Evasione: la Ue dovrebbe auto-incriminarsi

di Gianluca Cicinelli

E’ da sempre al primo posto nel libro dei sogni la lotta all’evasione fiscale ma le cifre reali del fenomeno sfuggono alla comprensione delle nostre vite materiali, regolate dalla disperata ricerca di qualche centinaio di euro per unire il pranzo alla cena pagando anche l’affitto se possibile. La ong britannica Tax Justice Network ha pubblicato un rapporto specifico sull’argomento, incentrato in particolare sul ruolo dei cosiddetti “paradisi fiscali” grazie al quale è stato possibile calcolare in 427 miliardi di dollari le entrate sottratte nell’intero mondo alle casse pubbliche dei vari Stati soltanto per quel che riguarda … il ruolo dei paradisi fiscali. 245 miliardi sottratti dalle aziende e 182 miliardi dai privati. Quindi attenzione: la cifra non è il totale dell’evasione fiscale nel mondo ma calcola quanto gli Stati con legislazioni fiscali speciali hanno nascosto alla tassazione. L’ong Tax Justice Network per far comprendere la portata della cifra la equipara al salario annuale di 34 milioni di infermieri.

L’Italia è colpita da questo fenomeno per 10,4 miliardi di euro l’anno ma a questi soldi vanno aggiunti i 3,5 miliardi di benefici ottenuti dagli evasori nostrani: in soldoni, è il caso di dirlo, parliamo di quelle società italiane che hanno scelto come sede – per ridurre il carico fiscale da pagare – un Paese diverso dall’Italia. In totale, secondo la ricerca, altri 6,77 miliardi di euro di mancato gettito annuo nelle casse dello Stato. Se poi parlando di paradisi fiscali ci vengono in mente isole sperdute con spiagge e palme dobbiamo rivedere il nostro immaginario, perchè questi soldi sottratti al fisco in prevalenza restano in Europa: il 90% dei soldi vanno verso Olanda, Belgio, Cipro, Irlanda, Lussemburgo e Malta.  L’Italia subisce una perdita secca per due terzi derivata da abusi sulla tassazione societaria e per 3,8 miliardi dall’evasione offshore dei privati. Anche qui una cifra per comparare il danno: i soldi che mancano alla tassazione sono l’equivalente del 9% della spesa sanitaria e, per restare in tema sanitario, dello stipendio annuale di 379.380 infermieri nostrani. Un’ulteriore ricerca della Berkeley University e dell’Università di Copenaghen (qui trovate una cartina dettagliata per i singoli stati) quantifica nel 40% del totale i capitali che le multinazionali sottraggono nascondendoli nei paradisi fiscali. L’esempio di Google è lampante: nel 2017, Google Alphabet ha registrato entrate per 23 miliardi di dollari alle Bermuda, dove l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società è zero. I due istituti hanno elaborato i dati grazie al fatto che gli istituti di statistica della maggior parte dei Paesi, compresi quelli dei paradisi fiscali, hanno iniziato a rilasciare nuovi dati macroeconomici noti come statistiche sulle affiliate estere. Ma è ancora insufficiente a svelare per intero il fenomeno e occorrono altri dati al momento ben occultati dalle banche rifugio dell’evasione.

Il rapporto di Tax Justice Network ci racconta anche che la ricchezza detenuta offshore proveniente dall’Italia ammonta a 166 miliardi di dollari, pari al 7% del Pil.  Principale meta è l’Olanda con il 19,5% dei flussi, seguita dagli Usa (al 7,6%) e dalla Germania con il 6,9%. L’Italia è invece al centro dell’evasione fiscale da Paesi quali l’Albania e il Montenegro. Anche Francia e Germania vedono i capitali sottratti in fuga principalmente verso l’Olanda. L’ultimo dato – non per importanza – da tenere ben presente per comprendere (se ce ne fosse ulteriore bisogno) l’ipocrisia che imperversa nel contrasto all’evasione fiscale riguarda i “mandanti”: in totale la perdita generata fra i Paesi dell’Unione Europea sulla mancata tassazione è imputabile per il 36% proprio agli Stati membri della Ue e soltanto per il 2% a Paesi che fanno parte della lista nera compilata dalla Ue.

ciuoti

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