Gambia: «fateci sapere o rilasciatelo»

Appello per l’imam che ha detto “no” alla pena di morte

di Riccardo Noury (da «Libertà di espressione»)

L’hanno arrestato la mattina del 3 dicembre, per fargli – dicevano – un po’ di domande. Da allora, non se ne sa più nulla.

L’imam Baba Leigh è stato inghiottito dal sistema di detenzione segreta del Gambia,  minuscolo Stato enclave dell’Africa occidentale, in cui opera impunita l’Agenzia per la sicurezza nazionale.

Questo organismo risponde direttamente al presidente-padrone Alhaji Yahya Jammeh, al potere dal 1994: colui che, nel 2009, ordinò un’autentica caccia alle streghe perché convinto che una sua zia fosse morta a causa di un maleficio.

Che ha fatto di male l’imam Baba Leigh? Aveva preso posizione, definendole non islamiche, contro le nove esecuzioni che ad agosto avevano interrotto quasi un trentennio senza pena di morte.

Le pressioni internazionali avevano poi dissuaso il presidente Jammeh dal portare avanti lo svuotamento dei bracci della morte, mediante l’immediata esecuzione degli altri 47 prigionieri ivi detenuti.

La famiglia dell’imam Baba Leigh teme per la sua sorte.

La Costituzione del Gambia, all’articolo 19.3, stabilisce che una persona debba essere portata in tribunale entro 72 ore dall’arresto. Di ore, ne sono passate oltre 500.

Amnesty International ha lanciato un appello indirizzato al direttore dell’Agenzia per la sicurezza nazionale del Gambia: fateci sapere di cosa è accusato l’imam Baba Leigh, sennò rilasciatelo subito.

Firmate l’appello. Grazie.

 

Redazione
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