articoli di Gideon Levy, Infopal e Nati Yefet
Distruggiamo persino i loro pozzi per l’acqua
di Gideon Levy (*)
La betoniera ha vomitato un impasto grigiastro, che mormorava mentre scorreva rapidamente nei pozzi per l’acqua, intasandoli. Tutt’intorno c’erano i soldati che facevano da guardia, gli impiegati dell’Amministrazione Civile che hanno ideato questo piano malvagio, gli operai che lo hanno portato a termine e i contadini locali che vedevano il loro supporto essenziale spegnersi per sempre.
I soldati hanno cercato di disperderli, come si fa con i cani randagi. Il cemento continuava a colare e alla fine gli uomini dell’Amministrazione Civile hanno verificato che tutto era stato obliterato. Presto tutti e tre i pozzi sono stati sigillati.
È successo mercoledì scorso, a sud di Hebron, vicino al campo profughi di Fawwar, ed è stata un’opera del demonio, una delle azioni più diaboliche dell’occupazione (e qui la competizione è feroce).
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“Ai pozzi d’acqua, ai pozzi d’acqua / alla sorgente che sgorga nella montagna / lì il mio amore troverà ancora / acqua di sorgente / acqua di falda / e acqua di fiume”, scriveva Naomi Shemer nel 1982, in “El borot hamayim”.
Quanto è bello cantare dei pozzi nei cori popolari, e quanto è sionista questa canzone, come tutte le canzoni di Shemer.
In questi pozzi non c’era acqua di fiume; l’amore di Shemer per la Terra d’Israele vi avrebbe trovato solo acqua di sorgente e di falda, ma ora non scorreranno mai più.
L’odio anti-arabo, l’apartheid, la brutalità e la malvagità coprono ora le sorgenti e le falde acquifere e il falso amore per la Terra d’Israele. Coloro che tappano i pozzi dei contadini sono motivati dal male puro, e chiunque soffochi l’acqua delle sorgenti odia la terra.
Il male dell’apartheid ha molte facce; questo intasamento di pozzi, anche se non è stato versato sangue e non sono state arrestate persone, è una delle facce più brutte. Nessuna bugia e nessun pretesto di sicurezza può nascondere i pozzi coperti di cemento, né può farlo la scusa della legge e dell’ordine, è solo il male puro. Anche se non è il più orribile dei crimini commessi ogni giorno nei territori, è uno dei più brutti: sigillare i pozzi d’acqua.
Gli uomini dell’Amministrazione Civile hanno sicuramente una serie di ragioni legali e burocratiche per affermare che questi pozzi, in cui scorrevano acque sotterranee vitali ai margini del deserto delle South Hebron Hills, sono proibiti, illegali, criminali, pericolosi e minacciosi.
Ma nulla, assolutamente nulla, può giustificare un atto così vile e spregevole. Appezzamenti di terreno su cui per anni sono stati coltivati ortaggi meravigliosi, cavoli, cavolfiori e lattuga, pomodori e cetrioli, un piccolo orto contro la stretta e lo squallore del campo profughi di Fawwar e contro l’aridità della montagna, ora grideranno per avere la loro acqua.
È improbabile che i contadini possano permettersi di trasportare l’acqua da lontano.
È più probabile che questi campi appassiscano e muoiano, insieme all’unica fonte di sostentamento per coloro che non hanno altre opzioni.
Il giorno dopo, quando il video che lo documentava è diventato virale, il comandante dell’esercito di occupazione, il Magg. Gen. Ghasan Alyan, che si fregia del titolo di “coordinatore delle attività governative nei Territori”, si è affrettato a emanare una direttiva in cui si specificava che tutte le attività che prendono di mira le infrastrutture idriche nei mesi estivi sarebbero state riviste dal capo dell’Amministrazione Civile. Riviste, non terminate del tutto; solo in estate, non in tutte le stagioni.
La distruzione di pozzi e serbatoi d’acqua è una pietra miliare delle attività di demolizione dell’Amministrazione Civile. Quando si vuole ripulire un’area ed espellere le persone che ci abitano, bisogna prima privarle dell’acqua.
Questo è il loro modus operandi. Uno Stato che ha avvelenato dagli aerei i campi della Striscia di Gaza e del Negev non esita, ovviamente, a negare l’acqua ai pastori e alle loro greggi. Ho visto vari pozzi che l’Amministrazione Civile ha distrutto nel corso degli anni, e anche alcuni che sono stati avvelenati dai coloni gettandovi dentro carcasse di animali. Di certo queste azioni non si fermeranno adesso.
C’è solo un’altra cosa che devo chiedere: cosa hanno detto alle loro famiglie i soldati e i dipendenti dell’Amministrazione Civile riguardo al loro lavoro di quel giorno?
Hanno detto ai loro figli o ai loro genitori che hanno distrutto i pozzi d’acqua dei contadini che volevano vivere sulla loro terra?
Che questo è il loro lavoro e che qualcuno deve pur farlo?
Possiamo solo sperare che questo giorno li perseguiti per il resto della loro vita.
(*) Originale da Haaretz, 30 luglio 2023. Traduzione in italiano tratta da Assopace Palestina.
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Le forze israeliane uccidono un ragazzo palestinese di 14 anni vicino a Hebron
Al-Khalil- Hebron. Un minorenne palestinese, Mohammed al-Za’arir, 14 anni, è stato ucciso martedì sera dalle forze di occupazione israeliane (IOF) vicino alla cittadina di al-Sumo’, ad al-Khalil/Hebron, nel sud della Cisgiordania.
Il ministero della Salute ha riferito di essere stato informato dall’Autorità per gli Affari Civili della morte di Mohammad.
Fonti dei media israeliani hanno affermato che il ragazzo ha tentato di compiere un attacco con il coltello nei pressi dell’insediamento di Eshtmou, senza causare alcun ferito.
Fonti palestinesi hanno affermato che le IOF hanno impedito alle ambulanze di avvicinarsi al ragazzo prima di portarne via il corpo.
Secondo fonti locali, Za’arir aveva appena terminato con successo la prima media ed era uno dei migliori studenti della sua classe.
Tratto da Infopal. Fonti: PIC e Wafa.
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Un tribunale israeliano ordina lo sgombero di un villaggio beduino per costruire un nuovo quartiere a maggioranza ebraica
di Nati Yefet (*)
Il giudice ha respinto l’accusa di segregazione razziale sostenendo che chiunque avrà il diritto di acquistare una proprietà nel nuovo quartiere, ma questo non è applicabile a una comunità impoverita i cui membri vorrebbero vivere insieme.
Un tribunale israeliano ha ordinato l’evacuazione di circa 550 residenti di un villaggio beduino non riconosciuto nel sud di Israele, per costruire un nuovo quartiere della città di Dimona.
All’inizio di questa settimana, il tribunale di Be’er Sheva ha accolto le richieste dell’Israel Land Authority, imponendo ai residenti del villaggio beduino non riconosciuto di Ras Jrabah di evacuare entro marzo 2024.
Basando la sua sentenza su foto aeree e altre prove, il giudice Menachem Shahak ha respinto le affermazioni degli abitanti del villaggio, che sostengono di aver vissuto nell’area fin dai tempi del Mandato Britannico in Palestina. Shahak ha affermato che le prove presentate in tribunale dimostrano che l’area è stata abitata per la prima volta solo negli anni Settanta.
Ha inoltre ordinato agli abitanti del villaggio di pagare 117.000 shekel di spese legali. I loro avvocati, tutti del centro legale Adalah per i Diritti delle Minoranze Arabe in Israele, hanno dichiarato che faranno appello al tribunale distrettuale.
L’Israel Land Authority (ILA) ha tentato per la prima volta di evacuare il villaggio 30 anni fa. L’attuale causa è stata intentata nuovamente dall’ILA poiché la municipalità di Dimona ha espresso l’intenzione di costruire dove ora sorge il villaggio un nuovo quartiere, che dovrebbe contenere circa 11.000 unità abitative su 1000 ettari di terreno, con metà dell’area destinata a essere edificata.
Gli abitanti del villaggio hanno chiesto di essere integrati nel nuovo quartiere in un complesso rurale e adattato al loro stile di vita. Il giudice ha respinto la richiesta sostenendo di non poter intervenire perché solo l’Autorità Beduina è autorizzata a offrire loro soluzioni di questo tipo.
Il giudice ha anche respinto le accuse di segregazione razziale da parte dei residenti, affermando che ciascuno degli sfollati ha il diritto di acquistare terreni e unità abitative nel nuovo quartiere. Tuttavia, una simile prospettiva è irrilevante per una comunità i cui membri non hanno la possibilità economica di acquistare immobili e vorrebbero vivere insieme.
L’Autorità per gli Insediamenti Beduini ha offerto agli abitanti del villaggio un risarcimento per il loro sfratto con lotti di 500 metri quadrati nel territorio di Qasr al-Sir, ma questo è stato rifiutato perché queste terre sono coinvolte in una disputa sulla proprietà.
L’Autorità ha anche proposto di trasferirli nella città di Arara, nel Negev, ma anche questo è stato rifiutato perché potrebbe danneggiare il tessuto sociale del villaggio.
“Se ci spostano in un luogo a cui non siamo abituati avremo problemi fin dall’inizio”, ha dichiarato l’anno scorso ad Haaretz Ibrahim Al Hawashleh, un residente di Ras Jrabah. “Molti beduini che si sono trasferiti in altre città beduine hanno avuto un peggioramento nella criminalità”.
“Qui non c’è criminalità, violenza o droga”, ha aggiunto Ibrahim. “Non permetteremo che cambino le nostre vite e la nostra cultura. Resteremo ad allevare animali e a guadagnarci da vivere con gli animali. È così che siamo stati cresciuti. Siamo beduini e figli di beduini”.
Anche Freij Al Hawashleh, uno degli anziani di Ras Jrabah, ha dichiarato ad Haaretz l’anno scorso: “Per tutta la vita abbiamo aiutato le persone di Dimona con cui abbiamo avuto un buon rapporto. Abbiamo fornito loro l’acqua del pozzo, il latte di capra, hanno comprato zucchero e tè da noi e hanno ricevuto qualsiasi aiuto volessero. Cosa è successo ora che vogliono ospitare altre persone al nostro posto?”.
“Vogliono prendere la nostra terra e umiliarci e si aspettano che stiamo in silenzio, ma noi resteremo qui e moriremo qui“, ha aggiunto.
Il Centro Adalah ha dichiarato in risposta che la sentenza è “un’illustrazione di come il regime fondiario israeliano e i procedimenti legali che lo istituiscono, creino un sistema metodico di segregazione razziale che equivale al crimine di apartheid secondo il diritto internazionale”.
Il Centro ha inoltre affermato che, come nei casi di altri villaggi beduini sfollati, come Umm al-Hiran nel Negev, “la sentenza mostra chiaramente che i diritti protetti dalle Leggi Fondamentali di Israele non sono sufficienti a difendere i diritti costituzionali dei palestinesi, o ad eliminare i principi razzisti alla base della politica di insediamento di Israele”.
(*) Originale tratto da Haaretz, 28 luglio 2023. Traduzione italiana tratta da Assopace Palestina.
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https://www.pressenza.com/it/2023/08/una-generazione-esplosiva-lallarme-del-direttore-generale-dellospedale-pubblico-di-jenin/