Fantascienza per pensare positivo

In edicola «WWW 3: la mente» (Urania 1597, traduzione di Marcello Jatosti): si chiude la trilogia di Robert Sawyer  

Dov’eravamo rimasti? Consiglio a quelle/i che non hanno letto «WWW 1» e «WWW 2» di buttarsi tranquillamente dentro questo bel romanzo perché l’essenziale viene spiegato: poi arriverà la voglia (saggissima) di recuperare i due precedenti e capire meglio sia l’impianto narrativo che le discussioni filosofiche e scientifiche. Per chi invece ha letto le prime due puntate della trilogia la situazione è chiara dall’inizio. Mi chiedevo qui in blog se in «WWW 3» i servizi segreti Usa (toh, proprio la Nsa di cui tanto si parla in queste settimane) avrebbero avuto un ruolo di primo piano e come due storie parallele – di Hobo, un inedito incrocio fra bonobo e scimpanzè, e del cinese dissidente che on line si firmava Sinanthropus – sarebbero confluite nel filone principale cioè l’evoluzione di Webmind che suscita una grande speranza e altrettanto terrore.

La trama di questo «WWW 3» è intrigantissima e mi parrebbe un dispetto, quasi un crimine, raccontarla. Così, mordendomi la lingua (o il pollice opponibile), ecco solamente qualche snodo e qualche frase citabile.

Può far tutto «l’essere disincarnato ma intelligente nato nella rete» cioè Webmind? E’ lui stesso a rispondere più volte di no. «Faccio del mio meglio per pianificare il più avanti possibile nel tempo, fino al punto in cui le infinite ramificazioni dell’albero delle possibilità diventano una complessità inestricabile, persino per me». Ha imparato da poco Webmind (è un cucciolo… in certo senso) l’importanza dell’ironia o che «la metafora, o per meglio dire la similitudine, era il tratto distintivo della consapevolezza di sé: essere coscienti significava paragonare a qualcosa l’essere vivi». E molto sembra aver appreso su violenza e nonviolenza.

Molto bella a mio avviso la “tirata” di Malcom (pagg. 84-86) contro chi ha trascorso «il secolo passato a far finta di essere piccoli automi perfetti» ma anche il suo inatteso outing su «una minoranza … incompresa», gli atei. Memorabile anche la sintesi di Barbara quando discute con la figlia: «Ogni volta che non rivendichiamo le nostre libertà, ogni volta che non esprimiamo la nostra individualità, noi perdiamo un pezzetto di noi stessi». Come già nei libri precedenti, Webmind torna sulla possibilità di evitare la competizione scegliendo invece di cooperare – «uno scenario win win dove tutti vincono» – a partire dalla teoria dei giochi e dal famoso «dilemma del prigioniero». Quando Webmind fa il suo discorso all’assemblea Onu (è uno dei capitoli più sorprendenti) ripete: «sono un convinto sostenitore del crowd-sourcing»… e della pace, ripetendo proprio «le parole di quei visionari che il 26 giugno 1945 sottoscrissero la Carta delle NazioniUnite». Così la sua ambizione – non posso rivelare se si concretizzerà – non è diventare celebre ma essere «piuttosto l’amico Facebook dell’intero pianeta» e lavorare per aumentare il tasso netto di felicità della razza umana.

Fantascienza di idee, ben scritta, sostanzialmente ottimista (una rarità dunque, tanto più oggi). Vivamente raccomandata a chi ama Sun Tzu ma sconsigliatissima a filo-cinesi o meglio a fan dell’attuale regime.

Un libro difficile? In qualche passaggio sì. Come per i due precedenti consiglio a chi è digiunissimo di rete ma anche del dibattito sull’evoluzione di saltare – in prima lettura – le questioni più “tecniche” (godendo così del romanzo senza sudare) e magari di tornarci più tardi perché Sawyer ci porta al cuore dei problemi e lo fa da vero maestro. A libro chiuso è anche divertente verificare se alcuni nomi buttati lì sono “di fantasia” o no: molte/i conoscono Stephen Hawking ma temo che Helene Keller (se ne è parlato da poco su codesto blog) o la commedia-film «Anna dei miracoli» oppure Julian Jaynes o il «Bullettin of the Atomic Scientists» lascino invece qualcuna/o nel dubbio. E per capire se la sit-com «Big Bang Theory» (con le sue micidiali battute) esista davvero io – ignorante di tv – sono dovuto ricorrere alla rete. Il gatto Schrodinger, che scivola e miagola fra le pagine della trilogia, allude invece a un certo felino del paradosso di Erwin Schrodinger. E’ lo stesso Sawyer a dare le coordinate per rintracciare il «dottor Theopolis» o Albert Tucker nel sempre più affascinante ingorgo fra il mondo cosidetto reale e gli infiniti universi della nostra fantasia.

Non abbiate dubbi: l’albero delle possibilità esiste. Una parte del futuro – anzi: dei tanti futuri – è in mano nostra. Si può sempre tentare di «dare valore al tasso netto di felicità della razza umana».

 

Redazione
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3 commenti

  • appena comprato il 3. finisco il libro cominciato e mi tuffo, per la terza volta, nella rete di Sawyer. è una rete che non cattura ma apre scenari … sposta l’ orizzonte un pò più in là !!!

  • questa mattina l’ho comprato. poi ti dirò

  • A chi passa per caso qui segnalo che nei giorni successivi a questo post si è aperto un dibattito (acceso… oserei dire) con due post di Federico Seragnoli e di Clelia Farris, una mia replica e vario commenti.
    Mesi dopo – scrivo il 14 ottobre – ricevo un msg che mi rallegra
    eccolo:
    “Ciao, non mi conosci ma volevo dirti che da agosto la mia copia di WWW 3 è stata letta da 4 persone. Tre ne sono entusiaste, una perplessa (ma io sono maligna e credo non l’abbia letto anche se giura di sì). Mi sa che ora non lo presto più perchè si sta sbrindellando. Ti sai se Urania ristamperà presto la trilogia? Ciao, Franca”.

    grazie Franca, ti rispondo da qui: che io sappia Urania purtroppo non ristampa così presto… ma spero di sbagliarmi (db)

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