Giacomo e i libri del padre

di Valerio Calzolaio (*)

Una mostra a Recanati fino a dicembre.

Giacomo Leopardi era una persona unica,come ciascun essere umano invero. Considerata la notorietà, sono stati sempre più approfonditi i dati e i “caratteri” della sua unicità. Per quanto ci sia solo un ritratto del volto (compiacentemente disegnato) quasi non c’è italiano che non se lo raffiguri bene, basso gobbo riccio. Per quanto versi, costrutti e termini derivino da letture vaste e poliedriche e giungano alla fine di pensieri forti, quasi non c’è italiano che non se lo concepisca debole, colto solitario pessimista. Nessuno (credo) contesta la geniale capacità di suscitare emozioni “universali”, godibili in fasi e momenti diversi dell’esistenza.

Giacomo Leopardi va letto e riletto per diletto. Aiuta a vivere, ci fa meglio ragionare sperare illuderci, riducendo il rischio emotivo ci fa compagnia quando cerchiamo di indirizzare la nostra esistenza, accarezzando la mente cognitiva ci descrive quando entriamo in rapporto con altri viventi, umani e non umani. Andrebbe letto spesso e tutto, ma ognuno faccia come e quanto vuole, i suoi canti restano comunque esempi di musicultura alla portata di ogni cervello cuore coscienza. Non a caso così tanti italiani ne conoscono a memoria i principali, non a caso è uno dei poeti più tradotti e conosciuti al mondo. Si è imposto alla pubblica attenzione da due secoli a questa parte, già da bambino, essendo nato il 29 giugno 1798. Biografia, bibliografia, saggi poesie lettere sono ormai patrimonio dell’immaginario collettivo.

Il combinato disposto di quel che fu e di quel che ha scrittonon dipesero ovviamente solo da lui. Molto dalla storia e dalla geografia, la periferia dello Stato pontificio fra Rivoluzione francese e Restaurazione; molto dallo specifico borgo di Recanati; molto dalla famiglia aristocratica e squattrinata che vi abitava dal Duecento in un bel palazzo; molto dalla contingenza di essere primogenito di tanti figli partoriti vivi da una madre un poco an-affettiva; molto dal caso nell’umana evoluzione. Qualcosa (abbastanza, più di quel che crediamo solitamente) è dipeso dai libri fra i quali visse quasi tutta la vita, i libri del padre, la biblioteca di Monaldo Leopardi (1776-1847), una raccolta libraria a tutt’oggi unica in Italia.

Giacomo nacque e imparò a leggere mentre il padre era prevalentemente dedito a raccogliere quanti più libri possibile nel più breve tempo possibile, migliaia di libri che Giacomo vide arrivare, suggerì di acquistare, aiutò a collocare, sfogliò dalla più tenera età, molti imparò a memoria e, poi, lesse studiò comparò. Fu segnato per sempre nel profondo. Un fisico gracile e deforme viaggiò subito tanto nel tempo e nello spazio, imparando avidamente linguaggi e lingue storicamente e geograficamente molto diversi. La sua scrittura nacque da quelle letture. Monaldo, meno che 18enne, prima del matrimonio e della paternità, basandosi su qualche centinaio di volumi presenti nella dimora avita, cominciò a comperare libri, tanti ovunque da chiunque. Dal 1795 ampliò la raccolta con criterio, cambiò disposizione delle stanze e arredi, archiviò e catalogò, organizzò una vera biblioteca, rifugio nido vanto prigione. Quasi fallì per i libri. Dopo Giacomo erano nati Carlo e Paolina, la moglie prese in gestione il patrimonio familiare (dal 1803), il papalino retrogrado curioso Monaldo si occupò di testi e figli. I libri diverranno oltre 14.000, i figli 7. Entrate o rientrate in quelle stanze (da poco riassestate) non ve ne dimenticherete mai!

La biblioteca di Monaldodivenne presto immensa e nel 1812, duecento anni fa, fu aperta al pubblico («figli, amici, concittadini») già ricca di ben 12.000 volumi. Sembra incredibile! Oggi è l’unica parte visitabile del palazzo, il resto è abitato dagli eredi, 8 persone, due famiglie nonni-nipoti. E dal primo luglio 2012, all’interno delle antiche scuderie a piano terra (da tempo sede di esposizioni temporanee) è stata allestita la mostra che resterà aperta fino a dicembre 2013: «Giacomo dei libri. La Biblioteca Leopardi come spazio delle idee», ottima celebrazione di due secoli di storia di un luogo di vita e cultura, indispensabile a “sentire” meglio uno dei più grandi poeti del mondo, segnato giovanissimo da una salute fragile precaria, da una bulimica memoria eidetica e da premature erudite illusioni. Programmate di andarci, non ve ne pentirete!

La mostra è organizzata in 5 sezioni.La prima racconta del progetto di Monaldo così come fu rapidamente realizzato: il contesto storico ambientale, gli spazi casalinghi, i contatti con librai stampatori editori fiere, i primi lavori bibliotecari dei figli. La “infante” specifica produzione letteraria di Giacomo (con relativa iconografia) viene mostrata nella seconda sezione: quaderni e componimenti fino alla gloriosa «Storia dell’Astronomia». Ben presto Giacomo interloquì con grandi protagonisti della modernità: Condillac, Locke, Voltaire, Montesqieu, Mme de Stael, soprattutto Rousseau, soprattutto in qual grande cantiere che fu «Lo Zibaldone di pensieri», come conferma la terza sezione. Nella quarta e nella quinta si parla delle due antologie che Stella gli commissionò, prosa e poesia, «Le Crestomanzie», selezionate con grande soggettività didattica. E non dimenticate, infine, il multimediale che mostra il metodo che presiede alla scrittura del quaderno dell’isolamento irrevocabile, le 4.526 pagine cucite nei sei volumi del compagno zibaldone!

Gli oggetti esposti per la prima volta,gli “inediti” sono in realtà pochi: una lettera di Napoleone al Viceré d’Italia del 16 maggio 1808; due orecchini di famiglia; il ritratto di una delle tre figlie di Letizia Murat (a sua volta figlia di Carolina Bonaparte, nipote di Napoleone); il piccolo busto copia di un busto prassitelico (ritrovato vicino al fiume Potenza, IV secolo a. C.) testimonianza anche del patrimonio che una seria campagna di scavi potrebbe portare alla luce in quella zona. L’originalità sta nel percorso informativo e nell’accento sui libri compagni di vita. Un discorso più approfondito meritavano forse i libri “proibiti” per i quali Monaldo riuscì a ottenere il permesso di visione da parte di Giacomo e di altri figli.

Biblioteca e mostra vanno visitate una dopo l’altra. Al più presto. Sono aperte tutti i giorni, ancora per un po’ dalle 9 alle 20; dall’autunno 9.30-12.30, 14.30-17.30. Recanati val bene una visita. Dietro il palazzo c’è tutto il colle dell’«Infinito» (verso i Sibillini), un colle e un giardino non proprio come altri. E piazze piazzette facciate mantengono tutte memorie antiche e moderne; capitate con amore nel cortile-chiostro di palazzo Venieri indirizzandovi verso l’arco di luci e colori sul Conero. Fra cotanti libri Giacomo scelse un proprio progetto di costruzione identitaria, guardava volti e ritmi dalle finestre, vedeva oltre. Lesse voracemente, pensò creativamente. Osservò la natura e gli umani (fenomeni ed emozioni, dati e ironie), verificò, scoprì, descrisse. Si cibò di scienza non solo di parole più o meno belle. Da teppista romantico maturò uno smodato bisogno di dialogo con l’esterno, altri luoghi persone passioni, altre relazioni sociali e personali. Divenne Leopardi.

Pietro Ingrao fu intervistato su Leopardinell’aula magna del liceo recanatese (in diretta su RaiTre, uno spezzone lo trovate nel film di Vendemmiati presentato ora a Venezia). Spiegò che aveva dei pudichi dubbi sia sulla lettura (tradizionale) che valorizza il Leopardi “idillico”, sia sull’altra (progressiva e progressista) del Leopardi “eroico”, entrambe ideologizzanti, entrambe talora dimentiche dell’elemento cognitivo dei testi. Rischierebbero di lasciare in ombra «quella che è proprio la grande novità» di Leopardi: «il suo cogliere l’esperienza vitale nel suo farsi e nel suo trascolorare … l’intreccio tra contenuto e risonanza … è dal legame di questi fonemi e di questi contenuti che viene fuori la grande invenzione, quello che lui scopre, la sua emozione sull’infinito». Wow! L’elemento cognitivo della “lirica” di Leopardi (nei canti, negli appunti, nelle lettere, nelle operette) ha retto a due secoli di storia del pensiero e dell’umano agire, vedete un po’ voi.

Lo scienziato poeta Leopardi viene prima dell’evoluzionismo e della termodinamica, ancora oggi per farle scientificamente comprendere spesso ci aiuta più lui che un saggio di biologia o fisica. Per capire ci vuole poesia, empatia fra pensiero e azione, emotiva relazione fra cervelli e corpi umani, sentimento. In tal senso possono anche essere pienamente rivalutate le «Operette Morali». Nel «dialogo della natura e di un islandese» anticipa Gould: abitiamo questo pianeta senza una ragione specifica né uno scopo stabilito dalla natura. E in tante altre opere e operette arriva dove solo il pensiero scientifico ci ha poi condotto, punto di incontro di una moderna cultura tecnica e politica. Il mondo e la vita non esistono per causa “umana”, può andar bene a credenti e non credenti. E’ una laicità scientifica. Non è facile presentare la “cognizione” leopardiana con il linguaggio di oggi. Evviva Mario Martone che in questo 2012 ci sta provando a teatro e al cinema.

(grazie a Francesco Fabrettiper la preziosa colta guida che ci ha garantito alla biblioteca e alla mostra, in più occasioni, con disponibilità e ironia)

BIBLIOGRAFIA (minimissima, maggiore e minore, moderna e antica)

Giacomo Leopardi, Opere

Fabiana Cacciapuoti (a cura di), Catalogo della mostra, Electa, 2012

Pietro Ingrao, Intervista su Leopardi, in Quaderni Istituto Gramsci Marche 2000

Valerio Calzolaio (a cura di), Gramsci e la modernità, Cuen 1991

www.giacomoleopardi.it, www.leopardi.it, www.cultura.marche.it,

 (*) Quest’articolo è uscito sull’ultimo numero del settimanale «Il salvagente».

Redazione
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Un commento

  • Antonella Anedda

    Molte grazie per questo testo che leggo in ritardo. Mi sto occupando di Erasmus Darwin e Giacomo Leopardi per una ricerca presso l’università di Oxford e ho trovato Francesco Fabretti citato in una tesi: “Francesco Fabretti, librarian at La Casa Leopardi in Recanati, has verified that Erasmus
    Darwin’s 1805 edition of The Loves of the Plants is present in the family library and that
    Leopardi even catalogued it himself, indicating with certainty that he had read it.”
    Mi farebbe molto piacere poter scrivere al dott. Fabretti. Sono sicura che testimoniare ancora una volta le straordinarie anticipazioni anche evoluzionistiche di Leopardi non può che contribuire a una sua autentica rilettura. Grazie in anticipo. Antonella Anedda

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