«Fratelli Beretta»: 30 operaie svelano…

… gli appalti fuorilegge su cui la magistratura indaga.
comunicato di Slai Cobas

Le testimonianze di trenta lavoratrici alzano il velo sul sistema degli appalti.
Nel decreto firmato dal gip Tommaso Perna, su richiesta del pm Paolo Storari, si legge che dalle indagini è emerso un “sistema fraudolento finalizzato alla somministrazione di manodopera a basso costo” per la Fratelli Beretta “in regime di concorrenza sleale e in evasione d’imposta”.
Le indagini faranno il proprio corso.
Ma la concorrenza sleale a basso conto è pagata direttamente dagli operai, con una paga indecente che non arrivava ai mille euro per un lavoro imposto a ritmi molto veloci, in condizioni dure e quindi fortemente usurante per tutte le operaie della fabbrica. Frutto della precarietà del sistema degli appalti, con suoi i continui e immotivati cambi di società, usato e vissuto come concorrenza tra operaie e minaccia alla stabilità del posto di lavoro.
In questa fabbrica la quasi totalità della manodopera è femminile. Per le operaie il posto di lavoro è doppiamente importante, rappresenta la sussistenza ma anche l’emancipazione. La paura del cambio appalto è costante.
Oggi, con rilievo sui media, vediamo dietro un marchio familiare che si comincia a parlare delle condizioni di lavoro delle operaie. Non può che essere positivo scavare la fatica e lo sfruttamento che c’è dietro la spesa di tutti i giorni.
Le preziose testimonianze dei trenta lavoratori sulle cooperative che “si alternavano nel tempo”, come serbatoi di lavoratori per la Fratelli Beretta, sono un dito puntato contro l’intero sistema degli appalti che non ha ragione di esistere. Gli appalti in fabbrica sono le fabbriche senza operai dipendenti, un sistema di intermediazione cresciuto all’ombra di accordi sindacali compiacenti, che va affrontato con l’assunzione diretta per tutti gli operai.
Dalla nostra recente presenza in fabbrica due risultati a parziale soluzione di questi problemi sono stati raggiunti con l’importante accordo aziendale del 6 agosto 2021 firmato dallo Slai Cobas SC per l’appalto, che prevede un aumento netto di 150 euro e la garanzia del posto di lavoro, sottoscritta anche dalla committente, in caso di cambio appalto e di internalizzazione delle lavorazioni.
Ormai è pubblico, il silenzio richiesto dagli investigatori è stato bucato da alcuni lavoratori e questo potrebbe essere all’origine di una parziale forma di internalizzazione che Beretta sta compiendo, selezionando alcune operaie dell’appalto per l’assunzione alle proprie dipendenze senza un criterio noto e condiviso.
Fatto che ha scatenato malcontento e arrabbiatura fino allo sciopero delle operaie dello Slai Cobas dell’8 marzo per criteri comuni nelle assunzioni e per un piano per tutto il reparto nel rispetto del posto di lavoro in fabbrica per tutte.
Richiesta giustissima e ancora aperta che i fatti di oggi confermano.
Dalmine 14.04.22

Slai Cobas
per il sindacato di classe
via Marconi 1 Dalmine

LA VIGNETTA – scelta dalla “bottega” – è di Giuliano Spagnul.

Redazione
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