Faltan diez dias

Riflessioni, dubbi ed interrogativi a due settimane dal voto presidenziale in El Salvador – Parte I

di Maria Teresa Messidoro (*)

 

Dopo gli Accordi di Pace del 1992, che segnarono ufficialmente la fine della guerra civile in El Salvador, lo scontro per le elezioni presidenziali nel paese è sempre avvenuto tra il partito di destra ARENA, Alianza Republicana Nacionalista e quello di sinistra FMLN, Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional, trasformazione della precedente formazione guerrigliera. Quattro volte ha vinto ARENA, le ultime due sono state conquistate dal FMLN. Nella tornata elettorale del prossimo 3 febbraio, ecco la prima novità: è scesa in campo per la prima volta un terzo incomodo, Nayib Bukele, ufficialmente come candidato del piccolo partito GANA, Gran Alianza por la Unidad Nacional, nato come costola di ARENA alcuni anni fa. Tanto incomodo da essere addirittura favorito, secondo alcune inchieste già possibile vincitore al primo turno, senza bisogno di andare al ballottaggio.

Ma chi è Nayib Bukele? Giovane e rampante imprenditore trentaseienne, di famiglia facoltosa, inizio la sua carriera politica diventando sindaco del piccolo comune alla periferia di San Salvador Nuevo Cuscatlán, nel 2012, presentandosi come candidato del FMLN; con una grande capacità comunicativa, soprattutto con i giovani, divenne uno dei politici più popolari del paese, tanto da essere poi eletto sindaco della capitale San Salvador nel 2015, sempre sotto la bandiera del partito di sinistra. Contrasti con la dirigenza del Frente, lo portarono nell’ottobre del 2017 ad uscire, più precisamente espulso, dal partito in cui era politicamente cresciuto, creando prima il movimento Nuevas Ideas, poi, per problemi di eleggibilità connessi alle complicate leggi elettorali salvadoregne, diventando candidato del partito GANA. La sua popolarità si basa soprattutto, come spesso succede oggi in tutto il mondo, su slogan di “antipolitica”, di accuse ai “los mismos de siempre” (gli stessi da sempre). Raccoglie dunque un voto “anti”, canalizzando soprattutto il discontento di buona parte dell’elettorato tradizionalmente di sinistra nei confronti del Governo attuale, offrendo una alternativa “né di destra né di sinistra”, che, nella sua astrazione attuale gli permette di non assumere posizioni sui temi e problemi attuali di El Salvador. Tra le poche prese di posizioni “politiche” in senso stretto, c’è stato il tentativo di richiedere consensi da parte dell’attuale segretario dell’OEA, Luis Almagro, notoriamente ferocemente avverso al Venezuela di Maduro e molto sensibile alle posizioni nordamericane.

Il candidato del FMLN è invece Hugo Martínez, che rappresenta una generazione più giovane del partito e che proviene dai movimenti studenteschi. Si definisce come rappresentante di una sinistra progressista ma pragmatica, ed è proprio l’eccesso di pragmatismo una delle critiche principali mosse al FMLN sia dentro che soprattutto fuori dal partito stesso. E’ stato canciller, cioè ministro degli esteri durante i due governi di sinistra, distinguendosi ad esempio nel riconoscimento della Palestina come stato, ma anche per una relazione ambigua con Venezuela e per una, troppo secondo alcuni, relazione amichevole con gli Stati Uniti. Sicuramente molto preparato da un punto di vista politico ed accademico, sembra non sia stato ancora capace di “scaldare i cuori”, riducendo il divario che i sondaggi indicano tra Martínez e Bukele per sperare nel secondo turno.

Secondo Luis Armando González, del Centro Nacional de Investigaciones en Ciencias Sociales y Humanidades (CENICSH), è significativo che nel periodo prenatalizio, sostanzialmente a due mesi dalle elezioni, la città San Salvador non si sia riempita come sempre è successo nelle precedenti campagne elettorali di bandiere e simboli di partito, in particolare quelli del FMLN. Non consola il fatto che il candidato di ARENA, il facoltoso impresario Carlo Calleja, non appaia in grado di recuperare il peso culturale e politico di un partito che ha sempre rappresentato gli interessi economici delle potenti famiglie che di fatto controllano da sempre l’economia reale nel paese. Le organizzazioni sociali e soprattutto ambientaliste hanno più volte segnalato la minaccia che Calleja rappresenta per la sua stretta vicinanza e assonanza con le lobby minerarie, con il rischio di cancellare quella legge imposta dalla resistenza popolare sulla proibizione delle miniere di qualsiasi tipo in El Salvador. La deroga di tale legge e la privatizzazione dell’acqua sono solo alcune delle principali minacce di un eventuale ritorno al governo di ARENA, anche se questa è considerata come una ipotesi molto remota.

L’FMLN si trova dunque in una situazione precaria, rischiando di ridurre uno dei più storici partiti di sinistra di tutto il continente latinoamericano in una formazione marginale e per nulla incisiva nello scenario politico e sociale salvadoregno. Secondo Francisco Vicente Flores, rappresentante dell’Associazione Lisangà in El Salvador, occorre vedere la situazione anche da un altro punto di vista: “Questo momentaneo fallimento del FMLN occorre vederlo come una nuova opportunità per rinnovarsi. Per ritrovare le proprie radici ed ammettere gli errori commessi, avere più fiducia in sé stessi. Approfondire il dibattito sulla situazione nazionale ed internazionale, pensare a come modificare il modello economico attuale ( una delle cause principali della prossima sconfitta elettorale e la Costituzione …. La prosperità raggiunta da alcuni dirigenti deve essere maggiormente distribuita e occorre rispettare di più l’ambiente ed eliminare il cancro della corruzione. Preparare dei tecnici non per continuare a gestire il modello neoliberista attuale, bensì per proporre un modello differente, un modello altro, nuovo….”

Insomma, come dicono gli zapatisti, occorre combattere l’Idra capitalista ed il modello economico che le ruota intorno, a cui l’FMLN ha contribuito coscientemente, o incoscientemente poco importa, per smettere di ronzare sul miele neoliberista e proporre un altro stile di vita.

E’ un compito soprattutto dei movimenti sociali, dei giovani, delle organizzazioni femministe, delle piattaforme ambientaliste, delle organizzazioni indigene, di quelle realtà comunitarie diffuse in El Salvador che devono riprendere in mano il destino della propria storia, al di là della prossima tornata elettorale.

Ojalá así sea.

(*) vicepresidente Associazione Lisangà culture in movimento

Teresa Messidoro

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