Fra Imola e le galassie il passo è breve
intervista a Maico Morellini
Pochi giorni (se non ore) e il romanzo «La terza memoria» di Maico Morellini è sparito dalle edicole di Imola e dintorni. Colpa dell’autore che ha messo Imola al centro del libro ma soprattutto di «Leggi la notizia» – giornale on line – che ne ha dato notizia con il mio articolo che trovate anche qui Oggi è Marte-dì: Imola ergo sum
La curiosità di sapere “perché proprio Imola” al centro della storia era così grande che ho deciso di rintracciare Morellini per chiederglielo. Già che c’ero… c’è scappata una più ampia intervista per «Leggi» e per la “bottega” martediana.
Allora perchè Imola?
«Il primo motivo è prettamente geografico: la Polis Aemilia de “Il Re Nero” – il mio romanzo precedente – doveva essere stretta tra due fuochi. Da un lato Parma, corrotta e in decadenza. Dall’altro Imola e il suo enorme carcere tecnologicamente avanzato.
Il secondo motivo, diretta conseguenza della sua compatibilità geografica con quanto avevo in testa, è legato alla storia di Imola: è sempre stata una città sulla linea del fuoco e che ha subìto rimaneggiamenti di potere interno sin dal medioevo. L’idea che questo “destino” potesse svilupparsi fino a farla diventare una prigione finanziata dai governi asiatici, come se fosse nel Dna della città non poter determinare il proprio destino, mi affascinava. E ne “La Terza Memoria” questo fronte si ribalta: è proprio Imola invece a determinare il destino di tutti. Perciò Imola aveva sia le caratteristiche geografiche che storiche che facevano al caso mio. Spero di aver saziato la tua curiosità».
Macchè, questa risposta non mi convince: troppo geografica. Non voglio fare lo psichiatra da 4 soldi ma c’è dell’altro. Fuori la verità Morellini.
«La geografia, in effetti, è solo la metà del cielo. Imola è una città molto particolare sotto diversi punti di vista. Come ho accennato nella risposta precedente ha una storia interessante, o meglio, ha subìto la Storia. Ribaltamenti di potere, linea di confine, lotte intestine: una città che a causa della sua posizione geografica (ma non solo) si è vista negare tante volte uno sviluppo autonomo finendo sotto la macina di contese che non la riguardavano. Sospesa fra le dita dei potenti, non ha potuto crescere in libertà. Certo, si tratta di una visione forse un po’ romanzata ma alla fine “Il Re Nero” e “La terza memoria” sono romanzi di fantascienza e l’esaltazione di difetti, pregi o trascorsi storici è una delle componenti fondamentali di questa letteratura. Aggiungo che Imola nell’immaginario collettivo extra emiliano-romagnolo è nota per il Gran Premio, cioè qualcosa che esula dalla sua essenza di città, dalla sua storia e dalle sue tradizioni più medioevali. Quale modo migliore per destrutturare quest’altra caratteristica se non estremizzarla in una Città Prigione prima e nel posto che regge le sorti del mondo poi?».
In effetti nell’emilianissimo «Il re nero» c’era Imola con la prigione: e io nella recensione sul mio blog riprendevo una battuta di Stefano Benni: «mandiamolo a Vladivostok o a Imola». Insomma, a parte l’ex manicomio, nel passato di Imola cosa c’è che rimanda ad Alcatraz o Sing-Sing? Ti prego, dimmeeeeeeeelo: io ci abito da 23 anni e ancora non l’ho scoperto.
«La Rocca Sforzesca di Imola è stata anche un prigione e questo era un assist che non potevo ignorare; sempre durante quel famoso Medioevo nel quale la città ha subìto tanto ed è stata costretta a crescere facendo i conti con poteri più grandi del suo. Queste sono esperienze che spersonalizzano, almeno nella mia interpretazione, e allora è necessario trovare qualcosa per ridare lustro, in un modo o nell’altro, a una città. Un carcere enorme, robotizzato e implacabile, nel centro della Pianura Padana: il Gran Premio in confronto impallidisce no?».
Sei emilianissimo, appunto: ti va di articolare il discorso? il tuo non sembra un legame solo “geografico”
«Ci sono diversi aspetti della mia emilianità che influenzano ciò che scrivo. Il primo è un timone che cerco sempre di tenere molto saldo, ed è quello che mi porta a scrivere di ciò che conosco. Proprio da questa necessità di fondo nascono “Il Re Nero” e la mia Polis Aemilia. Il secondo aspetto è un amore viscerale per la mia terra e per le sue mille sfaccettature. L’Emilia è in grado di offrire incredibili spunti per qualunque tipo di narrazione: abbiamo serial killer efferati in un passato nemmeno tanto remoto (Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio), abbiamo location adattissime a qualunque storia horror, abbiamo città misteriose e ricche (Bologna e i suoi sotterranei) e abbiamo centri di potere che con un po’ di fantasia possono offrire molti, moltissimi spunti. Nella mia carriera formativa ho fatto un anno di tirocinio al policlinico di Modena e da quella bella e ricca struttura mi è stato impossibile non trarre spunti che dovevo sviluppare. Quello che mancava nel panorama complessivo era una storia di fantascienza credibile ed ecco perché ho voluto donare, mi si passi il termine, Polis Aemilia alla mia amatissima regione».
Oltre alla fantascienza condivido con te altre passioni, per esempio gli scacchi. Sei solo appassionato, giocatore … o più?
«Appassionato giocatore di scacchi e molto, molto affascinato dalla violenza psicologica intrinseca di questo gioco strategico. Ho tentato qualche torneo, ma anche la più piccola emotività si paga cara al tavolo, perciò resto un giocatore on-line con risultati non particolarmente brillanti».
Dall’Emilia e gli scacchi voliamo nello spazio e verso la morte/energia dei tuoi romanzi «Necronauti». Ho letto il secondo della serie e mi è piaciuto assai. Mi completi il quadro? Nascita, età evolutiva, maturità.
«Il ciclo de “I Necronauti” nasce nel giugno 2014, quando Delos Digital (nella persona di Franco Forte) mi propose di creare una mia ambientazione fantascientifica nella quale sviluppare diversi racconti legati fra loro da un solido filo conduttore. Lì, in quel momento, idee sparse e mai messe a fuoco hanno dato vita alla necro-propulsione e all’impianto di base de “I Necronauti”. La prima stagione, per usare un termine televisivo, la scrivo da giugno a novembre 2014 e viene poi raccolta in un unico volume pubblicato in edicola nel settembre 2015 sotto la collana Ambrosia, edizioni BMS. Quel ‘2’ de “I Necronauti” sta a indicare che si tratta della seconda uscita della collana, gli altri volumi sono di autori differenti, assolutamente slegati tra loro. De “I Necronauti” esiste una seconda stagione composta da cinque racconti e per ora disponibile solo in ebook, sempre edita da Delos Digital (fra l’altro, per tutto maggio c’è una bella promozione su “I Necronauti” in digitale). L’idea della space opera è nata per due motivi principali: il primo dimostrare a me stesso (ma anche agli altri) che la fantascienza italiana può parlare qualunque linguaggio. Dopo un giallo fantascientifico ambientato nella emilianissima Polis Aemilia ho voluto andare nello spazio anche per omaggiare il rinnovato interesse che tutti, finalmente, hanno di nuovo per le stelle. L’ho fatto a modo mio, contaminando con l’horror e il gotico, ma cercando di fornire anche una ricca carrellata di come potrebbe essere il nostro sistema solare del futuro. Mi sono molto divertito a scriverli e dietro c’è stata una bella operazione di ricerca».
Forse mi son perso qualche tuo libro, ma rimedierò. Per esempio era annunciato un fantasy con protagonista Mesmer, giusto?
«Giusto, ricordi bene. Ma quel fantasy è ancora in cantiere. L’idea di base era ed è piuttosto complessa: prima di iniziare una cosa del genere ho deciso di farmi le ossa con qualcosa di più semplice, sempre ad ambientazione storica e sempre fantasy. Ci sto lavorando, non voglio fare previsioni, ma spero di finirlo in tempi ragionevolmente brevi».
Sei uno degli scrittori fanta-italiani più bravi. Non ti schernire che tanto lo dico io. Se hai voglia, fatti un identikit con i segni particolari e le classiche voci “amori e odi in letteratura”, “pregi e difetti”, magari anche “la domanda che nessuno mi ha ancora fatto”.
«Non mi schernisco però ringrazio, e molto. Un identikit? Ci provo. La mia passione per la fantascienza nasce al cinema insieme a “Star Wars” e continua sul grande schermo per poi allargarsi con i fumetti. A undici/dodici anni scopro “Dylan Dog” e questo catalizza l’altra mia grande passione:l’horror. Poi arrivo alla letteratura e il grande amore adolescenziale (mai sopito) è Asimov. Ho letto e amato alla follia il fantasy e, non lo dico per questioni di casacca, negli ultimi anni mi sto davvero godendo la fantascienza italiana. Che è vasta e varia.
Pregi e difetti? Secondo me si condensano entrambi nella stessa cosa: sono molto attento alle recensioni e alle impressioni di chi mi legge. E questo è un pregio ma può anche essere un pericoloso difetto».
Ho finito di leggrlo questa mattina. Ho fatto fatica ma non tanta da non arrivare alla fine. Volevo vedere dove andava. D’accordo sono anche di Imola e questo ha influito ma non più di tanto.
Molta carne sulla graticola. Ma il problema è che non “scorre”.
L’idea di fondo non è male. Vicino e nello stesso tempo diverso da Eymerich ma senza la bella scrittura di Valerio E. e le sue trame che alla fine si ricompongono come un puzzle.
Qui il puzzle si sarà anche ricomposto ma non ho capito ne dove ne come. Io non ho capito.
Sospendo il giudizio ma sicuramente non mi ritrovo in una Imola come carcere. Mi sarebbe piaciuto che ne avesse parlato e ambientato come un un’enorme manicomio pieno della conoscenza. Una cosuccia alla Borges, la bibilioteca di Babele. Qui, da imolese autoctono e non alloctono come DB, mi sarei riconosciuto.
A proposito di puzzle, sto divorando FUN e il seguito MORE FUN di Paolo Bacilieri. Un fumetto che non può mancare in nessuna biblioteca. Anche in quelle di chi non ama il fumetto, sopratutto.