Fine di una professoressa
di Daniela Pia
Mentre facevo lezione con i miei studenti/esse, oggi, improvvisamente dal corridoio sono giunte, a più riprese, urla e schiamazzi. Mi sono affacciata pronta ad intervenire ma un collega mi ha fatto presente che in aula c’era la docente. Torno nella mia aula, chiudo la porta. Passa un quarto d’ora e la bolgia infernale si ripete con cori da stadio e rumore di sedie e banchi sbattuti. Conoscevo la situazione di fragilità della collega e non mi sono potuta trattenere, sono entrata nell’aula e le ho chiesto l’autorizzazione a parlare cosa che mi concesso come una liberazione. Li ho guardati, ragazzetti/e di prima superiore, ridacchiare alle spalle della loro docente, una donna stanca, prossima alla pensione, in evidente difficoltà. Li ho osservati bene nel loro fare branco e li ho descritti, fotografati in quell’atto di bullismo ripetuto ai danni di chi poteva essere loro nonna. Li ho invitati a fare uno sforzo e guardare ciò che stavano facendo come se in cattedra ci fosse la loro madre, derisa e offesa dalle zanne di ragazzini/e che avrebbero avuto bisogno di un domatore non di un’insegnante. Silenzio. Un silenzio da tagliare a fette. Interrotto dallo sbottare di un piccolo bulletto, fra quelli che strisciavano il banco, che ha sbottato dicendo che il paragone con il mondo animale lo trovava offensivo.
Mi stupisco sempre più, in questa scuola da barricate nella quale insegno ormai da 16 anni, di come i ragazzi/e del biennio stiano perdendo completamente il senso del rispetto, della misura delle loro azioni. ” se prova a farlo a me battermi la fotocopia sulla testa per farmi fare silenzio io le restituisco il colpo, vedrà…” Trovo sconcertante questa cattiveria da bulli/e che viene sfoderata continuamente, contro i compagni e anche contro gli insegnanti. Quei video che circolano in rete e che cercano di raccontare casi eccezionali di minacce a brutto grugno nelle aule delle nostre scuole, si stanno moltiplicando. Complice una malcelata complicità di genitori che hanno abdicato al loro ruolo, che giocano a fare gli amici, che concedono tutto e tutto scusano: ” ma chi? Mirko? Guardi professoressa non è possibile, Mirko me lo ha giurato e io gli credo, non avrebbe mai minacciato la sua compagna e il docente che lo ha redarguito ” e tu lì a dirle che ci sono fatti, concreti, che inchiodano il suo Mirko. Ma niente da fare Mirko è un angelo non è maleducato e aggressivo, sono gli altri che lo dipingono così.
La mancanza di sinergia di intenti fra scuola e famiglia, questo tira molla fra regole da rispettare e il “tutto concesso” sta minando definitivamente il lavoro all’interno delle classi; e-ducere condurre fuori dalla legge del branco certi gruppi in cui si sono instaurate certe dinamiche richiede una fatica mentale e fisica in grado di minare la salute, di distruggere l’autostima e di far finire gli insegnati in pieno burnout senza che nemmeno se ne accorgano, in piena solitudine e, spesso, senza alcuna solidarietà da parte dei colleghi. Anche per questo Eugenio Tipaldi, dirigente scolastico, ha fatto un appello, a questo Governo di sordi, affinché la categoria degli insegnanti sia riconosciuta tra quelle dei lavori usuranti e che questo riconoscimento non sia riservati solo insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria, ma anche quelli della secondaria. Sono dati conosciuti ed ignorati, li ha diffusi uno studio di Vittorio Lodoli D’Oria dal quale emerge che quasi l’80 per cento di chi lavora dietro la cattedra soffre di patologie da stress, le ultime rilevazioni attestano almeno 24mila psicotici e 120mila depressi nella categoria. Infine, ci sono tutte le altre malattie della psiche più lievi ma non per questo da trascurare, come i disturbi dell’adattamento e di personalità.
In situazioni come quelle sopra descritte , immaginare che un insegnante debba lavorare con gli alunni fino a 67 anni è sconfortante e destabilizzante. Ed è così che se la pensione si allontana, ad avvicinarsi di soppiatto può essere , improvvisa, la malattia che ci coglie impreparati/e e stanchi di combattere. E non vorrei proprio arrendermi a questo futuro prossimo incombente e desolante.
Purtroppo è una situazione tremenda e più si va avanti e maggiormente peggiora. Te lo confermo dal mio ricco Nord Est, dove da anni le scuole sono diventate dei veri e propri ricettacoli di violenza, delle carceri con i peggiori galeotti, parcheggiati da genitori troppo indaffarati o essenzialmente menefreghisti, e parlo di persone delle mia età, quarantenni troppo pieni di se o altro, incapaci sostanzialmente di educare un figlio ai modi corretti per essere una persona bella e corretta.
La lotta è dura ma sicura, anche se qui moltissimi hanno da tempo gettato la spugna e cercano di arrivare vivi alla fine. D’altronde, con una società che ci vuole stupidi, ignoranti e depressi l’aver definitivamente distrutto quel poco che resisteva del tessuto scolastico a favore della struttura della squola… la dice lunga…
Terribile la solitudine Fabrizio, una condizione che non può essere spiegata se non provandola. Grazie.
Ritrovo tutte le sensazioni vissute, il senso di impotenza, il non riconoscersi più, la mancanza di energia per continuare a lottare, la solitudine negli ingranaggi di un sistema che ignora del tutto le problematiche dei docenti. Tutta l’attenzione rivolta ai ragazzi, e chi si preoccupa di noi? Ho chiesto il part-time quest’anno e non so se tornerò sulla cattedra completa. Ho 64 anni e devo fare altri quattro anni. Mah…
so che non è politicamente corretto, ma in scuole così (diciamo di frontiera) sarebbe necessario un “educatore” particolare, un tipetto da 1 e 90, 120 chili, che comunica con quei ragazzini difficili, la prima volta con un linguaggio verbale, la seconda con un linguaggio non verbale.
o anche il commissario Pastor (di Pennac) sarebbe molto utile, come extrema ratio.
Che bello ritrovarti e leggerti
Spero rivederti quanto prima, quando vorrai e potrai
Ti abbraccio
Maria Rosaria
I “prof” non godono di buona fama, si sa. Nella considerazione generale mi viene da dire che si collocano tra il politico e il pedofilo, o giù di lì. Questo sfogo, se lo si legge senza pregiudizi, è illuminante.Chiaro che tutti abbiamo avuto prof scansafatiche o incapaci. Perché tra i meccanici, i medici, gli artigiani, gli operai o le segretarie non ce ne sono? Riflettiamo. Anche su quella che sembra una boutade ed è una sacrosanta verità: fare l’insegnante (bene, ovvio!) è davvero un lavoro usurante.
Un piccolo elenco di situazioni delle quali sono stato testimone in questi anni; tutto quanto è scritto sopra è tragicamente vero. ma la verità ha sempre due facce
Paolo, prima media, entra in classe senza voglia di fare lezione; segue distrattamente la lezione di italiano e poi va a cambiarsi per educazione fisica. Il suo rapporto con il docente è pessimo, anche perché il ragazzo è molto indisciplinato. Il docente fa l’appello e il ragazzo risponde in modo provocatorio. Docente e ragazzo iniziano a litigare, il docente perde le staffe e lo trascina nello sgabuzzino dei palloni, dove lo chiude a chiave fino alla fine delle due ore di lezione
Alla fine di un percorso di 3 anni sull’intercultura l’insegnante di lettere durante l’intervallo parla con l’esperto: “Ha visto il comportamento di Silvia? E’ falsa, infida, perfida. Secondo me è di origini zingare”
Alla professoressa di lettere di II media viene consegnata la busta paga in aula. Lei la apre, la sventola davanti ai ragazzi e dice “Ecco, guardate per che miseria mi tocca stare a cercare di far capire le cose a voi”
Il bidello entra il classe e porta alla professoressa di lettere una borsa della spesa. Le dice “Il solito jogurt non c’era ma verso le 11 esco ancora e provo all’altro negozio”
Il professore di impianti elettrici entra in classe. Andrea gli chiede di poter andare in bagno e lui chiede “A far cosa, a pisciare o a cercare la figa?”
La professoressa di inglese interroga Sara. La ragazza parla a bassa voce, l’insegnante le urla “Ma alza questa voce, che cos’hai, un cancro in gola?”. La mamma di Sara ha un tumore terminale.
Il professore di educazione tecnologica chiede a Roberto, seconda media, di prestargli la riga in plastica trasparente. Durante la lezione la classe rumoreggia e il professore per richiamare i ragazzi sbatte più volte la riga sulla cattedra, rompendola. A Roberto, che protesta alla fine dell’ora, dice “Che vuoi da me? E’ colpa dei tuoi compagni.”
Mentre interroga Luca, 17 anni, la professoressa di diritto toglie dalla borsetta una banana, la sbuccia, le versa sopra lo sciroppo e se la mangia.
Marco, 16 anni, mastica la cicca in classe anche se i professori hanno stabilito una regola che lo vieta. La professoressa di inglese gli dice “Ma no, mangiala pure, anch’io la mangio. L’inglese si pronuncia meglio con qualcosa in bocca.”
La professoressa di inglese ha appena rimproverato Vito, 17 anni, per non aver studiato. Lo scontro tra la prof e il ragazzo è stato aspro, e quando il professore di matematica entra in classe il ragazzo sta urlando parolacce. Il professore gli chiede che cosa sia successo, il ragazzo lo spiega e il prof. commenta: “Dai, Vito, lo sai che le donne sono un po’ strane…magari la prof. aveva quelle cose che…, quelle cose che quando le donne le hanno è meglio star loro lontani…”
La professoressa di matematica chiede a Luca, II media se ha la fidanzata. La clase dice che a Luca piace Debora, di un’altra classe. La professoressa chiede “Chi, Debora L.?, Ah, bella roba. E soprattutto bella famiglia”
Il professore di informatica è arrabbiato con la classe seconda dell’Istituto tecnico, perché i ragazzi hanno fotocopiato il testo della verifica che avrebbe dovuto svolgersi quel giorno, testo che hanno rubato dal suo cassetto in aula insegnanti. Entra in classe e dice minaccioso: “Io cago la merda, voi cagherete sangue”
Ciò che dici non mi sorprende. Scoppiati ma anche ignoranti ce ne sono tanti, troppi. Purtroppo non interessa a nessuno. Addirittura, nel post precedente si afferma che gli insegnanti “Nella considerazione generale mi viene da dire che si collocano tra il politico e il pedofilo, o giù di lì. ” questo sì che lo trovo oltraggioso.
Provo una profonda tristezza e rabbrividisco alla frase “saranno il nostro futuro”. Mi ritrovo, eccome, nelle tue parole. Ma hanno bisogno di voi sennò di chi altri…