Evitare il rogo del «vecchione»

Per iniziare l’anno non è necessario (anzi è di cattivo auspicio) inquinare

di Vito Totire (*)

Per un capodanno più gentile… Abbiamo ascoltato lamentele per le “novità” nei modi con cui il Comune di Bologna intende festeggiare l’arrivo del nuovo anno.

Francamente non abbiamo mai condiviso la pretesa delle varie amministrazioni comunali di gestire il tempo libero dei cittadini; tuttavia la presenza di pubblico gli anni passati in piazza Maggiore evidenzia che qualcuno gradisce non autogestirsi il suo tempo e i suoi divertimenti… Non tutti intendono godere della personale autonomia; d’altra parte già le televisioni hanno fatto un sacco di danni.

Da tempo ci siamo chiesti, come circolo Chico Mendes, allargando la discussione ad antropologi, storici e persone interessate, quale sia il significato del rogo del “vecchione”, un rito del quale – diciamolo con chiarezza – proponiamo di fare a meno!

Il discorso è complesso. Qual è il significato del fuoco nei riti “popolari”? Spesso siamo nel «propiziatorio» (anniversario della liberazione dalla peste, augurio per la fertilità dei campi ecc.). In questi casi ci pare incongruo proporre di abolire il ricorso del rito. Ricordo che tuttavia si deve fisicamente circoscrivere: ci sono luoghi in cui, in un singolo e piccolo Comune, si fanno decine di falò: non ne basterebbe uno?

La storia del «vecchione» di Bologna è, per certi versi, poco chiara; tanto da indurci a proporre che questa inquinante usanza venga abolita!

Nel definire l’evento qualcuno parla di “consueto” o “tradizionale” rogo. Vediamo di approfondire anche perché pare congruo parlare di consuetudine ma eccessivo di “tradizione”. Se consultiamo il sito del Comune di Bologna vediamo che l’inizio della consuetudine viene fatta risalire al 1923 o al 1922. Se pure il primo evento risalisse al 1922 sarebbe comunque dopo la marcia su Roma dei fascisti; il rogo è dunque una tradizione fascista o, forse più propriamente, ascrivibile alla “cultura” futurista? Ipotesi azzardata? Sta di fatto comunque che di questa “messa in scena” inutile e inquinante, possiamo e dobbiamo fare a meno. Viene bruciata “solo” carta? Anche qui, alcune fonti cercano di farci pensare a un evento “sopportabile” rassicurandoci che vengono bruciati materiali (carta e canapa…) senza plastiche, solventi, coloranti…

Mah! Ammesso che sia solo carta: ci serve un ulteriore contributo di C02, di ceneri e di polveri all’aria della città?

Visto che si spaccia una pataccata per “tradizione” e visto che nessuna istituzione interverrà per prevenire una combustione abusiva di carta (e altro) allora – rito per rito, tradizione per tradizione – SPERIAMO, PER LA NOTTE FRA IL 31 E IL PRIMO IN UNA FITTA PIOGGIA. A questo scopo, nel primo pomeriggio del 31, organizzeremo – in luogo segreto, comunque in provincia di Bologna – una rituale danza della pioggia. Consigliamo agli spettatori di piazza Maggiore, di portarsi l’ombrello.

PS – Non ci pare di essere i soliti “ecologisti fondamentalisti” evocati come capro espiatorio.  E’ questione di logica. I botti a Bologna sono vietati dal 24 dicembre al 7 gennaio. Perché non in tutta Italia e per tutto l’anno? Perché non vietare, come sarebbe ovvio, anche la produzione e la commercializzazione? E’ coerente che, stante il divieto d’uso – a Bologna dal 24 dicembre e a Casalecchio dal 21 – un giornale locale diffonda la pubblicità della “merce” ancora il 23 dicembre?

Bologna, 26.12.2017

(*) Vito Totire è portavoce del circolo “Chico” Mendes

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