Flavio Santi: «Canto di un’area dismessa»

316esimo appuntamento con “la cicala del sabato” (*)

Canto di un’area dismessa

«Lavorarono qui, qui penarono» (Vittorio Sereni) *

Vedete io non sono bello
(o bella dovrei dire?, non conosco il mio sesso)
ridotto a sterpaglie, ruggine e amianto
un interminabile muro mi copre e mi rapisce
dicevo, io non sono bello
come una chiesa, fiero come un castello
eppure porto l’impronta della vostra vita
sono qua da decenni, mi conoscete
come conoscete vostro padre o vostro figlio,
presenza ormai scontata,
eppure sono una forza del passato
terribile ma inerme
pronta (ecco che divento donna) a tutto.
Adesso sembrate temermi, sì, come
fossi l’ultimo sforzo andato male.
Lo sforzo di quando ero viva
e loro erano vivi e voi lo eravate e
tutto aveva un senso,
il senso. L’unico possibile e immaginabile,
l’unico passabile in una vita senza centro
in una vita di cemento,
di fibre artificiali e inganni industriali
quando bello di una vita moderna e funzionale
mi ergevo alla mia condanna,
e non lo sapevo,
fiero di una fierezza molto anni Cinquanta –
gli anni di Bartali Coppi e Mira Lanza –
e morivo, e non lo sapevo, di
una morte lenta e viscosa.

* citazione di Vittorio Sereni da Una visita in fabbrica, ne «Gli strumenti umani»

[da «Quanti»]

(*) Qui, il sabato, regna “cicala”: libraia militante e molto altro, codesta cicala invia ad amiche/amici per 5 giorni alla settimana i versi che le piacciono; immaginate che gioia far tardi la sera oppure risvegliarsi al mattino trovando una poesia. Abbiamo raggiunto uno storico accordo: lei sceglie ogni settimana i versi da regalare alla “bottega” e io posto. Perciò ci rivediamo qui fra 7 giorni. [db]

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *