Foresta, amori, violenza, musica e teatro
di Massimiliano Filoni e Vanja Buzzini (*)
Storie e riflessioni su «Dentro Tanti Piccoli Mentre (ovvero A proposito della dea)», un ciclo di laboratori – della cooperativa Giolli – su incontri, differenze, discriminazioni e violenze di genere
«Dea, cerva nella Foresta,
raggio luminoso nella notte,
ruscello che scorre e gorgoglia,
alce sul limite del precipizio,
abbraccio e respiro,
pieno con vuoto,
ombra nella luce e luce nell’ombra,
alta e profonda risata
che scioglie e solleva». (Da Dentro Tanti Piccoli Mentre … ovvero A Proposito Della Dea)
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Ci sono fili che occorre riannodare. Fili sottili. Robusti e fragili nello stesso tempo.
Fili che ci collegano, che ci fanno ritrovare.
Che ci riportano al centro del nostro cuore. Ci sono fili che occorre riannodare.
Servono tempo, pazienza, occasioni e incontri. Occorre staccarsi dalla frenesia del mondo, dal caos degli impegni, dei ruoli, dei doveri.
Occorre rientrare nella Foresta. Il teatro in questo senso può essere l’occasione. Il teatro permette di sospendere il tempo, di allontanare frenesia e rumori. Il teatro richiede di fare le cose insieme. E fare insieme qualcosa presuppone ascolto, presuppone lo sforzo di mettersi nei panni dell’altro, di assumerne il punto di vista.
Il teatro permette alle storie di farsi presenza, viva voce e corpo vivente.
Il laboratorio – che alterna piccoli recitativi, canti e gode di un accompagnamento musicale dal vivo – propone un viaggio alla ricerca della Dea. Chi è? Dov’è oggi? Come può aiutarci ad affrontare le tante forme di ingiustizia, di discriminazione e di violenza contro le donne.
Ogni volta il luogo che ci ospita è il luogo del racconto, della ricerca collettiva che cercheremo di fare. Ogni volta il luogo che ci ospita è una foresta. Perché le foreste furono prima. Perché la foresta è casa, è ventre, è anfratto; è il luogo della rigenerazione. Perché è nella foresta che la Dea dimora.
La foresta è il regno dell’ignoto. Può nascondere i pericoli e perdere il viandante. Ma può accoglierlo nel suo abbraccio frondoso. Può proteggerlo e nel chiaro di un bosco immetterlo nel centro di un segreto. Le foreste furono prima.
Entrare nella foresta è sospendere il tempo. Entrare nella foresta significa lasciare l’ordinario con i suoi linguaggi, i suoi ritmi, i suoi modelli e le sue regole, per cercare nuove lingue, nuovi codici, nuovi modelli. Nuova energia. La musica accompagna l’ingresso delle persone. Sono le note dell’arpa, le percussioni, i sonagli o la voce-canto di Vanja Buzzini, straordinaria Musica che mi accompagna anche in questa avventura, che segnano l’ingresso nel regno della Dea.
Non si chiedono i nomi, non si chiedono le aspettative o le esperienze teatrali pregresse. Non si fa conversazione per rompere il ghiaccio, si entra in un mondo e insieme si scoprono e si costruiscono i linguaggi, i codici, gli orizzonti.
Poi si chiede a ciascuna persona di ritagliarsi uno spazio-foresta all’interno della sala, di scegliere alcuni oggetti (piccole pietre, rametti, conchiglie, bastoni della pioggia, noci, chiodi di garofano, bacche di ginepro, stecche di cannella, per fare alcuni esempi) e con questi popolare il proprio spazio foresta.
“Musica” accompagna con arpa questo viaggio.
Ciascuna persona gioca a conoscere la consistenza, il profumo, i colori, dei propri oggetti, ne ascolta i suoni fino a creare una breve partitura sonora dal titolo: «Voci della Foresta».
Per alcuni minuti le persone sperimentano, trasformano, scelgono fino a comporre la propria Voce Canto della Foresta. All’inizio ne ascolteremo una alla volta, poi tutte insieme con alternanza di volumi, in modo tale che ci sia sempre un sottofondo collettivo su cui una alla volta spiccano le altre Voci.
La stessa cosa viene ripetuta in movimento, così da riempire lo spazio di canti, musiche, suoni, voci.
Infine si riprende la propria Voce-Canto ponendola in dialogo del ritmo o dei ritmi del Tamburo e delle Percussioni proposte dalla nostra Musicista.
Abbiamo così cominciato a tracciare la rotta, abbiamo cominciato a prendere le distanze dall’ordinario, dal quotidiano, dall’abituale, dal prevedibile, dal già pronto. Cominciamo a cercare, cominciamo a conoscere e a sperimentare nuovi linguaggi, i linguaggi della foresta, dove le coordinate e i criteri utili nel quotidiano non servono, non occorrono, a volte, addirittura, possono essere nocivi.
Ci occorrono nuove lingue, nuove possibilità di immaginare, di rappresentare, di narrare il mondo. Uscire dall’ordinario per trovare nuove forme utili, per tornare, fuori dalla Foresta, nel mondo, per agire. Andiamo.
Andiamo a cercare. Cerchiamo la Dea dentro di noi, nelle altre persone, intorno a noi.
Con i giochi teatrali si sperimentano linguaggi, si fanno incontri, si raccontano storie e si creano immagini. Immagini che raccontano la Dea. Le persone, attraverso il teatro, raccontano che la Dea è parto, in tutti gli aspetti generativi, nel nutrimento, nell’offerta, nella creazione dello spirito, nell’alternanza del giorno con la notte. Nel sostegno, nell’accoglienza e nella cura. Proviamo a collocare tutto questo nella vita reale. Cominciamo a creare collegamenti. Si entrava, un tempo, nella foresta per rigenerasi ed attingere da lei energie e risorse per risanare la città malata. Si creano collegamenti tra metafora e realtà. E le persone ci spiegano che nella vita di tutti i giorni la Dea si vede a tratti, i messaggi che la riguardano sono troppo spesso sfumati e contraddittori. Le occasioni per incontrarla e riconoscerla sono poche e, sovente, nascoste. C’è un progressivo allontanamento da Lei, anche rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto. La Dea appare e ci solleva con la sua ironia che, con leggerezza, permette di affrontare situazioni difficili.
Ma la società, così com’è, non la vuole. Non la vuole perché la Dea è troppo potente e mette in discussione tutte quelle sovrastrutture che rendono il mondo ingiusto e violento.
La Dea non è congeniale al potere perché indomabile. Rifiuta l’obbedienza, esprime libertà. Questa Dea incarna la potenza dei sentimenti, delle emozioni. Le emozioni possono produrre grandi cambiamenti e forse – spiega la partecipante a uno dei laboratori – quella delle emozioni è la più grande fra le libertà femminili. Chi governa i meccanismi che fanno andare il mondo così come deve andare, continua, non la vuole e per allontanarla rifiuta le emozioni in nome del calcolo, dell’utile, del profitto.
L’irruzione della Dea ci riporterebbe all’istintuale, al primitivo, a una rivoluzione dei modelli e dei sistemi di relazione. Ci condurrebbe a riconoscere l’altro come umano e non come oggetto.
Improvvisando facciamo parlare la Dea, le Dee che dicono al mondo:
- bisogna essere irriverenti
- essere autentici
- creatività è anche la bellezza delle imperfezioni
- ma perché non mi guardate mai?
- Perché sono sempre nascosta?
- gli opposti esistono
- accogliere le differenze
- accettare noi stessi.
Con il canto si conclude questa parte di lavoro che riprenderemo cercando di entrare dentro a quei tanti piccoli fatti che avvengono mentre le vita scorre. Dentro Tanti Piccoli Mentre, appunto.
<< Al tempo della Dea il cielo e la terra non erano contrapposti. Né c’era opposizione tra uomo e animale. Al tempo della Dea non erano contrapposti il maschio e la femmina, né la foresta con la radura o l’idea con la forma.
Al tempo della Dea il passato e il futuro attraversavano uniti l’istante che muove la ruota delle stagioni.
Guardavamo in alto, una Luna Nuova, Bianca Dea della nascita e della crescita.
Guardavamo in alto, una Luna Piena, Rossa Dea, dispensatrice d’amore e battaglia.
Guardavamo in alto una Luna Vecchia, nera Dea della morte, della rinascita, della divinazione.
Vergine, sposa e strega.
Una Bianca Dea, madre di tutti i viventi, antica forza della paura e della concupiscenza.
Una Bianca Dea, tessitrice della luce e delle tenebre, portatrice di doni, benefica a volte e a volte crudele.
Come è successo? Come, passando dalle civiltà primigenie a quelle storiche, le donne persero il loro prestigio? Come da dee divennero oggetti, strumenti, esseri inferiori. Bersagli prediletti delle bassezze tutte.
Eppure la Dea cantava che la luce e la tenebra esistono insieme e così il male e il bene. Bisogna conoscerli e accettare il fatto che fanno parte di noi per poter scegliere.
Perché anche un atto violento è una scelta. Quante cose diverse si potrebbero fare? Cosa si può fare per riscoprire la Dea, e con lei risanare le ferite che affliggono il mondo. No, non per ribaltare le cose, non per fare di chi è oppresso un nuovo oppressore e di chi oppressore un nuovo oppresso. Cosa si può fare per pulire il mondo da discriminazioni, ingiustizie, violenze, soprusi. Piccole cose. Le prime piccole cose per metterci in cammino>>
Da “Dentro Tanti Piccoli Mentre” ovvero A Proposito Della Dea
Cerchiamo ora, sempre con il teatro, di individuare e dare corpo alle tante forme di violenza contro le donne.
Allora scopriamo che violenza è subire il vittimismo maschile, è l’autoritarismo, la negazione, l’infedeltà. Ma anche le discriminazioni sul posto di lavoro, gli stipendi più bassi a parità di ore lavorate e di mansioni. Violenza è l’annullamento, il controllo continuo.
Violenza è quando ti fanno sentire in colpa se cerchi di esercitare i tuoi diritti, quando non si riesce a parlare, a comunicare. Forme di violenze sono il possesso, la prevaricazione. C’è violenza quando non si è accettate per come si è.
Violenza è quando ti dicono: – hai una certa età, quand’è che metti su famiglia e fai dei figli? L’orologio biologico corre!-
Violenza è omologarsi all’immagine della brava bambina obbediente perché l’obbedienza è riconosciuta e premiata. Violenza è omologarsi all’immagine della donna costantemente vogliosa e compiacente. Violenza è quando il mondo ti dice che non puoi invecchiare, che devi essere sempre giovane, bella attraente e disponibile.
Violenza è se mi tocchi il culo e non ti ho dato il permesso.
Nei laboratori si incontrano persone di tutte le età e tante possono essere le sorprese. La stessa cosa ce l’ha detta un ragazzo, maschio, giovanissimo che ha spiegato: – violenza è anche una pacca sul sedere. A noi sembra un gioco, uno scherzo. Una cosa da nulla e non ci rendiamo conto che sottraiamo libertà all’altra persona e la invadiamo nello spazio più sacro il corpo – .
Quando c’è violenza? Cos’è la violenza?
<< Gli uomini diventano violenti quando non sono sicuri; quando non si sentono all’altezza della compagna>>
<< C’è, spesso, da parte dei maschi, una violenza verbale; parole offensive e toni aggressivi quando si rivolgono a noi femmine>>.
<< Violenza è quando per gli uomini le donne, a casa, fungono da capro espiatorio su cui scaricare il loro stress, le loro frustrazioni>>.
<< Violenza è quando ci giudicano, magari per come una si veste. Violenza è quando ci controllano: SMS; facebook, mail. Come se la fiducia fosse tutta in una password>>.
<< Violenza è quando non c’è rispetto per la nostra libertà, per le nostre scelte. Violenza è controllo. Non poter uscire con le amiche; essere aggredite dal proprio compagno perché si parla con altri maschi, e quelle parole:
– dove sei stata?
– con chi?
– perché non ti copri?
– ti potresti anche vestire quando esci!
– perché esci con le tue amiche?
– devi uscire solo con me!>>.
<< Violenza è quando non si può dire no al proprio compagno senza che ci siano conseguenze. Violenza è ogni volta che i maschi non accettano i nostri no.
Ogni volta che impediscono di dire no>>.
<<Violenza è una pacca sul sedere. A noi sembra niente ma è una libertà che ci prendiamo sottraendo libertà alla ragazza che è invasa nel suo spazio più sacro il corpo>>.
Violenza è quando ci trattano come oggetti. Gli oggetti fanno quello che vuole chi li possiede. Gli oggetti alla fine si buttano>>.
A questo punto uno dei giovani maschi che ha partecipato ad uno dei laboratori ha voluto precisare:
<< Basta! Non tutti gli uomini sono violenti, non tutti gli uomini sono così!>>
E una ragazza ha chiesto:
<<E quindi, questa maggioranza di uomini che non sono violenti cosa pensa? Cosa vuole o può fare? Cosa dice o può dire al mondo? Alcune delle risposte proposte. Questa maggioranza di maschi potrebbe ascoltare di più. Potrebbe manifestare maggiore curiosità per l’universo femminile. Conoscere senza giudicare e sminuire. Potrebbe abbandonare l’ideologia della supposta superiorità maschile. Potrebbe riconoscere e condannare gli atti violenti compiuti da altri maschi pubblicamente.
Gli uomini potrebbero, dovrebbero parlare con gli uomini di queste cose. Dovrebbero parlare delle donne come esseri umani e non come oggetti. Proviamo a capire quando scatti la violenza e cosa si può fare in questi casi>>.
Quando scatta la violenza
<<La gelosia. La gelosia, di per sé, non è brutta. Un po’ di gelosia fa sentire amate, dimostra attenzione. La gelosia è brutta, diventa un problema quando è ossessiva: dove sei sta? Con chi? Devi fare quello che dico! Chi era al telefono? Perché ti ha chiamata?>>.
<<A proposito di stalking, quando finisce una storia è, di solito l’uomo e non la donna che diventa stalker. Questo perché noi femmine ci sentiamo in colpa, pensiamo alle nostre responsabilità, ci facciamo un esame di coscienza. I maschi, invece, accusano noi donne di tutto, ci attribuiscono ogni colpa. Per questo, quando alla fine di una storia c’è stalking, l’autore è il maschio e non la femmina>>.
<<Certi drammi scaturiscono da rabbia e gelosia che trasformano il corpo che si tende, si irrigidisce, si chiude>>.
<< A volte per smorzare la rabbia, per evitare brutte conseguenza, conviene essere accoglienti con chi è rabbioso per gelosia>>.
<< Ma non basta risolvere l’urgenza. Il problema deve essere affrontato in due tempi: nell’immediato per limitare i danni ed evitare conseguenze molto gravi. E in un altro momento, magari con l’aiuto di uno psicologo, per sanare il problema>>.
<<Gli amici, se si accorgono che un maschio potrebbe avere comportamenti violenti, possono parlargli. Ma bisogna mettersi nei suoi panni, capire cosa prova, sentire ( empaticamente ) cosa prova. Dimostrargli di avere provato qualcosa di simile. In questo modo si è più efficaci perché più credibili>>.
Le Relazioni e l’Amore
<< In amore e nelle relazioni devono esserci sincerità, onestà, fedeltà, fiducia. Ma perché tutto questo si realizzi occorre tempo per conoscersi, per fare cose insieme, per affrontare insieme problemi e difficoltà>>.
<<Amore è libertà>>.
<< Amore è accettare la libertà dell’altra persona>>.
<<Le relazioni tra uomo e donna sono come una partita, come una sfida. Noi uomini siamo competitivi, votati all’agonismo, dobbiamo primeggiare. Non accettiamo di perdere e, quindi, quando finisce una storia può capitare che in noi prevalgono sentimenti di rivalsa, di rivincita, fino, in certi casi, di vendetta>>.
<<Le relazioni fra uomo e donna sono come un videogioco di guerra>>.
<<Le relazioni fra uomo e donna sono come quelle fra un cane e il suo padrone>>.
<< A volte le coppie fingono di essere felici e invece nel rapporto c’è violenza>>.
Immagini – Installazioni (costruite utilizzando burattini, gomitoli, alcune maschere, una rosa e altri piccoli oggetti)
Del Lucchetto. “un lucchetto significa fedeltà”. “Ma se butti la chiave, per aprirlo, il lucchetto lo devi rompere”. “ O avere un passpartout”.
“Lui sopra, domina e umilia. Lei, sotto, a terra, spossata. Alcune maschere la guardano, gli altri la guardano e allora anche lei indossa la maschera e si finge felice”.
“Lui a terra, sopraffatto perché è stato abbandonato. Un filo rosso reciso lo collegava a lei. Lei è felice con gli altri e lui non riesce a tollerarlo”.
“Una rosa in alto a simboleggiare Amore. Lui e Lei vicini. Lei con un gomitolo rosso che lo collega a Lui avvolgendolo. Lui con un gomitolo blu che lo collega a Lei avvolgendola. Gomitolo blu di fianco a Lei. Gomitolo rosso di fianco a Lui, a simboleggiare che l’amore è sostenersi a vicende. Ma certe volte i legami diventano legacci che stringono e soffocano, per questo ci sono alcuni confini da non oltrepassare: rispetto, conoscenza, fiducia, tempo”.
Che fare? Chi può fare?
“I media dovrebbero proporre modelli positivi di coppie che affrontano bene una relazione o la fine di una relazione. Mostrare solo cose negative rischia di accendere un meccanismo di emulazione dei comportamenti sbagliati e violenti”.
“La famiglia, la scuola, l’educazione dovrebbero per prime promuovere, elaborare, fornire, nuovi modelli di genere e di relazioni tra generi. Ma alle belle parole devono seguire i fatti, è necessario educare con l’esempio. Alle parole devono seguire i comportamenti. Tra parole e comportamenti ci deve essere coerenza”.
“Applicare pene severissime, l’ergastolo a esempio, e avere la certezza che la persona sconti la propria condanna, questo servirebbe”.
Dopo avere rielaborato e mostrato in forma teatrale riflessioni e immagini abbiamo lavorato sul cambiamento. Se, infatti, quella rappresentata è la realtà, o quanto meno una parte di essa, cosa possiamo fare per modificare i meccanismi che producono comportamenti violenti? Cosa per tutelare, sostenere e accogliere le donne che subiscono atti discriminatori e violenti?
Il teatro non è la realtà, rappresenta la realtà. Ma può permettere di mettere in scena e provare i possibili passi per trasformare la realtà.
Cosa concretamente potremmo fare per cambiare, per contrastare tutte le forme di violenza?
Emerge la Dea che dalla foresta torna a noi per ricordarci di recuperare la tenerezza, di risparmiare la terra, di cambiare ritmo, di rinunciare almeno un po’ alle connessione virtuali per riconnetterci con il pulsare profondo della vita, il battito della terra.
E quindi Dal desiderio alla legge (**): “Se noi fossimo un Parlamento”
- <<Applicheremmo le leggi che esistono e manifesteremmo, per sottolineare pubblicamente, quando queste leggi non vengono rispettate, soprattutto quando si tratta di parità ed uguaglianza tra donne e uomini sul luogo di lavoro.
Basta silenzio. Basta indifferenza. Non dobbiamo tacere>>.
- <<Tuteleremmo, di più e meglio, le donne che denunciano gli uomini violenti, o discriminazioni. Chi ha il coraggio di denunciare deve trovare qualcuno capace di ascoltare, capire, proteggere>>.
- <<Istituiremmo, per legge, degli spazi su tv, giornali, pubblicità con messaggi chiari per creare maggiore sensibilità al problema>>.
- <<Organizzeremmo, per legge, incontri pubblici con persone che hanno subito violenze perché è attraverso le testimonianze che si crea coscienza; quella coscienza che ti fa scoprire cosa succeda ad una donna che subisce atti violenti. Quali conseguenze ci siano nella sua vita futura. Creare coscienza collettiva è anche mettersi nei panni degli altri; è anche rendersi conto che le nostre azioni possono avere conseguenti ed effetti su altre persone>>.
- <<Faremmo in modo di dare più forza e più risorse ai centri che accolgono le donne che fuggono dalla violenza perché è inaccettabile pensare che potrebbero chiudere per mancanza di soldi>>.
- <<Vorremmo pene più severe per gli autori degli stupri. Ma questo non basta. È importante incontrare gli uomini violenti per capire cosa li spinga ad agire violenza. Perché le pene per gli autori di questi reati devono essere dure e certe ma inasprire le pene non risolve il problema alla radice. Per questo dovremmo educarci ed educare alla legalità perché anche questo crea coscienza>>.
- <<Aboliremmo certi modelli culturali istituendo un garante che controlli dalla tv alla pubblicità a tutti i media i modelli che ci vengono proposti. Un garante come un filtro. Perché è anche dagli esempi sbagliati, dai falsi modelli che scaturiscono, poi, i comportamenti e gli atti violenti>>.
- <<Faremmo una legge che offra ai ragazzi e alle ragazze, fin da piccoli, percorsi pedagogici dove, con il gioco, imparare a conoscere, riconoscere, gestire emozioni, sentimenti e conflitti; percorsi dove con il gioco si possa provare a mettersi nei panni di un’altra persona e scoprire quali sentimenti prova>>.
- <<Ci ricorderemmo del dialogo, perché siamo esseri che diventano umani grazie all’incontro con gli altri; grazie alle relazioni. Siamo esseri umani, esseri dotati di parola>>.
Ancora musica. Un saltarello per danzare e salutarci danzando e un canto per riannodare i fili, per restare al centro del nostro cuore. Un canto per sentire il battito della terra, prima madre, prima Dea. Un canto per tessere tanti piccoli ma robusti legami mentre la vita scorre.
<<Oltre la Foresta è il mare e nel mare le isole.
Nelle isole vivono donne. Donne che conoscono misteri. Sacerdotesse che con i loro Canti sanno scatenare tempeste o placare i venti.
Sacerdotesse che con i loro canti sanno ammaliare, indurre l’oblio, svelare la rotta o rivelare passaggi. Respingono gli uomini o li attirano. Li puniscono o li risanano. Il loro simbolo è la Luna.
Bianca Dea delle acque e degli umori, combinatrice dei casi e delle sorti, mutevoli, fluttuanti, come il mare, come la notte, come la Foresta>>.
Da “Dentro Tanti Piccoli Mentre” ovvero A Proposito Della Dea
(*) Giolli nasce nel 1992 come associazione in cui confluiscono le esperienze di attori, psicologi, pedagogisti intenzionati a diffondere la pratica teatrale fuori dai teatri, utilizzando prevalentemente il metodo elaborato dal regista brasiliano Augusto Boal e noto con il nome di Teatro dell’Oppresso (Tdo) e la pedagogia coscientizzante di Paulo Freire, anche lui brasiliano, incentrata sull’arte maieutica e nota come pedagogia della liberazione. Giolli lavora costantemente da allora proponendo spettacoli, laboratori, corsi di formazione in contesti non consacrati tradizionalmente al teatro: Centri di igiene mentale, carceri, comunità terapeutiche, scuole (dalle elementari all’Università) promuovendo una cultura del benessere sociale e della partecipazione dei cittadini alla vita della comunità. In particolare gli strumenti usati sono il Teatro Forum, spettacolo aperto alla partecipazione attiva del pubblico sulla scena e finalizzato alla ricerca di soluzioni ai conflitti e alle oppressioni sociali; “il poliziotto dentro la testa”, rivolto a riconoscere e rompere le oppressioni psicologiche; il Teatro Giornale, attuale ambito di ricerca, che focalizza la propria azione sulle connessioni fra cultura, informazione e cittadinanza attiva.
Per altre informazioni: stage@giollicoop.it e/o www.giollicoop.it.
(**) “Dal desiderio alla legge” ovvero “manuale del teatro di cittadinanza” è un libro di Augusto Boal pubblicato da La meridiana.
LE IMMAGINI che illustrano questo dossier sono due baci assai famosi (di Klimt e di Warhol) più tre dipinti di Jacek Erka che – come ben sa chi passa spesso da codesta “bottega” – è molto amato dalla nostra piccola red-azione vision-aria.
grazie a Vanja e Max