voi). La ristampa, in edizione riveduta, di «Eva» – Zona 42: 368 pagine per 15,90 euri – è una eccellente notizia per chi ama le buone letture. Nicoletta Vallorani è sempre una garanzia, qui mi è parsa all’incrocio fra incanto e genialità.

In un futuro prossimo (il 2023 ma tenendo conto che il romanzo è del 2002) Milano «è una maceria, invecchiata in pochi anni ma incapace di morire», involontariamente bastarda. E «non c’è rabbia senza paura».

«Ho 49 anni e non credo nel pudore delle iene». Nigredo si occupa di «cadaveri, interi e al dettaglio». Ha fiuto. Per lui «inseguire le tracce di un assassino è come innamorarsi». Un passato “bombarolo” (eviterò di svelare altro). Negli ultimi anni ha riletto «Cuore di tenebra» una decina di volte eppure non è sicuro di averlo capito «fino in fondo». Sta imparando la lingua dei segni. Chissà se la tassinara Olivia può leggere nella mente di Nigredo. Lui ancora non ha capito se Picasso (autista di autobus) e Dessa (che sta per morire) si possono definire davvero persone care ma… è quel che ha: dovrà accontentarsi? Del resto Nigredo vive nell’ex carcere di San Vittore; fate i vostri conti.

Qualcosa saprete di Eva – «una donna senza linee sul palmo della mano» – leggendo, io citerò solo: «I ricordi che non so di avere. I ricordi che non voglio avere».

Stavolta il killer sembra un artista e macabramente appassionato di puzzle: fin dal primo delitto… Ad accompagnare Nigredo bambini (deformi) e un angelo, poliziotti scemi, ricordi. Perchè nei delitti torna ossessiva la data del 28 giugno? Perchè i morti incrociano una «galleria di mostri» umanissima e affascinante? «Come la festa dei folli nel Gobbo di Notre Dame» forse; ma chissà quanti di loro sono davvero in maschera. «Prima ci mettono in gabbia e poi pretendono di non essere guardati»: una vecchia storia.

«Nella lingua dei segni cuore è un pugno chiuso»: potrebbe essere questa la chiave di ogni segreto.

Nicoletta Vallorani ha rimesso le mani – dopo 19 anni – sul libro, aggiungendo fra l’altro i monologhi che intervallano la trama. A completare il libro una prefazione (senza infamia né lode) di Tiffany Vecchietti, una nota dell’autrice – 6 blocchetti multiuso più un grafico alla Kurt Vonnegut – e tre racconti che in qualche modo hanno incrociato «Eva» o i suoi protagonisti: «SnuffMovie», «Shangri-la» e «Taboulhe» meritavano di essere recuperati, aiutano anche a capire quali nodi stringere e quali sgrovigliare nella “valloranità”.

Recensione in forma di lamento e invettiva

Cosa facevo nel 2002 per farmi sfuggire la prima uscita di «Eva»? Oltretutto avendo amato il precedente «Il cuore finto di DR»: se la memoria non mi tradisce … scrissi, a quattro mani con Riccardo Mancini, che Nicoletta Vallorani stava per diventare un pilastro della fantascienza (e dintorni). E che razza di amiche-amici ho se loro hanno fatto finta di nulla? Scopro ora che di Nicoletta Vallorani ho perso altri libri… Se sono tutti belli come «Eva» quanto male mi son fatto a privarmene?

Imprecazioni a cascate e domande a nastro.

Però… posso recuperare. Troverò il tempo? E devo cominciare dal romanzo «Avrai i miei occhi» di un anno fa? O invece dal saggio – scritto con Anna Pasolini per l’editore Mimesis – «Corpi magici» con sottotitolo «Scritture incarnate dal fantastico alla fantascienza»?

Maledizione, sono nei pasticci. Mi tocca inseguire “il cuore vero di NV”… Intanto però viva Zona 42 che ha ristampato «Eva».

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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