Eymerich è in edicola: correte

di Pierluigi Pedretti

«Lilith era persuasa che la navetta, la Kraeplin III, si sarebbe schiantata sulla superficie della luna. Non le importava di morire: la morte era la sua compagna di sempre. Gettò il bisturi con cui aveva ucciso il dottor Kurada e scostò con un calcio il cadavere di quel verme».

Un altro splendido omaggio di Urania che pubblica nella collana “I capolavori” uno dei romanzi di Valerio Evangelisti su Nicolas Eymerich, «Rex tremenda maiestatis» – 330 pagine per 6.90 euro – uscito la prima volta in edizione mainstream giusto dieci anni fa (*).

Che aggiungere sull’ormai famigerato protagonista, ispirato dall’omonimo inquisitore del XIV secolo? I romanzi e racconti che lo hanno visto agire spietatamente in difesa della fede non sono – come molti sanno – ambientati SOLO nel medioevo, ma oscillano tra futuro, passato e presente in un mix riuscitissimo di fantascienza, storia e attualità. Qui la cosiddetta teoria di Frullifer è alla base della spiegazione per cui i tre piani temporali possano intersecarsi (tramite le particelle psitroniche) e provocare così “corto circuiti” nel flusso degli avvenimenti. Se qualcuno si fosse perso «Rex tremenda maiestatis» è il momento di recuperarlo.

Quando nel 1994 apparve per la prima volta (sempre su Urania) la creatura di Evangelisti – «Nicolas Eymerich, l’inquisitore» – fu uno shock per i lettori, poco abituati agli italiani “da fantascienza” con storie complesse e avvincenti come quelle narrate dallo scrittore bolognese. Il successo di Eymerich è testimoniato da oltre dieci romanzi, alcuni ripubblicati nelle edizioni più “popolari”. Oggi tocca a «Rex tremendae maiestatis» apparire in Urania, una delle più importanti riviste di fantascienza europee.

«Con la sua voce esile e incrinata, la suora disse alzando un braccio: “Entrate pure. Il poveretto pende ancora dal cappio. Non abbiamo osato toccarlo”.

Poveretto?”. La domanda era scandalizzata, ma Eymerich aveva altro a cui pensare. Varcò deciso la soglia di un cubicolo asfittico illuminato da una finestrella profonda, protetta da una grata a maglie fitte. La poca luce che entrava illuminava un tavolino carico di libri, alcune stoviglie, due sedie, un pagliericcio posato al suolo, il vaso che serviva per i bisogni corporali, varie candele spente. Il cadavere del suicida pendeva da una trave del soffitto, a un braccio dal suolo, strozzato dai brandelli di una coperta legati l’uno all’altro a mo’ di corda. Sotto il corpo c’era una piccola pozza di orina, conseguenza frequente della morte per impiccagione».

E’ una delle ultime avventure del terribile inquisitore, ambientata nel 1372 tra la penisola iberica e la Sicilia, ma anche nel 3000 d. C. nello spazio lunare.

Non deluderà coloro che non l’hanno ancora letto.

(*) Su “Rex tremendae maiestatis” di Valerio Evangelisti

 

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