Fra i ghiacci cometari

di Albino Carbognani (*)

Per la prima volta nella storia delle osservazioni spaziali il 12 novembre un lander costruito dagli umani “sbarcherà” su una cometa. Qui sotto trovate le notizie essenziali per capire l’evento di mercoledì. Nei cieli dunque, con il nome augurale di Rosetta… a ricordare un certa stele che ci permise di capire un linguaggio “perduto”. Mi piacerebbe sapere se in questo blog a molte persone batte forte il cuore come accade a me. (db)

 

Probabilmente non avete mai sentito la frase dell’astronomo e scopritore di comete David Levy: «Le comete sono come i gatti: hanno la coda e fanno esattamente quello che vogliono». Per quanto apparentemente assurdo questo paragone non è poi tanto lontano dal vero.

In effetti la precisione temporale con cui possono essere previsti i fenomeni celesti è quasi leggendaria. Possiamo sapere con anni di anticipo quando si verificherà la prossima eclisse di Sole con la precisione del decimo di secondo; o quando ci sarà il prossimo passaggio ravvicinato dell’asteroide Apophis con la Terra o dove si troverà nello spazio il remoto pianeta Nettuno fra qualche secolo. Tuttavia non sempre l’andamento dei fenomeni celesti è prevedibile con questa precisione e le comete ne sono un esempio.

Le comete – il cui nome deriva dal greco “kométes” che significa “chiomato” – erano già note agli antichi astronomi perché possono essere ben visibili a occhio nudo. Le loro apparizioni in cielo risultano dai testi storici di tutte le maggiori civiltà del passato e le più antiche informazioni disponibili risalgono al 1000 avanti Cristo, in testi scritti dagli antichi Cinesi e dai Caldei. In generale, per gli astronomi dell’antichità le comete rappresentavano un vero e proprio enigma: apparivano e scomparivano improvvisamente, non si muovevano come le altre “stelle erranti” (cioè i pianeti) lungo la fascia delle costellazioni zodiacali dove cade il piano dell’eclittica (il piano dell’orbita terrestre) ed erano per lo più seguite da una coda luminosa e di dimensioni variabili. Secondo il grande Aristotele (384-322 a. C.) le comete erano fenomeni meteorologici terrestri, spiegazione errata che avrebbe dominato nel mondo greco-romano, arabo e europeo per circa 2000 anni. Solo con le osservazioni dell’infaticabile Tycho Brahe sulla cometa del 1577 fu dimostrato che questi corpi si trovavano oltre l’orbita della Luna e che quindi dovevano essere considerati corpi celesti! Dopo la formulazione della Teoria della Gravitazione Universale da parte di Isaac Newton (1687) finalmente nel 1705 Edmund Halley ne scopre la periodicità prevedendo per la prima volta il ritorno in prossimità del Sole di quella che oggi è universalmente nota come “la cometa di Halley” (1P/Halley per gli astronomi).

Oggi sappiamo che i nuclei cometari, per lo più in orbita molto ellittica attorno al Sole, hanno dimensioni comprese fra 1 e 10 km, con una densità media dell’ordine di 0,5-1,0 g/cm3, paragonabile o addirittura inferiore a quella dell’acqua. In effetti i nuclei sono fatti di ghiaccio (per lo più d’acqua) frammisto a particelle solide. Se pensiamo che Mercurio, il più piccolo pianeta del Sistema Solare, ha un diametro di circa 4900 km ci si rende conto di come le comete siano corpi insignificanti rispetto ai pianeti. Tuttavia quando il nucleo, percorrendo la propria orbita eliocentrica, si trova a meno di 3 UA (1 Unità Astronomica = 150 milioni di km) dal Sole, distanza nota come «Linea della Neve», i ghiacci sublimano cioè si ha il passaggio diretto dallo stato solido allo stato gassoso. In questo modo si produce un’estesa atmosfera (o coma) di gas e polveri attorno al nucleo stesso, con dimensioni tipiche che vanno da 100.000 a 1.000.000 km. Di solito il nucleo stesso non è visibile con osservazioni da terra, perché è nascosto alla vista dall’intensa emissione di gas e polveri. Avvicinandosi ancora di più al Sole l’interazione dalla coma con la radiazione e il vento solare forma, in direzione approssimativamente opposta al Sole, la coda di polveri e quella di ioni (o plasma) della cometa, con lunghezze dell’ordine rispettivamente di 10 e 100 milioni di km. Come si vede, nuclei ghiacciati di dimensioni modeste possono creare le strutture più grandi osservabili nel Sistema Solare, anche se molto più rarefatte dell’atmosfera che respiriamo. Continuando a passare in prossimità del Sole una cometa perde progressivamente tutto il ghiaccio contenuto nel nucleo e, a un certo punto, smette di essere tale e diventa un oggetto inerte. L’attività di un nucleo cometario non è prevedibile, così ci sono comete che emettono improvvisamente gas e polveri anche se sono ben oltre la Linea della Neve (come la 29P/Schwassmann-Wachmann): comete i cui nuclei si frammentano a causa della bassa forza di coesione interna e comete che deviano notevolmente dall’orbita tracciata in base alla ferrea legge di gravità per effetto dei getti di gas che escono dal nucleo e che provocano un “effetto razzo”.

Comet_Halley_ESA_14marzo1986

La storica immagine del nucleo della cometa di Halley ripreso dalla sonda “Giotto” dell’ESA il 13 marzo 1986. Nella parte esposta al Sole sono visibili 3 intensi getti di gas e polveri in uscita dal nucleo di aspetto allungato e irregolare avente dimensioni di 15,3×7,2×7,2 km. Al centro del nucleo è visibile una chiazza biancastra allungata, si tratta di una collina alta 500 m illuminata dal Sole (Max Planck Institut fuer Astronomie/ESA).

Le comete sono all’origine del fenomeno delle meteore, quelle rapide scie di luce visibili nei nostri cieli che si dissolvono in capo a pochi istanti. Infatti i granelli solidi più grandi emessi dal nucleo, con dimensioni fino a qualche centimetro, restano in prossimità di quest’ultimo e ne condividono l’orbita. Quando questi granelli, che prendono il nome di meteoroidi, intercettano la Terra che si muove attorno al Sole rientrano in atmosfera a velocità di decine di km/s e si dissolvono lasciando una scia luminosa di gas ionizzato in cielo che si estingue quasi subito: la meteora. In generale, il fenomeno delle meteore di origine cometaria (spesso chiamate in modo erroneo “stelle cadenti”) si esaurisce ad altezze di diverse decine di km dal suolo. L’atmosfera terrestre ci fa quindi da “scudo” contro questi granelli di polvere iperveloci che, se arrivassero direttamente al suolo, potrebbero essere molto pericolosi per la vita biologica. Che esista una associazione fra meteore e comete è dimostrato dal fatto che le orbite eliocentriche seguite dai meteoroidi che originano gli sciami delle meteore sono molto simili a quelle di alcune delle comete conosciute. Questo fatto fu dimostrato per la prima volta dall’astronomo italiano Giovanni Virginio Schiaparelli, molto noto per i suoi studi sul pianeta Marte, nel 1861.

Sino a pochi anni fa nel Sistema Solare erano solo due le “riserve” di comete conosciute: la Fascia di Kuiper, appena oltre l’orbita di Nettuno fra le 30 e le 55 Ua (Ua sta per Unità astronomica) dal Sole e la Nube di Oort, ai confini estremi del Sistema Solare, fra le 50.00 e le 100.000 Ua dal Sole. Nella Nube di Oort si stima una popolazione di circa 100 miliardi di nuclei cometari, anche se nessuno è mai stato osservato direttamente: sono troppo piccoli e lontani per essere visibili anche usando i maggiori telescopi al mondo. Ma le comete sono imprevedibili e si possono trovare in zone dove prima non se ne sospettava l’esistenza: una classe di corpi scoperta molto di recente sono le comete della Fascia Principale degli asteroidi, la regione di spazio compresa fra le orbite di Marte e Giove fra le 2,1 e le 3,6 Ua dal Sole. Questi oggetti presentano le caratteristiche orbitali tipiche di un asteroide ma mostrano anche le caratteristiche morfologiche di una cometa, cioè la chioma e la coda!

Hale_Bopp_19970331

La chioma della cometa Hale-Bopp disegnata così come appariva attraverso un telescopio da 300 mm di diametro a 75× il 31 marzo 1997 alle 18:35 UT. Notevole la struttura dei getti di polvere a spirale che si dipartono dal nucleo in rotazione attorno al proprio asse con un periodo di circa 12 h (A. Carbognani).

La maggior parte delle comete sono visibili solo se osservate con il telescopio tuttavia una frazione arriva a superare la soglia della visibilità a occhio nudo e, in questi rari casi, è possibile osservarle senza l’aiuto di strumenti ottici o con l’aiuto di un semplice binocolo. Negli ultimi 20 anni ci sono state diverse comete notevoli che, in un modo o nell’altro, sono state un evento unico nell’astronomia del Sistema Solare. Famosissima è stata la Shoemaker-Levy 9 (SL9), la cometa “filo di perle”, scoperta nel marzo 1993 dall’Osservatorio di Monte Palomar e formata da ben 21 nuclei distinti in fila l’uno dietro l’altro. Il nucleo di questa cometa è stato disintegrato dalla forza di gravità di Giove nel luglio 1992 e nel luglio 1994 tutti i nuclei sono ricaduti nell’atmosfera del gigante gassoso. La SL9 è passata alla storia non per essere una cometa molto luminosa a occhio nudo (in effetti fu osservabile solo al telescopio) ma per essere la prima di cui fu prevista e osservata la caduta su un pianeta.

La Hale-Bopp, scoperta nel luglio 1995, è stata la cometa più osservata del XX secolo e una delle più luminose mai viste. Ha ricevuto molta attenzione sia dai media sia dal grande pubblico; sicuramente maggiore della tanto attesa ma evanescente cometa di Halley, passata al perielio nel 1986. La scoperta della Hale-Bopp ebbe un’immediata risonanza sui giornali e in Tv, con servizi sensazionalistici anche incentrati sulla possibilità di una collisione (ovviamente inesistente) fra la Terra e la cometa: evidentemente i giornalisti erano memori dell’evento SL9. Peraltro le prime stime di diametro parlavano di 1500 km, un valore sovrastimato a causa dell’attività anomala del nucleo, che fece titolare «Appare una cometa da incubo» su quotidiani italiani a tiratura nazionale! Il passaggio al perielio della Hale-Bopp ha avuto un forte impatto emotivo, al punto tale da scatenare le più sfrenate fantasie della mente umana. Il 26 marzo 1997 in una villa vicino a San Diego in California furono ritrovati dalla polizia 39 cadaveri di uomini e donne. Sì è trattato di un suicidio di massa della setta “Heaven Gate”. Gli adepti erano convinti che la cometa Hale-Bopp fosse preceduta da astronavi aliene che avrebbero accolto a bordo i loro spiriti (per questo era necessario morire…) dopodiché la cometa si sarebbe schiantata sulla Terra devastandola. Naturalmente niente di tutto questo è successo. A queste tragedie può portare l’ignoranza in campo astronomico.

Il 2014 passerà alla storia come un anno di svolta nello studio delle comete. Infatti la missione Rosetta dell’Esa (l’agenzia spaziale europea) sta per mettere in atto la prima discesa di un lander su un nucleo cometario, quello della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko.

Per capire da dove nasce questa missione dobbiamo fare un salto indietro nel tempo. Per prima cosa la cometa 67P è stata scoperta dall’astronomo Klim Churyumov grazie all’analisi di una fotografia scattata l’11 settembre 1969 presso l’Istituto di Astrofisica di Alma-Ata (Kazakistan) da Svetlana Gerasimenko, mentre stava studiando la cometa 32P/Comas Solá. Dai calcoli risultò che la 67P si muove su un’orbita eccentrica fra le 1,2 e le 5,7 Ua dal Sole con un’inclinazione di soli 7° sull’eclittica. Nel 1986 invece, con il pieno successo della missione Giotto dell’ESA diretta verso il nucleo della cometa di Halley, sia l’Esa che la Nasa iniziarono lo sviluppo cooperativo di nuove sonde da destinare all’esplorazione cometaria. La Nasa sviluppò la missione Comet Rendezvous Asteroid Flyby (Craf) cancellata nel 1992 per mancanza di fondi, mentre l’Esa mise in cantiere la Comet Nucleus Sample Return (Cnsr) che però si rivelò troppo costosa. Nel 1993 la missione Cnsr venne ridimensionata rendendola simile alla Craf della Nasa ma aggiungendo un lander, cioè un dispositivo in grado di atterrare su un nucleo cometario. Ed è qui che nasce la missione Rosetta, il cui nome deriva dalla famosa “stele di Rosetta”, che permise a Champollion nel 1822 la decifrazione della scrittura geroglifica degli antichi egizi. Il lancio della missione era inizialmente previsto per il 12 gennaio 2003 verso la cometa 46P/Wirtanen da raggiungere nel 2011. Purtroppo però il vettore Ariane 5 che doveva lanciare Rosetta fallì un lancio l’11 dicembre 2002 con la perdita di 2 satelliti per le telecomunicazioni del valore di ben 630 milioni di euro! Questo disastro comportò una revisione del vettore e un ritardo nel lancio di Rosetta con la perdita della possibilità di raggiungere la cometa Wirtanen. Il lancio effettivo di Rosetta ci fu il 2 marzo 2004 ma verso la cometa 67P da raggiungere nel 2014. Questo lungo periodo fra il lancio è l’arrivo si è reso necessario per colmare il gap di velocità di circa 9 km/s fra la sonda e la cometa. Il lander di cui è dotata la sonda Rosetta si chiama Philae. Il nome deriva dall’obelisco di Philae, uno dei due obelischi trovati a Philae in Egitto nel 1815 e che fu utile a Champollion nel suo lavoro di decifrazione dei geroglifici egiziani e in particolare proprio sullo studio della stele di Rosetta.

Rosetta_OSIRIS_NAC_comet_67P_20140803_1

Il nucleo lobato della cometa 67P ripresa da Rosetta il 3 agosto 2014 dalla camera Osiris. La dimensione è di circa 5×4 km e il periodo di rotazione è di 12,404 ore (Esa/Rosetta/Mps for OSIRIS Team Mps/Upd/Lam/Iaa/Sso/Inta/Upm/Dasp/Ida).

La missione Rosetta ha raggiunto il nucleo della 67P, il 6 agosto 2014. Dalle immagini trasmesse alla Terra è risultato subito evidente che il nucleo della cometa è doppio, con due lobi a contatto fra di loro. Probabilmente il nucleo della 67P si è formato dalla collisione a bassa velocità di due nuclei cometari distinti, circa 4,5 miliardi di anni fa quando erano numerosissimi i nuclei che popolavano la Fascia di Kuiper primordiale. Il 10 settembre Rosetta è entrata in orbita stabile attorno al nucleo e ha iniziato a riprendere diversi siti candidati per l’atterraggio di Philae. Alla fine è stato scelto il sito identificato con la lettera J. Il sito J è un luogo relativamente pianeggiante, privo di massi e collocato sul più piccolo dei due lobi che formano il nucleo della cometa. Questo sito è sempre illuminato dal Sole, quindi ci sarà abbondanza di luce solare per alimentare i pannelli solari del lander, e ha una buona visibilità per quanto riguarda le comunicazioni con Rosetta che ovviamente resterà in orbita e trasmetterà i dati alla Terra. L’atterraggio è imminente, previsto per il 12 novembre 2014. Per la discesa di Philae sul nucleo cometario saranno necessarie 7 ore alla velocità di circa 1 m/s per percorrere i 22 km di distanza fra Rosetta e la superficie. A causa del cambio di target, fatto quando Rosetta era già pronta al lancio, Philae – che ha una massa di 100 kg – si troverà a operare in un campo gravitazionale 50 volte più intenso di quello per cui era stato originariamente progettato. Dopo l’atterraggio la missione proseguirà fino al dicembre 2015, accompagnando la cometa verso il perielio. Si potrà osservare in diretta lo sviluppo dei getti di gas e polveri dai siti attivi sul nucleo e le analisi di Philae sul materiale della cometa daranno uno spaccato senza precedenti sulla composizione e struttura di questi antichi testimoni della genesi del Sistema Solare, fra i più antichi che si possano trovare ancora intatti.

Philae_s_primary_landing_site_mosaic

Primo piano della regione che contiene J cioè il sito di atterraggio principale di Philae. Il mosaico è composto da due immagini riprese dalla fotocamera Osiris di Rosetta il 14 settembre 2014 da una distanza di circa 30 km. La scala dell’immagine è di circa 0,5 m / pixel (ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA).

In attesa dei risultati di Rosetta-Philae, chi volesse approfondire lo studio della fisica delle comete e capire come si possono osservare e fotografare può leggere il mio libro «Un cielo pieno di comete», pubblicato dal Gruppo B editore nell’agosto 2014: http://www.astronomianews.it/index.php?p=dettaglio_prodotto&id=65

(*) Albino Carbognani è Ph.D. all’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma della Valle d’Aosta

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

  • NEI CIELI… ANCHE QIN UELLI DI BRERA: posto questo comunicato sperando che iniziative simili siano numerose… e occhio ai link indicati

    mercoledì prossimo, 12 novembre, è previsto l’atterraggio della missione Rosetta
    sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko.
    Ecco il programma della giornata:
    • 12 novembre – Collegamento in streaming – ore 16-17:30
    presso la Sala dellla Passione della Pinacoteca di Brera
    Palazzo Brera, Via Brera 28 , Milano

    Collegamento in streaming dal sito dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea)
    per seguire in diretta l’atterraggio del robot Philae sulla cometa
    accompagnati dal commento degli astronomi Stefano Covino e Mario Carpino
    dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Brera.
    L’atterraggio è previsto per le 17 ± 15 minuti.
    Si tratta un evento unico nella storia dell’astronomia e dell’esplorazione
    spaziale: è la prima volta che una sonda atterra sulla superficie di una
    cometa. Dall’analisi degli strati superficiali e sottosuperficiali,
    possono arrivare indicazioni interessanti sulla storia del Sistema Solare.
    L’Italia ha inoltre dato un grande contributo alla missione,
    sia dal punto di vista tecnico industriale che dal punto di
    vista scientifico.
    INGRESSO LIBERO FINO AD ESAURIMENTO (90 posti)

    link:
    http://www.esa.int/esatv/Television
    http://www.esa.int/rosetta
    http://new.livestream.com/ESA/cometlanding
    http://it.wikipedia.org/wiki/Rosetta_%28sonda_spaziale%29

  • Sì, fratremi, il cuore mi batte forte.

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