Giancarlo Biffi:anche di troppo lavoro si muore

Anche questa settimana ospito un articolo di Giancarlo Biffi. E’ la quinta volta. Di solito «bloggo»Biffi il mercoledì o il giovedì.

Scusate se parlo di lavoro o meglio delle morti di lavoro: non tanto di chi muore soffocato in una cisterna o volando giù da una costruzione ma di chi si toglie la vita a causa del lavoro, per il lavoro che non si ha ma anche per quello che si svolge ogni giorno. A causa della mancanza quasi totale d’offerta, molta gente è costretta ad arrangiarsi il più delle volte svolgendo una mansione che spesso risulta assai “molesta”, in ambienti che fanno stare parecchio male. Si dirà, meglio un lavoro qualsiasi che non lavorare affatto; se poi quel lavoro aliena talmente il lavoratore da farlo sprofondare nella depressione o ancor peggio indurlo a mettere in pratica progetti suicidi, non è un problema. Questo però non diciamolo ai familiari del giovane cuoco di Eurodisney che dopo aver denunciato molestie morali sul posto di lavoro, non ascoltato, si è tolto la vita; medesima sorte accaduta a 42 dipendenti di France Telecom che nell’arco di due anni si sono congedati prematuramente dal mondo. Lo stress da lavoro è una sintomatologia sempre più diffusa, purtroppo in accentuazione. Alienazione, sfruttamento, riduzione dell’essere umano a stupido esecutore sono le condizioni in cui molte volte il lavoratore è costretto a operare, in situazioni in cui il ricatto o la minaccia sono armi efficacissime nelle mani del padrone di turno: «O ti va bene così o altrimenti alzi i tacchi, sai quanti ne trovo al posto tuo». Ogni forma di resistenza è buona, come quella messa in atto dai lavoratori in cassa integrazione della Vynils, che si sono imprigionati in cambio di un po’ di visibilità. Nella corsa dei paradossi tutto si tiene e tutto si fa esplosivo, per una crisi economica non terminata e che sicuramente s’infiammerà ulteriormente nei prossimi anni. Pare proprio non sia sufficiente, nell’Italia degli scandali, ammazzarsi per richiamare l’attenzione su situazioni a dir poco insostenibili, a nulla sono servite le morti di 8 imprenditori del nordest che impossibilitati a far fronte ai debiti e agli stipendi hanno gettato la propria vita nel conto. Nella società delle menzogne, in cui i governanti tutelano unicamente i propri feudi e le proprie sostanze, la legge dei doveri vale esclusivamente per i sudditi e le conseguenze non possono che essere tragicamente dolorose per i soliti tanti.

mi scrive Giancarlo che ieri si è suicidato un operaio a Portovesme; il
biglietto che ha lasciato diceva:
«il troppo lavoro mi sta facendo perdere la famiglia».
Redazione
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