Fascio-leghismo in marcia

di Gian Marco Martignoni

Dopo l’uscita dalla scena politica di Umberto Bossi e del suo “cerchio magico” (in seguito alle vicende legate all’ex tesoriere Francesco Belsito e agli investimenti effettuati in Tanzania con i soldi del finanziamento pubblico)

la Lega Nord sembrava avviata a un inesorabile tramonto, con tanto di messa in soffitta dei proclami secessionisti e della sua nota brama di potere.

Invece l’ascesa al vertice del partito nel dicembre 2013 di Matteo Salvini ha ridato fiato alle trombe di una formazione politica che, vale la pena ricordare, è l’unica sopravvissuta con le medesime sembianze nel nostro Parlamento dall’esplosione di Tangentopoli negli anni ’90 e vanta, nell’epoca dei partiti leggeri o semplicemente cartelli elettorali, una organizzazione militante tutt’altro che trascurabile, pronta alla mobilitazione di piazza quando è necessario sostenere le ragioni “superiori” del partito.

Il successo il 18 ottobre in piazza del Duomo a Milano della manifestazione «Stop invasione» – con il supporto di una serie di sigle del neofascismo, a partire dagli squadristi di Casa Pound – è la plastica dimostrazione che la Lega Nord non si accontenta di un rinnovato protagonismo televisivo, ma oltre a consolidare il suo consenso attorno al rilancio delle tradizionali posizioni xenofobe e razziste punta a intercettare il disagio crescente nel mondo del lavoro e nelle classi popolari, generato dal perdurare della crisi economica e produttiva nonché delle misure fortemente regressive assunte dal governo Monti sul finire del 2011.

L’alleanza a destra con i neofascisti (abili a posizionarsi alla stregua di Borghezio nei luoghi che contano, giacché non vi riescono elettoralmente in proprio) è tutt’altro che innaturale, a meno di non credere alla leggenda metropolitana, veicolata a suo tempo da Massimo D’Alema, sulla «Lega Nord quale costola della sinistra».

L’esito delle elezioni europee ha infatti sancito una forte affermazione delle formazioni di estrema destra, xenofobe, razziste e populiste, cosicché l’abbraccio di Matteo Salvini con Marine Le Pen (benedetto da Putin grazie all’opera dell’associazione Lombardia-Russia presieduta da Gianluca Savoin) è finalizzata a proiettare la Lega Nord in una dimensione di carattere nazionale, attraverso l’espediente del partito politico «Noi con Salvini» quale corrispettivo della Lega Nord nel Centro e nel Sud Italia.

A dimostrazione che la Lega Nord non è una formazione immobile o che si attarda testardamente in ciò che non è riuscita a realizzare – la secessione per intenderci – ma muta i suoi obiettivi al fine della «conquista e gestione dispotica del potere». Come aveva ben intuito Walter Peruzzi nel libro scritto con Gianluca Paciucci «Svastica verde»: «la Lega mira a una doppia occupazione: quella dell’immaginario, mediante una forte produzione simbolica, per ora vincente anche a causa del venir meno delle altre grandi narrazioni, e quella del territorio mediante una lenta penetrazione per via elettorale o mediante alleanze o intese con lobby e centri di potere politico, economico, bancario».

svasticaVerde

Il referendum indetto dalla Lega Nord in merito alla controriforma Fornero sulle pensioni è rientrato a pieno titolo in questa strategia di produzione simbolica dell’immaginario, poiché seppure l’articolo 75 della Costituzione recita che «Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio…» – e in questa direzione si è pronunciata negativamente la Corte Costituzionale rispetto alla sua ammissibilità – l’obiettivo propagandistico ed elettorale, connesso alla campagna mediatica orchestrata in grande stile attorno alla raccolta delle firme, è stato più che raggiunto. Ovvero parlare alle corde sensibili di quel mondo del lavoro che quotidianamente misura e misurerà nel tempo sulla sua pelle i disastri e i drammi provocati dalla questione irrisolta degli esodati e dell’allungamento della vita lavorativa in prospettiva a settant’anni, nonché di coloro che andando a incrementare le fila dei cosiddetti “inattivi” si ritrovano angosciati e depressi senza lavoro e senza pensione.

Colpendo quindi il nervo scoperto di un blocco sociale profondamente disorientato dall’assenza di risposte concrete rispetto alla sua condizione lavorativa e esistenziale; dato che il confronto attorno alla piattaforma avanzata da Cgil, Cisl e Uil l’estate scorsa anche sul tema delle pensioni non rientra tra le priorità di questa compagine governativa, al di là delle ipocrite dichiarazioni del ministro del lavoro Giuliano Poletti a proposito di una nuova «emergenza sociale» che va profilandosi.

Al contempo, mentre i consumi sono calati ai livelli del 1980, la Lega Nord, nel solco della logica neo-liberista che la anima, con la proposta della Flat-tax al 15% prospetta una generalizzata riduzione dell’imposizione fiscale quale soluzione taumaturgica alla caduta del potere d’acquisto di salari e pensioni delle classi popolari, con buona pace della progressività fiscale prevista nel dettato costituzionale e della sacrosanta lotta all’evasione fiscale.

Se poi consideriamo i proclami anti-euro e la campagna islamofobica di cui la Lega Nord si è fatta promotrice dopo i fatti di Parigi, si può comprendere perché il fascio-leghismo, a fronte di una caduta di appeal sia di Berlusconi che del Movimento 5 Stelle, abbia ripreso a macinare vistosi consensi e costituisce un reale pericolo per la democrazia, occupando tutti gli spazi – si pensi alle reiterate provocazioni nelle periferie degradate e contro i rom – concessi dall’assenza sulla scena politica di una sinistra di classe in grado di parlare e rappresentare credibilmente l’insieme delle classi subalterne.

(Varese, 28 gennaio 2015)

 

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