Francia: chiusi 14 reattori nucleari entro il 2035

di Mario Agostinelli (*)

Il cambiamento climatico è il tipo di minaccia di cui le nostre menti non sono in grado di preoccuparsi. Sembra distante e che possa accadere nel futuro e ad altre persone: è invece tempo che il pubblico si convinca della rilevanza e dell’urgenza del problema. Arrivare ad occuparsene a tempo scaduto e con una situazione irrimediabile e pericolosa ci ridurrebbe a subire limitazioni e imposizioni di emergenza, con danno della libertà e della democrazia. Lo ripetono i climatologi di tutto il mondo, ma non è problema per il trio Conte-Salvini-DiMaio, tutto intento a respingere migranti: eppure se ne è accorto Macron e se ne sta capacitando la Francia, dove è andato in scena il primo atto di una rappresentazione in cui finale e repliche sono imprevedibili. Ridurre le emissioni richiede che le persone confidino in autorità competenti, oneste e giuste e che tengano conto, quando decidono, di tutte le opinioni. Le barricate dei “giubbetti gialli” contro il caro gasolio calato da un governo assai poco credibile – dopo che aveva imposto duri colpi sul versante sociale (Macron era sceso al 25% di gradimento quando sono scoppiati i disordini) – hanno indotto il Presidente a fare un tentativo un po’ maldestro di recuperare una immagine di ingiustizia sociale, con un po’ più di giustizia climatica. La questione energetica giocata di fronte alla piazza è così balzata all’onore delle cronache, pur con un carico di ambiguità che analizziamo prima di trarne qualche insegnamento.

L’aumento del gasolio alla pompa era stato presentato ai francesi come misura per ridurre le emissioni climalteranti e l’inquinamento. Dopo giorni di proteste a volte violente per i prezzi elevati dell’energia, Macron ha proposto un meccanismo per rivedere la tassa sul carburante nel caso di aumento dei prezzi del petrolio sul mercato globale. Barcamenandosi tra condanna dei “facinorosi” e comprensione dei “concittadini”, ha anche avanzato l’offerta di tre mesi di consultazione con i gruppi di attivisti e associazioni, sia per scoraggiare le manifestazioni sia per “trovare il modo migliore per gestire i crescenti costi energetici” (v. http://www.askanews.it/esteri/).

Ma da dove vengono costi più alti dell’energia fossile e nucleare se non dalle crescenti preoccupazioni per la tutela dell’ambiente, del clima e della salubrità della popolazione?

Il 27 novembre, Macron ha fatto, più o meno coscientemente, un passo di grande rilievo, forse non voluto, ma altamente significativo: ha disegnato la transizione energetica dal vecchio sistema centralizzato fossile e nucleare verso il decentramento della rete elettrica, alimentata in gran parte da sole, acqua e vento. L’annuncio ha invaso i media di tutto il mondo: «Entro il 2035 chiuderanno 14 reattori nucleari» (cfr. Repubblica, Il Corriere, Il Messaggero, The Guardian, New York Times, El Pais, Die Zeit etc). Un botto, visto che la Francia dipende dall’energia nucleare più di qualsiasi altro Paese, ricavando circa tre quarti della sua elettricità da 58 reattori distribuiti in 19 centrali atomiche. Un botto subito messo in relazione alla necessità di stoppare la vicenda dei “giubbetti gialli”. Tuttavia, la cronaca e le reazioni sotto una pluralità di punti di vista, mentre ridimensionano l’annuncio, lo arricchiscono di molte varianti interessanti, anche se contradditorie.

François Hollande aveva già dichiarato che la quota di nucleare nel mix energetico del Paese sarebbe scesa dal 71% circa al 50% entro il 2025. Lo afferma Emiliano Bellini che descrive l’iter dei governanti francesi rispetto al moloch del nucleare (v. https://www.pv-magazine.com/2018/11/27/macron-delays-reduction-of-nuclear-share-by-a-decade-but-announces-45-gw-solar-target-by-2030/ ). Il successivo Ministero per la transizione ecologica e inclusiva (macroniano) ha previsto la chiusura di sole 6 centrali nucleari entro il 2028, mentre altri 6 reattori nucleari verrebbero chiusi entro il 2035. In questo progetto l’obiettivo del 50% verrebbe raggiunto più tardi del previsto e, in teoria, la quota di energia nucleare potrebbe rimanere invariata fino al 2028. Si tratta dello scenario più ottimistico per lo sviluppo di energia pulita, perché invece il Ministero delle Finanze (anch’esso macroniano) prevede la chiusura di 9 reattori entro il 2035 e la costruzione di quattro nuovi entro il 2040. L’obiettivo del 50% sarebbe raggiunto solo entro il 2040 con un contemporaneo svecchiamento e rilancio.

Macron si è mosso tra i due Ministeri, trovando una posizione di mezzo: la Francia chiuderà 14 dei 58 reattori (il 50% della potenza totale) attualmente in funzione nel Paese entro il 2035 (fra 4 e 6 entro il 2030) oltre ai due della centrale di Fessenheim – la più vecchia del Paese – che cesseranno di funzionare nell’estate del 2020. L’eredità di Hollande, sposata in campagna elettorale dal nuovo Presidente, viene -quatta quatta – spostata di 10 anni in avanti. Le affermazioni di contorno poi vanno lette con cura: «ridurre il ruolo dell’energia nucleare non significa rinunciarvi», anche se non verrà adottata nessuna decisione immediata sulla costruzione di nuovi reattori di ultima generazione; tuttavia le chiusure previste avranno come condizioni che «la sicurezza degli approvvigionamenti sia assicurata» e che «i vicini europei accelerino la loro transizione energetica». Macron ritarda la riduzione della quota nucleare di un decennio, ma – altro botto – annuncia un obiettivo solare di 45 GW entro il 2030. (v. https://www.thelocal.fr/20181127/macron-faces-hard-choices-as-he-charts-frances-energy-future)

Bisogna riconoscere subito una importante novità: le fonti rinnovabili previste sono sostitutive di fossili e nucleare, anche se la Francia manterrà una quota di nucleare al centro del suo sistema elettrico.

Tanti sono gli spunti su cui riflettere, mentre molto del “nuovo” strombazzato sulla piazza ha ancora un tratto aleatorio.

Su tre questioni mi voglio comunque soffermare:

  1. Il nucleare che conosciamo è finito anche in Francia. I reattori invecchiano, i costi di dismissione e stoccaggio sono incomputabili, mentre il costo del kWora rinnovabile è ormai definitivamente inferiore.
  2. La questione climatica comincia ad assumere contorni che pesano sul quotidiano, non solo per i danni e il degrado naturali ma anche per i costi da sopportare nell’immediato e nel lungo periodo. Il mondo rurale che usa l’auto a caro prezzo e gli indigenti che reclamano salari e pensioni più eque sono scesi in piazza reclamando maggiore potere d’acquisto e occupazione dignitosa. Gli uni e gli altri non credono che l’odierno modello di sviluppo inalterato li porti lontano.
  3. Il settore nucleare francese dispone oggi di 220.000 posti di lavoro. Da qui al 2035 la metà di essi verrà riconvertita con un saldo occupazionale aggiuntivo se saranno sostituiti da efficienza e rinnovabili. Lo stesso non si può automaticamente dire dei rami manifatturieri che saranno falcidiati dai sistemi 4.0.

Arnaud Gosseement, un noto avvocato specializzato in legislazione ambientale, dopo aver apprezzato la chiusura certa di Fessenheim ai confini tedeschi (https://www.zeit.de/news/2018-11/27/macron-uralt-akw-fessenheim-wird-2020-geschlossen-181127-99-980627 ) ha affermato che l’importanza degli annunci del 27 novembre è relativa, in quanto forniscono solo linee guida generali su una bozza di strategia energetica. Può darsi, ma io segnalo una discriminante rispetto al passato dovuta ai fatti e alle novità del tempo assai più che alle furbizie politiche.

(*) ripreso da “Il fatto quotidiano” on line dove Mario Agostinelli ha un blog e si presenta così: Mario Agostinelli: «Ecologista, politico e sindacalista. Sono sposato, due figli e cinque nipoti, sono stato ricercatore all’ENEA, sindacalista della CGIL e consigliere regionale, eletto in Lombardia. Sono portavoce del “Contratto mondiale per l’energia e il clima” e membro della presidenza del comitato nazionale “No al nucleare, sì alle rinnovabili”. Sul piano internazionale opero da anni nel “Forum Mondiale delle Alternative” e nel “Forum Sociale Mondiale” di Porto Alegre. Dal 2011 sono presidente dell’Associazione Energia Felice (http://www.energiafelice.it/), associata all’ARCI e al servizio della conversione ecologica». In “bottega” riprendiamo molto spesso i suoi post ma anche più ampi saggi che Agostinelli pubblica su riviste e siti.

LA VIGNETTA – scelta dalla “bottega” – è di ALTAN.

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *