Frammenti di quotidianità palestinese – 5

“Bei sogni”: il bambino gazawi di 5 anni che è morto di paura

Mohammed è ancora in lutto e non può fare a meno di pensare a come sarebbe stata la vita se Tamim fosse ancora vivo, smontando e rimontando i suoi giocattoli, la sua mente piena di bei sogni.
Nella loro casa nella Striscia di Gaza occidentale, Mohammed Daoud, 36 anni, è riuscito finalmente a calmare suo figlio di 5 anni, Tamim, e a convincerlo a dormire nonostante i suoni dei missili israeliani che cadevano intorno a loro.
Mohammed non sapeva, in quel momento, che Tamim alla fine si sarebbe addormentato sul suo grembo, ma non si sarebbe mai più svegliato.
Il 10 maggio 2023, un aereo da guerra israeliano ha preso di mira un edificio residenziale nel quartiere di al-Rimal, a ovest di Gaza. La casa apparteneva alla famiglia Khaswan.
Quando i missili hanno colpito, tutti coloro che erano all’interno di quella casa sono stati uccisi.
Sebbene tali tragedie siano routine a Gaza, le persone sono rimaste colpite dalla notizia che anche un bambino piccolo, in una casa vicina, era morto: Tamim.
Il bambino non è morto per l’esplosione in sé o per le schegge, ma a causa di un attacco di panico durante il bombardamento. È morto di paura, poiché il suo cuore ha semplicemente ceduto.

Abbiamo sentito l’esplosione nella casa dei nostri vicini. Il vetro nella nostra casa si è infranto e tutte le stanze erano piene di gas”, ha detto il padre di Tamim, Mohammad, al Palestine Chronicle.
Tamim ha urlato con tutte le sue forze e poi è rimasto in silenzio. Pensavo che fosse solo spaventato dal suono delle esplosioni, come qualsiasi altro bambino”, ha aggiunto.
Dopo mezz’ora, Tamim ci ha detto che non riusciva a respirare e aveva mal di stomaco. Ho cercato di calmarlo e di farlo addormentare sul mio grembo perché era molto attaccato a me. Infatti, Tamim si è addormentato, ma non si è mai più svegliato”.
Mohammed ci ha detto che Tamim aveva problemi di salute ed era stato sottoposto a un intervento chirurgico al cuore. Il medico di Tamim aveva consigliato di evitare sforzi o emozioni forti.
“La condizione di Tamim non era letale, molte persone affette dallo stesso problema vivono a lungo e hanno figli.
Ma non vivono in una zona di guerra”, ci ha detto Mohammed, scoppiando in lacrime.

Mohammed ha fatto del suo meglio per salvare suo figlio.
Lo ha portato in ospedale nonostante i missili che cadevano, con l’unica speranza di salvargli il debole cuore.
L’ho portato in ospedale. Hanno cercato di rianimare il suo cuore, che era già fermo”, ci ha detto Mohammed.
Inoltre lo hanno posto in terapia intensiva, ma dopo poche ore mi hanno chiamato per dirmi che non ce l’aveva fatta”.
Mohammed ha dichiarato al Palestine Chronicle che suo figlio era felice di andare a scuola ogni mattina, al “Candy Kids“.
Tamim amava smontare e rimontare le cose. Quando gli chiedevo dei suoi sogni per il futuro, diceva sempre che voleva diventare un ingegnere”, ci ha raccontato Mohammed.
Tamim era un bambino innocente che non meritava di morire di paura”.
L’ultima guerra israeliana a Gaza ha distrutto i suoi sogni.

Tamim non è stato abbastanza fortunato da vivere in un luogo in cui i bambini potessero godersi la loro infanzia.
È uno dei 24 bambini palestinesi uccisi da Israele dall’inizio dell’anno, secondo Defense for Children International in Palestine.
Il padre di Tamim ci ha detto che voleva inviare un messaggio al mondo attraverso il Palestine Chronicle: per favore salvate gli altri bambini che vivono a Gaza e che hanno gli stessi problemi di salute di mio figlio.
Ci sono molti bambini nella Striscia di Gaza che soffrono dello stesso problema di Tamim”, ha spiegato.
Non so come i loro fragili cuori possano sopravvivere a queste guerre ripetute e brutali”.

Tratto da The Palestine Chronicle. Traduzione per InfoPal di F.L. Pubblicato da InfoPalil 25 maggio 2023.

***

CISGIORDANIA. Coloni israeliani attaccano il villaggio palestinese di Burqa

L’attacco è avvenuto dopo una visita al villaggio fatta da alcuni diplomatici europei.
L’associazione pacifista Peace Now, che insieme alle ong Yesh Din ed Emek Shaveh ha guidato il tour, ha descritto l’accaduto come una “operazione di vendetta” da parte dei coloni.
Un portavoce dell’Ue ha anche criticato il via libera dato dai comandi militari all’ingresso dei coloni nuovamente a Homesh, uno dei quattro insediamenti coloniali della Cisgiordania settentrionale demoliti come parte del ridispiegamento israeliano del 2005 ordinato dallo scomparso premier Ariel Sharon.
La tensione è ulteriormente salita dopo la decisione delle autorità israeliane di permettere il ritorno dei coloni a Homesh che era stato edificato in parte su terre di Burqa.
I coloni sperano adesso, con l’appoggio del governo di estrema destra guidato da Benyamin Netanyahu, di ricostruirlo, ipotesi alla quale si oppongono anche gli Stati Uniti.
Intanto nella notte una incursione dell’esercito israeliano nel campo profughi di Aqabet Jaber (Gerico) ha provocato almeno otto feriti tra gli abitanti palestinesi.
I comandi israeliani sostengono che l’operazione è stata finalizzata alla cattura di un ricercato accusato di aver attaccato un autobus di coloni nei mesi scorsi.

Tratto da Pagine Esteri, 25 maggio 2023.
***

Me ne sono andato per i miei figli. I residenti di un villaggio palestinese in Cisgiordania fuggono tra le continue violenze dei coloni israeliani

di Hagar Shezaf

Una comunità di circa 200 palestinesi che vive in tende e strutture temporanee nel villaggio cisgiordano di Ein Samia ha deciso di lasciare le proprie casa, in cui abita dagli anni ’80, a causa delle continue violenze dei coloni israeliani.
Parlando con Haaretz, due dei residenti hanno dichiarato che i problemi sono iniziati circa cinque anni fa, ma sono peggiorati nell’ultimo anno.
Ein Samia si trova vicino all’insediamento israeliano di Kochav Hashahar e all’avamposto di Habladim, considerato un centro di violenza in Cisgiordania.
L’organizzazione no-profit B’Tselem ha documentato nel corso degli anni diversi attacchi dei coloni nell’area del villaggio, tra cui uno in cui un palestinese è stato attaccato con una mazza e un altro in cui sono state collocate strisce chiodate sulla strada che conduce al villaggio.
Abbiamo deciso di andarcene per paura dei coloni“, ha raccontato ad Haaretz Khader, padre di nove figli. “Sono partito per i miei figli. Il più piccolo mi ha detto: ‘Non voglio vivere qui; i coloni vengono e lanciano pietre. Domani potrebbero uccidermi’”.
Khader ha raccontato che alcuni giorni fa i coloni sono arrivati nel villaggio di notte e hanno lanciato pietre contro le case, alcune delle quali avevano bambini all’interno. Quell’incidente è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha portato alla decisione di abbandonare il sito.
I coloni erano soliti “portare le loro pecore a mangiare il grano che avevo seminato”, ha raccontato Khader, aggiungendo che lui chiamava la polizia ma i coloni se ne andavano prima del loro arrivo.

L’esercito ci ha portato qui [a Ein Samia]. Prima vivevamo in quello che oggi è [l’insediamento di] Kochav Hashahar”, ha spiegato, aggiungendo che l’esercito li ha trasferiti per stabilire una base militare che presto è diventata un insediamento. Khader ha aggiunto che i membri della comunità un tempo vivevano vicino a Be’er Sheva, ma sono stati trasferiti da quell’area. Una scuola costruita per loro diversi anni fa è stata immediatamente demolita da Israele.
Mustafa, un altro residente del villaggio, ha raccontato che qualche anno fa un colono è arrivato nel villaggio e si è definito “il loro manager”.
Mustafa dice di aver proposto al colono di vivere fianco a fianco come vicini di casa. “Gli ho detto: Diventiamo amici: io ti aiuto e tu mi aiuti”. Lui ha risposto: “Il fatto che tu viva qui non mi piace. Voglio che tu vada altrove”, ha raccontato Mustafa.

In un gruppo Whatsapp di “giovani delle colline“, composto da giovani coloni israeliani radicali e spesso violenti provenienti da avamposti illegali, è stato condiviso un messaggio che celebra la decisione degli abitanti del villaggio di andarsene. “Buone notizie! Due accampamenti beduini che negli ultimi anni avevano preso il controllo della terra accanto a Kochav Hashahar stanno lasciando il posto”, si legge nel messaggio.
Alon Cohen Lifshitz, un architetto che lavora per l’organizzazione no-profit Bimkom – Looking the Occupation in the Eye, ha dichiarato che “il desiderio delle autorità israeliane di sfrattare le comunità di pastori dall’Area C demolendo continuamente case e cisterne è nulla di fronte al loro silenzio sulle orribili violenze perpetuate dai rivoltosi coloni, che di fatto eseguono le politiche dell’attuale governo”.
B’Tselem ha dichiarato che “i residenti della comunità hanno subito anni di violenze da parte delle forze israeliane, restrizioni draconiane sulla costruzione di abitazioni e infrastrutture, oltre a demolizioni e violenze dei coloni con il completo appoggio dello Stato”. La scuola della comunità doveva essere rasa al suolo subito dopo che un tribunale aveva approvato la demolizione.
Politiche simili, il cui scopo è quello di consentire agli israeliani di ottenere il controllo di una quantità sempre maggiore di terre palestinesi da destinare agli ebrei, vengono impiegate in gran parte della Cisgiordania nei confronti di decine di comunità palestinesi. Queste politiche sono illegali: l’espulsione è un crimine di guerra”.

Tratto da Haaretz, 24 maggio 2023. Tradotto e pubblicato da Assopace Palestina.
***

Il Programma alimentare mondiale (WFP) sospende aiuti a 200 mila palestinesi

Il Programma Alimentare Mondiale (WFP) sospenderà gli aiuti a oltre 200 mila palestinesi, il 60% dei suoi assistiti, a partire da giugno. “Alla luce di una grave carenza di fondi, il WFP è costretto a fare scelte dolorose per allungare le risorse limitate”, ha comunicato Samer Abdeljaber, direttore del WFP a Gerusalemme.
Le famiglie più colpite sono a Gaza, dove l’insicurezza alimentare e la povertà sono le più alte, e in Cisgiordania.
L’agenzia delle Nazioni Unite offre ai palestinesi poveri sia buoni mensili del valore di 10,30 dollari a persona che cesti alimentari. Entrambi i programmi saranno interessati dai tagli.
Gaza, ospita 2,3 milioni di persone, di cui il 45% è disoccupato e l’80% dipende dagli aiuti internazionali, secondo i dati palestinesi e delle Nazioni Unite.
L’agenzia delle Nazioni Unite continuerà i suoi aiuti a 140.000 persone a Gaza e in Cisgiordania, ha assicurato Abdeljaber aggiungendo che la sospensione è stata decisa per salvare coloro che corrono il rischio più elevato di non potersi permettere il cibo.
“Il WFP comprende le implicazioni di questa inevitabile e dura decisione su centinaia di migliaia di persone che dipendono dall’assistenza alimentare per i loro bisogni più elementari”, ha affermato Abdeljaber.
Allo stesso tempo il funzionario dell’Onu ha avvertito che se non giungeranno nuovi fondi, il WFP sarà costretto a sospendere completamente l’assistenza alimentare e in denaro ai palestinesi entro agosto.
Adducendo “problemi di sicurezza” con il movimento islamico Hamas che controlla Gaza, Israele attua dal 2006 un rigido blocco (insieme all’Egitto) che penalizza fortemente l’economia palestinese e la circolazione di persone e merci.

Tratto da Pagine Esteri, 24 maggio 2023.

***

alexik

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *