«Futuri uniti d’Africa»

Clelia Farris sull’antologia edita da FutureFiction. A seguire una brevissima nota della “bottega”

In Africa non manca niente, neppure la fantascienza. Il continente più ricco di risorse naturali del pianeta ci sorprende ancora sfornando una messe di scrittori e scrittrici che si cimentano nel genere letterario del futuro.

Giovani e pieni di talento, smaliziati, consapevoli di dover scrivere il divenire dei loro Paesi, spesso ironici, gli autori e le autrici di Futuri uniti d’Africa ci conducono alla scoperta dell’Africa che sarà.

La linea narrativa che accomuna i racconti si sviluppa intorno al conflitto fra vecchio e nuovo. Clifton Gachagua affronta uno dei problemi storici dell’Africa: la guerra. In Scrutare verso il sole la guerra è lunga quanto la strada infinita che attraversa il Kenya, il Sudan e altre nazioni. La generazione dei padri e delle madri accetta senza ribellione lo stato delle cose e si fa un punto d’onore di fornire figli al conflitto. Il mantenimento del perenne stato di guerra prevede la cancellazione della memoria di ogni reduce; il figlio è sempre nuovo e perciò sempre pronto ad accettare di tornare in battaglia, ma il povero Stanislaw (mai nome fu più fantascientifico) conserva i ricordi dell’orrore e si comporta in modo insolito. Vive in contemplazione del sole, bacia la terra, attende lo sbocciare dei fiori. Dorme, soprattutto. E non ha alcuna intenzione di tornare a combattere, il suo istinto di uccidere è svanito, la catena di morte interrotta, con grande scandalo dei suoi genitori.

Lo stesso dramma vive il protagonista di Africanewsia, in una Nigeria protesa alla salvaguardia delle foreste, governata da una dittatura ecologista che pretende il sacrificio degli anziani per poter assegnare le risorse agricole alla popolazione giovane. La propaganda del potere punta il dito contro i vecchi, dissipatori della natura, primitivi ammazza-pianeti. Per salvare Madre Africa gli anziani, i malati terminali, i prigionieri devono essere “neutralizzati”. I bambini, che non saprebbero distinguere un iroko da un albero di karité, fanno parte della green-police e denunciano i genitori che non vogliono sacrificare i vecchi, come già succedeva in 1984. Ma senza la memoria storica della realtà precedente, privi di anziani a indicare loro i segni della bellezza naturale, restano soltanto individui disumani, accecati dal denaro. E tuttavia il racconto è pervaso da un ambiguo sentimento di ostilità nei confronti del “vecchio”, sotto qualunque forma si presenti, e di spinta necessaria verso l’apertura al “nuovo”. Un nuovo reso emblematico dall’arrivo sulla Luna del primo astronauta nigeriano.

In quasi tutti i racconti le relazioni familiari sono forti, invadenti, spesso ostili nei confronti della diversità. A chi appartiene il figlio generato da un’androide? si domanda Mazi Nwonwu in Riunione di famiglia. Al padre, dice la tradizione yoruba; alla madre, dicono gli igbo. Oppure forse il bambino è una proprietà dell’azienda che ha costruito l’androide? Il problema esige un ripensamento delle consuetudini, pretende nuove regole sociali e prima ancora di un cambiamento del diritto di famiglia avrebbe bisogno di una mutazione di pensiero.

Il nuovo compare nella molteplicità di etnie mescolate a quelle locali: indiani, giapponesi, cinesi e libanesi, ma si manifesta anche sotto forma di robot. Robot dalle fattezze spesso femminili, privi delle caratteristiche di obbedienza e soggezione nei confronti degli esseri umani, le creature sintetiche si presentano ai colloqui di lavoro, pretendono rispetto, sono colte, si indignano quando sono equiparate ai computer, con il conseguente corollario di “idiozia mentale”. I robot provano dolore per la perdita del robot che amavano, anche se nessun essere umano è disposto a riconoscerlo.

Il nuovo è spesso solitudine, separazione da una società abbarbicata alle vecchie convinzioni, pronta ad assegnare alla creatura sintetica la definizione e il valore di un oggetto, rivelandosi così simile a quella europea. Non siamo pronti al cambiamento, ci dicono gli autori e le autrici africani, ma vogliamo provarci lo stesso. E lo fanno con un’invidiabile capacità di mescolare il comico e il drammatico, come in Computer femmina cercasi o in Le donne vengono da Venere.

La trasformazione dell’essere umano è iniziata e passa attraverso comunità subacquee, adattate all’innalzamento del livello del mare, scienziati che sperimentano la comunione mentale con le foche, vivendo le stesse esperienze corporee degli animali, fino all’estrema mutazione di Sunset blues, racconto di metamorfosi psicofisica in cui la protagonista si addentra nella coscienza dei vegetali, vivendo nella propria carne il rapporto speciale che le piante intrattengono col Sole. Sunset blues si inscrive in parte nel filone del solarpunk (l’accostamento umano-vegetale) in parte nella corrente filosofica di Donna Haraway e Rosi Braidotti, incline all’ibridazione, all’abbandono della centralità del soggetto umano per aprirsi a una molteplicità di punti di vista che amplia la coscienza del singolo e dell’umanità intera.

Resta il grande nodo della velocità del cambiamento.

L’essere umano, abituato alla placidità dell’evoluzione darwiniana, accoglie con timore e fatica la spinta forte delle tecnologie e delle mutazioni psicofisiche. La giovane Africa, giovane nella popolazione, sembra avere lo spirito giusto per inserirsi nel flusso della modernità e farsi portare verso il futuro. La fantascienza africana non dimentica le radici, anzi, si appoggia senza timore al passato, si interroga sugli errori politici, sulla tradizione e sulla collisione tra questa e il futuro con grande maturità e spirito critico. L’albero della nuova letteratura sta crescendo e sta già dando buoni frutti.

INDICE
Prefazione: Atti di coraggio di Nicoletta Vallorani
Introduzione: Perché l’Africa ha bisogno di creare più fantascienza di Wole Talabi
Scrutare verso il Sole di Clifton Gachagua
Tappeti galleggianti di Mohale Mashigo
Il test di regressione di Wole Talabi
Istantanee virtuali di Tlotlo Tsamaase
La sua seconda pella di foca di Lauren Beukes
Modi nuovissimi (di perderti un’altra volta e un’altra volta ancora) di Blaize M. Kaye
Il villaggio del diavolo di Dayo Adewunmi Ntwari
Quel che disse il morto di Chinelo Onwualu
Nella blockchain noi confidiamo di Solomon King Benge
Afrinewsia di Yazeed Dezele
Corpi Ospiti di Tendai Huchu
Le donne vengono da Venere di Tiseke Chilima
Piedi di metallo di Temitayo Olofinlua
Riunione di famiglia di Mazi Nwonwo
Computer femmina cercarsi, candidarsi all’interno di Innocent Chizaram Ilo
Sunset Blues di Wanini Kimemiah
L’ultima narratrice di Dilman Dila
Diario di un pirata del DNA di Stephen Embleton

NOTA DELLA BOTTEGA

Attenzione a non confondere questa antologia con un ottimo romanzo – in salsa ucronica – di Abdourahman Waberi pubblicato nel 2013; db e Francesco Masala ne hanno scritto qui «Gli Stati Uniti d’Africa» e… (… il poverissimo Occidente: il paradiso e il serpente messi sotto-sopra da un geniale Waberi) e qui Gli Stati Uniti d’Africa – Abdourahman A. Waberi

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

Un commento

  • Complimenti. Queste sono pubblicazioni preziose, che ci consentono di vivere la fantascienza in modo attuale e coinvolgente. Un progetto interessantissimo… grazie.

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